Le venti giornate di Torino
- Autore: Giorgio De Maria
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Frassinelli
- Anno di pubblicazione: 2017
Prima della kinghiana Derry (“It”), e prima ancora della caliginosa Twin Peaks, c’è stata la Torino nera di Giorgio De Maria. Una città cupissima, lovrecraftiana, in cui il Male transita dalle magioni infestate alle strade, per assumere caratura cosmica, mitologica, paradigmatica. “Le venti giornate di Torino” (Frassinelli, 2017) viene fuori dal rimosso narrativo degli anni di piombo (prima edizione per le Edizioni Il Formichiere, nel 1977) con i crismi del romanzo vaticinante; anticipatore di neofascismi striscianti e (udite! udite!) del controllo telematico a venire. Leggete questo passaggio di p. 137, e ditemi se non anticipa una diffusa pratica dei nostri giorni:
“A noi non interessano la carta stampata, i libri, c’è troppa finzione nella letteratura, anche in quella cosiddetta spontanea… noi siamo alla ricerca di documenti veri, autentici, che rispecchino l’animo reale della gente, che possano, insomma, considerarsi per davvero dei soggetti popolari… possibile che non abbia mai scritto un diario, un’autobiografia, una confessione di qualche problema che ti turba? (…) Ebbene, perché non ce lo porti? Troverai certo qualcuno che ti leggerà e che si interesserà ai tuoi problemi… noi faremo in modo di metterlo in comunione con te e diventerete amici, vi sentirete più liberi”.
“Le venti giornate di Torino” è strutturato come una finta-inchiesta: il protagonista vuole scrivere un libro sui fatti che sconvolsero Torino dieci anni prima. Una parentesi temporale pre-apocalittica, diabolica, epifanica di insonnia collettiva, esoterismi, siccità, vagolamenti notturno di comuni cittadini, statue animate, e - quel che è peggio - di efferati omicidi che nessuno ha più voglia di evocare. Forse perché il passato non passa mai e a volte ritornano (mostri e paure, reali e metafisiche), non soltanto nei romanzi di Stephen King.
Il racconto - plumbeo (come in fondo la città cui si ispira), claustrofobico, tra Kafka e i mistery esoterici TV anni Settanta – accontenta gli amanti del fantastico quanto quelli in cerca, tra le righe, di meta-significati e rimandi-paradigma. Soltanto a una categoria di lettori consiglio di girarci alla larga: lettori anche solo minimamente afflitti da (s)manie complottiste. In queste pagine troverebbero infatti pane per i loro denti, rimanendo irretiti nel giogo di una paranoia senza soluzione di continuità. La prosa di Giorgio De Maria è puntuale, sulla scia magico-realista di Buzzati e Calvino. Bello.
Le venti giornate di Torino. Inchiesta di fine secolo
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