Le voci dei vinti
- Autore: Gerardo Unia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Anno di pubblicazione: 2011
A Caporetto non c’è stata viltà della Brigata Belluno e dopo solo fame nei campi di prigionia
Quando gli austro-tedeschi hanno sfondato a Caporetto, il 24 ottobre 1917, quando in poche ore hanno messo in rotta il nostro esercito, quando dopo trenta mesi di nostre offensive che guadagnavano pochi metri di trincee hanno fatto arretrare il fronte di quasi 150 chilometri, forse ogni parola era di troppo. Quando il comandante supremo italiano dirama un bollettino che attribuisce la rottura sulla fronte Giulia alla mancata resistenza di reparti della IIa Armata vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico, quando tutto si sta rovesciando contro e il resto sta andando a male, non c’è modo di premiare il sacrificio di quelli che al contrario di quanto credeva Cadorna si sono battuti, hanno resistito, hanno fatto il loro dovere fino all’ultimo colpo, non fosse altro per non perdere quei metri guadagnati col sangue di tanti compagni. Così è stato per gli uomini della Brigata Belluno e al ritorno dalla prigionia, un anno dopo, oltre al mancato riconoscimento del valore, si sono visti infliggere anche l’umiliazione di subire l’interrogatorio di una commissione militare d’inchiesta, perché considerati i traditori e i sovversivi di Caporetto.
A loro, soldati, sottufficiali e ufficiali leali, è dedicata la ricostruzione delle azioni sull’Isonzo che li videro protagonisti, ricambiati col sospetto e col silenzio, realizzata dal ricercatore cuneese Gerardo Unia (nipote di un caduto, Lorenzo), autore di oltre dieci titoli sulla Grande Guerra, per Nerosubianco, tra i quali questo “Le voci dei vinti” (232 pagine 16 euro, prima edizione nel 2011). Spazio e dignità alle testimonianze dei combattenti di una Brigata coraggiosa, catturati nel tragico sconquasso dell’offensiva austro-tedesca dell’autunno 1917.
La Belluno (tre Reggimenti di fanteria, XVII Corpo d’Armata di Badoglio, IIa Armata di Capello) era sulla sinistra Isonzo e occupava una linea nella zona di Doblar e Mesnjak, in Slovenia, conquistata all’assalto col solito sproporzionato sacrificio di perdite, ma che non presentava nessun buon carattere difensivo. Il 24 ottobre, il fuoco della nostra artiglieria, richiesto in appoggio, non risultava né pronto né efficace, ciononostante il nemico è respinto, gli austriaci lasciano prigionieri. Un aggiramento in basso, verso il fiume, viene prontamente isolato e neutralizzato. Nel pomeriggio, un rapporto italiano considera soddisfacente l’esito dei combattimenti in zona, senza sapere che a quell’ora il nemico era già a Caporetto, sull’altra riva, alle loro spalle.
Nell’insieme la Brigata ha tenuto. In una linea troppo avanzata e rarefatta, è stata in parte disarticolata dalla tattica di infiltrazione dei tedeschi, dal numero soverchiante degli austriaci e dal silenzio dei propri cannoni. Non c’erano trincee ma caposaldi. Nuclei della Belluno avrebbero solo dovuto avvistare il nemico all’attacco e disturbarlo quanto bastava per consentire al grosso dei reparti di esercitare la massima resistenza. Ma dietro non c’è più nessuno e la nostra artiglieria continua a tacere inspiegabilmente. Hai voglia a lanciare razzi verdi per chiedere fuoco d’interdizione! Infatti, all’una di notte del 25 ottobre l’ordine è di ripiegare.
Per passare un fiume gonfio di piogge ci vogliono ponti; se non ci sono, si resta sulla sponda sbagliata. Se su questa arriva il nemico si resta prigionieri. Così è stato per la Belluno, ma essere catturati dopo aver combattuto o tentato di farlo non è viltà, non è ignominia, è la conseguenza della cattiva disposizione sul terreno, per la scelta del Comando d’Armata di restare su posizioni offensive, per niente adatte alla difesa a oltranza ordinata invece dall’Alto Comando di Udine. L’artiglieria pesante è rimasta sulla sponda sbagliata, esposta alla penetrazione nemica, che ha sfruttato anche gas per i quali le maschere in dotazione risultavano inefficaci.
Dal 24-25-26 ottobre 1917, per i fanti della Brigata c’è la prigionia in Austria e Germania.
L’autore ha consultato i verbali inediti delle deposizioni davanti alla Commissione, gli interrogatori dei prigionieri rimpatriati. Dagli archivi dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito a Roma ecco affiorare centinaia di identità, di vicende personali e fasi drammatiche, riportate nelle pagine serrate di Unia.
Nelle centinaia di voci che escono da questo libro, il dolore, lo sconforto della reclusione nei campi, il freddo, la fame, la fame, la fame.
Le voci dei vinti. La brigata Belluno a Caporetto
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