Legione di eroi
- Autore: Jean-Vincent Blanchard
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2018
La Legione Straniera è nata nel 1831, come un corpo interamente volontario dell’esercito francese e con la licenza speciale di arruolare reclute di ogni nazionalità, senza badare a macchie grandi e piccole sulla coscienza. Non ha impiegato troppo ad entrare nella leggenda. “Legione di eroi” è stato scelto come titolo del saggio di Jean-Vincent Blanchard, pubblicato in Italia da Piemme (ottobre 2018, 360 pagine, 19.90 euro), autore a suo agio con la materia storica, avendo firmato testi di divulgazione, che fa parlare soprattutto i protagonisti, di guarnigione in Algeria, in Marocco, sulle montagne nordafricane del Rif e dell’inospitale catena dell’Atlante.
Un corpo leggendario la mitica Legion Etrangere. Le ha tolto visibilità la decadenza della grandeur della Francia, dopo la perdita dell’Indocina nel 1954 e l’estinzione delle colonie, in seguito all’indipendenza dell’Algeria nel 1962, ma fino agli anni Settanta i legionari contendevano ai marines il cuore di tutti i maschietti adolescenti, appassionati di pellicole e fumetti di guerra. Con quel lembo di stoffa bianca svolazzante per proteggere il collo dal sole, i kepì bianchi del film “Beau Geste” eccitavano l’immaginazione di noi bambini quanto i grandi elmetti dei fanti da sbarco che strisciavano sulle spiagge di Iwo Jima.
Pallottole e baionette, donne e coraggio, marce nel deserto e piè fermo davanti alle cariche degli agili cavalli arabi, respinti col ferro e col sangue: il fascino della Legione si nutriva di esotismo, valore militare e violenza.
Soldato coloniale, il legionario è “malinconico, emarginato, intransigente”, questi secondo Blanchard, i caratteri della sua figura leggendaria.
Volontari di ogni risma e di ogni provenienza si presentavano nelle caserme di arruolamento. Sceglievano la Legion per ragioni soggettive diverse, sulle quali nessuno dei superiori avrebbe indagato. Per guai con la giustizia nei loro Paesi, ma anche per rancori familiari dai quali allontanarsi o pene d’amore da dimenticare ed espiare (gli aspetti più romantici).
Ernst Junger, futuro scrittore tedesco, si arruolò per amore, ma dell’avventura, nel 1913, dietro il nome Herbert Berger. La Legione permetteva alle reclute di firmare sotto falsa identità, pur pretendendo di conoscere quella vera. Eppure, venti anni prima, l’inglese George Mannington si era visto respingere, pur avendo fornito la stessa risposta: je cherche l’aventure.
La Legione entrò nell’immaginario collettivo nei primi del ‘900, quando giornali, memoriali, romanzi e poco a poco anche film resero popolari le loro imprese. Un’aura di conquiste e di audace riscatto da un oscuro passato individuale circondava quei soldati. Ciascuno di loro avrebbe potuto essere pure il peggior uomo del mondo, ma insieme costituivano un corpo militare straordinario, ben addestrato, disposto al sacrificio ed estremamente coeso.
Prima di tutto, i legionari combattevano per la Legione stessa. I motti, “Legio patria nostra” e “Honneur et Fidélité”, centravano l’obiettivo di saldare un ferreo spirito di corpo. Era sufficiente lanciare un Legion a moi!, sia pure durante una rissa in una bettola, perché i commilitoni vicini si lanciassero in soccorso. Si compattavano rabbiosamente contro tutto quello che non fosse Legione.
Frederic Martyn dichiara che gli bastava gridare Oh! La Légion!, per veder spuntare compagni da ogni dove, senza domandarsi il motivo della richiesta d’intervento. Spirito di corpo da armata d’acciaio. La solidarietà tra loro li spingeva ad un coraggioso straordinario, sotto il fuoco e nel corpo a corpo, ricorda il principe Aage di Danimarca, legionario negli anni Venti.
La Legione è valore, vittorie e anche sconfitte, come quella dolorosissima subita nel 1913 in Marocco. Una tribù berbera bloccava la strada da Fez a Marrakech e le truppe francesi entrarono in azione risolutamente. Sventato un attacco a Khenifra, costrinsero gli avversari a ritirarsi sulle montagne.
Appreso di un concentramento di forze, il colonnello Laverdure lo raggiunse e sbaragliò con un gruppo mobile, ma sulla via del ritorno venne a sua volta sorpreso. La colonna lasciò sul terreno seicento caduti, trai quali il colonnello e tutti gli ufficiali, a parte quelli feriti e riportati indietro nella fase iniziale delle operazioni.
Oggi la Legione conta settemila uomini. Dal 1831 al 1962 più di seicentomila hanno marciato sotto il tricolore francese e dal 1962 altri cinquantamila si sono schierati sotto l’insegna della granata a sette fiamme.
La Legione è stata sabbie dei deserti, è stata Messico, è stata Dien Bien Phu in Vietnam. Oggi è Centro Africa, dove i Legionari operano sotto l’egida dell’Onu e Libia, dove agiscono sotto copertura. La Legione non muore.
Legione di eroi. Voci dalla Legione straniera
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Bellissimo libro, molto interessante e appassionante. Non avevo mai letto niente di legione straniera e mi è piaciuta molto. Lo consiglio a tutti gli appassionati di storia.