Lei. Vivian Maier
- Autore: Cinzia Ghigliano
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Casa editrice: Orecchio Acerbo
- Anno di pubblicazione: 2016
“Lei. Vivian Maier” (Orecchio acerbo, 2016, parole e immagini di Cinzia Ghigliano) racconta la vera storia di Vivian Maier, una donna speciale, fotografa di strada e di vita scritta dalla fumettista Cinzia Ghigliano, insegnante di illustrazione e fumetto presso l’Accademia Pictor di Torino e presso il Corso di Illustrazione dello IED, l’Istituto Europeo di Design di Torino.
“C’era una volta... una tata. Si chiamava Vivian Maier. Ai bambini voleva bene, ma io ero il suo unico grande amore, la sua macchina fotografica. Vivian mi teneva sempre accanto al cuore”.
Una bambinaia amava, con la sua Rolleiflex professionale o un apparecchio Leica IIIc, appese al collo, durante le giornate libere o i periodi di vacanza, scattare fotografie “un battito del mio mondo” della vita quotidiana di città come Chicago, New York e Los Angeles.
“Un battito del mio occhio fermava il mondo che i suoi occhi scoprivano”.
Vivian (1926-2009) percorreva le strade cogliendo tutto quello che colpiva il suo sguardo attento e acuto. La Maier ritraeva se stessa utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi. Anche i bambini dei quali Vivian si prendeva cura, per circa quaranta anni, erano oggetto dei suoi scatti. Quando i suoi pargoli stavano a scuola la donna vagabondava per la sua adorata New York, dove Viv era nata, cogliendo il senso e l’anima delle persone. La fotografa dilettante, trasferitasi a Chicago, andava nei quartieri poveri e nei mercati e nelle fotografie da lei scattate era possibile percepire suoni e odori della città del vento. I bambini rimanevano i suoi soggetti preferiti “li fotografava con cura speciale” e loro si fidavano di lei “ci guardavano dritti negli occhi”. La schiva ma eccentrica Vivian, sempre fotografando, ha viaggiato su autobus, treni, navi fermando il tempo con un veloce Clack! La macchina fotografica “la sua più fedele amica” pur non possedendo memoria lascia con un negativo ai posteri un’immagine che rimane nel tempo. Vivian, che usava limone e aceto per lavarsi i capelli e indossava camicie da uomo, ha attraversato il mondo, “camminava come un uccello”, fotografandolo.
Vivian, alta e magra, i cui autoritratti restituiscono la sua personalità curiosa e attenta al mondo che la circonda, nell’albo viene dipinta con abilità mentre attraversa i quartieri delle città in cui ha vissuto, e la sua inseparabile Rolleiflex deve essere intesa come un diario “io sono la penna”, un preciso resoconto illustrato delle persone comuni “ogni persona, una storia” incontrate per strada colte nelle loro attività. Le suggestive illustrazioni in bianco e nero presenti nel testo, scoperti dopo la sua scomparsa, non possono non attrarre future fotografe oltre i sette anni. L’autrice dichiara:
“È entrata nella mia vita prepotentemente, durante un viaggio in treno”
e rende un doveroso omaggio a una donna dall’inconsapevole talento che può essere considerata una antesignana della street photos, la quale con la sua arte ha reso straordinario il quotidiano.
“Sono stata e resterò solo una macchina fotografica”.
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