Liberaci dai nostri mali
- Autore: Katya Maugeri
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Entrare in un carcere farebbe bene a tutti perché a creare sbarre e celle sono anche i pregiudizi.
A pagina 85 di Liberaci dai nostri mali scrive così Katya Maugeri, che da marzo 2019 è in libreria con la sua "Inchiesta nelle carceri italiane: dal reato al cambiamento", edita da Villaggio Maori Edizioni. La sua, in effetti, è la penna di una giornalista, come ben sottolinea il presidente Commissione regionale antimafia per la Sicilia, Claudio Fava, nella prefazione al volume: una penna che si mette con autenticità e senza orpelli al servizio di una causa sociale delicata e il più delle volte marginalizzata dai mass media.
Per riuscire nell’intento nella maniera meno mediata possibile, l’autrice decide quindi di entrare personalmente in carcere per chiunque deciderà di leggere il suo reportage, scegliendo per l’occasione la casa di reclusione di Augusta (Siracusa) e optando per la strada dell’ascolto priva di retorica. È da queste premesse che prendono vita le testimonianze di sette uomini senza dubbio colpevoli, eppure al tempo stesso portatori di un’umanità disarmante, pronti ad ammettere le proprie colpe e a piangere nel nominare concetti quali la libertà, la famiglia, l’amore, la lettura o la bellezza dell’esistenza in sé e per sé. Si tratta di rapinatori, spacciatori, assassini, malavitosi, truffatori e prima ancora di persone che hanno già intrapreso da anni un cammino di riabilitazione e redenzione.
È difficile credere a una simile versione dei fatti, se non si guardano con i propri occhi le foto inserite tra un episodio e l’altro da Katya Maugeri, o se non si legge il loro racconto in prima persona senza preconcetti. A scortare in una comprensione delle loro vicende spogliata di giudizi a priori sono delle cosiddette “ore d’aria”, ovvero capitoli di intermezzo nei quali la scrittrice cede la parola a esperti di legge, psicologia, medicina e dinamiche penitenziarie, con l’obiettivo di sfatare certi falsi miti e di denunciare imperfezioni del sistema di cui troppo poco e con troppa superficialità si discute fuori dalle celle. Altrettanto prodigiosa, se non di più, rimane la testimonianza diretta dei detenuti incontrati dalla giornalista, dal momento che le loro cronache di perdizione, di immaturità e di disperazione hanno sempre il sapore di una confessione amara e consapevole, pur non mancando di accusare la terra da cui vengono di non avere proposto loro alternative valide al momento opportuno.
Non lo so perché si sceglie questa strada, sa? Non lo so proprio, a distanza di anni le dico che non è facile ricondurre tutto e giustificare gesti che hanno rovinato la mia vita. Cosa passa nella nostra mente? Chi lo sa, un corto circuito che annulla il concetto di bene e male, forse. O è solo sfortuna
Così scrive a pagina 30 come sostiene qualcuno. A pagina 93 si legge invece ciò che sostiene qualcun’altro:
C’è chi sceglie di non macchiarsi l’anima, pur vivendo in situazioni precarie. Vuole che non lo sappia? Certo che lo so. Ebbene sì, forse noi siamo stati deboli nell’aver creduto nell’onnipotenza.
Ad ogni modo, i sette concordano nell’avere percepito uno straziante senso di abbandono da parte delle istituzioni, che non li ha salvati con sussidi, aiuti o interventi mirati quando non erano capaci di salvarsi da soli.
Il risultato è stato per tutti un destino di pentimento, alla ricerca di una compagna che potesse confortarli, di un’attività che li rendesse fieri di sé, di un figlio a cui telefonare, di un pranzo di Natale da organizzare alla fine del periodo di reclusione. Nessuno si è sottratto alle macerie che ha provocato, rimediando quando possibile e tormentandosi quando i danni erano ormai irreparabili e nonostante questo serpeggia ora nelle loro menti il timore di non riuscire a ritrovare la fiducia e il supporto del mondo oltre le sbarre (pag.93):
Perché la società non ci vuole, lei lo sa, vero? Noi siamo i cattivi, senza di noi loro – quelli lì fuori – non sarebbero i buoni.
Per fortuna, tuttavia, le storie di cui gli interlocutori di Katya Maugeri sono i protagonisti non sono ancora terminate. Una commovente maturità li accompagna ormai nel quotidiano, scortata dalla speranza nel riscatto e dal desiderio genuino di sentirsi rispettati e accolti al di là delle colpe commesse. Così, il pensiero di un’assoluzione non solo formale, ma anche e specialmente comunitaria, chiude questo prezioso volume costringendo chi legge a un’accorata riflessione sul significato profondo dell’essere umani.
Liberaci dai nostri mali. Inchiesta nelle carceri italiane: dal reato al cambiamento
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