Lo potevo fare anche io
- Autore: Francesco Bonami
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2009
Scoperto casualmente grazie al gettonatissimo programma di Pif Il Testimone in una puntata dedicata interamente all’arte contemporanea, ecco qui che ho scovato ciò che potrebbe definirsi come un piccolo manuale per i curiosi e scettici in materia: Lo potevo fare anche io (sottotitolo: Perché l’arte contemporanea è davvero arte), scritto dal direttore della cinquantesima Biennale di Arti Visive di Venezia del 2003, nonché curatore del museo d’arte di Chicago Francesco Bonami.
Mai argomento fu più sottovalutato e poco trattato: persino a scuola l’arte contemporanea viene solitamente accennata e poi lasciata da parte per far spazio agli autori più conosciuti e al massimo ci si ferma a Andy Warhol. Ebbene qui no, nel libro si parte dal presupposto che tutti quanti per lo meno una volta guardando una scultura o un quadro contemporaneo (si pensi ad esempio alla famosissima rielaborazione della Gioconda di Duchamp in cui l’artista fa portare degli strani baffetti e un pizzetto alla Monna Lisa) ci siamo detti: “Sì ok, ma questo potevo farlo anche io”, e come darci torto?
Bonami lo fa tranquillamente e nel suo libro scandaglia il vastissimo scenario dell’arte contemporanea con una vena del tutto ironica: i capitoli del libro, infatti, vanno dall’assolutissimo Vietato Guernicare a un più generico A me piace Andi Varol. Ovviamente non vengono trattati solamente gli autori più famosi: il libro mostra una visuale completa e divertente su tutto il panorama artistico contemporaneo e lo stile è accattivante e spudorato, ma sempre estremamente godibile. Per darne anche solo un accenno basta citare il suo commento riguardo l’artista indiano Anish Kapoor, famoso per le sue installazioni geometriche specchiate o colorate e per i suoi cosiddetti ‘buchi neri’. Non a caso il capitolo che lo riguarda si intitola Buchi neri colorati e Bonami descrive così l’autore:
“Può darsi che non abbiate mai sentito parlar di lui, ma una volta imparate a pronunciarne il nome (Anisc Capur) vi piacerà sicuramente, che siate grandi o piccini, belli o brutti. Quando poi avrete visto una sua opera, di solito un buco pieno di polvere colorata, o un enorme fagiolo specchiato simile a quei giochi da Luna Park, non ve lo dimenticherete più.”
Nel libro la spiegazione prende poi forma e corpo, così da rapire il lettore e fargli capire perché un artista contemporaneo venga considerato tale, fargli aprire gli occhi mostrandogli che certe idee e concetti per essere capiti avevano solo bisogno di una spiegazione o unicamente della mera accettazione della loro bellezza. Dietro l’idea dell’artista, che può essere banalissima o bruttissima ai nostri occhi, c’è sempre e comunque un’idea che a dirla tutta noi non avremmo probabilmente mai potuto avere. Quindi mi chiedo: io avrei mai lacerato una tela con un taglierino? Probabilmente no, mi sarei solo limitata a cercare invano un buon soggetto da dipingere, mentre invece Bonami ci spiega come Fontana, grazie ai suoi fendenti, riscrivesse il concetto di spazio in un quadro.
Lo potevo fare anche io. Perché l'arte contemporanea è davvero arte
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