Lontano dagli occhi
- Autore: Paolo Di Paolo
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2019
Roma, la genitorialità, gli anni Ottanta, la precarietà del lavoro e degli affetti, l’amore per la letteratura. Con questi ingredienti la scrittura ormai matura e sapiente di Paolo Di Paolo costruisce il nuovo romanzo, con un titolo evocativo preso dalla omonima canzone di Sergio Endrigo del 1969: Lontano dagli occhi (Feltrinelli, 2019), ma anche lontano dal cuore, divenuta una canzone di culto.
In diversi quartieri della capitale si muovono le tre coppie dei protagonisti di questa narrazione che ricostruisce con l’esattezza dei dettagli un pezzo di storia sociale, antropologica, di costume. Tre storie di maternità non voluta, quelle di Luciana e l’Irlandese, Valentina e Ermes, Cecilia e Gaetano. Lo scrittore indaga sull’identità di tre ragazze di diversa età e condizione: Luciana è una giornalista precaria, ha vissuto un breve periodo d’amore con un ragazzo dai capelli rossi, ha fatto sesso con lui al buio di un cespuglio a Villa Paganini, ma l’Irlandese quando ha saputo che lei era incinta è scomparso. Luciana si aggira per il quartiere Prati, è sola, al settimo mese, sua madre è lontana, lui a Dublino, forse tornerà, ormai il parto è vicino. Lo scrittore però ci dice anche di lui, il non padre, che torna sudato da un concerto a Villa Torlonia, inconsapevole del futuro, senza progetti:
Riuscire a sorprendere il futuro prima che arrivi, una variabile tra infinite variabili, una possibilità che ha l’aria di essere quella meno realistica… Adesso quel forse-padre che rincasa alle tre del mattino è uno senza legami irreversibili, è libero.
Valentina ha solo diciassette anni, va al liceo, vive con i genitori. Con Ermes una breve storia, ma poi la consapevolezza di essere rimasta incinta, per caso, per sbaglio. Quando lo ha dovuto rivelare ai genitori, la risposta è stata violenta: avrà il bambino che sarà dato in affido, lei tornerà a scuola, tutto come se nulla fosse accaduto. Ermes viene allontanato, vivrà il suo dubbio, se veramente è il padre del bambino, durante la nottata in cui si celebre la vittoria dello scudetto della Roma al Circo Massimo, incapace di gioire con gli amici, incapace di rivelare a suo padre di essersi rovinato la vita, a diciotto anni, troppo presto, incapace di tornare indietro:
Perché poi Ermes mica riesce a immaginarlo un figlio – né neonato né adulto, no, non riesce a immaginare niente. Lui vede solo il pancione di Valentina. Vede quel gonfiore allarmante come qualcosa che, proprio mentre non lo ha più sotto gli occhi, lo pressa, spinge in un angolo, in un vicolo cieco.
La terza coppia, Cecilia che vive una condizione di marginalità, tra case occupate e
musicisti randagi, ha abbandonato la famiglia troppo autoritaria, gira per la città con il cane Giobbe, ha un ciuffo di capelli rosa e Gaetano, fumettista fallito che vende pizza a taglio al quartiere San Giovanni. Cosa avevano in comune i due? Eppure si sono incontrati, forse piaciuti e lei è rimasta incinta. Gaetano non ne sa nulla, fino alla sera in cui Cecilia, arrivata alla fine della gravidanza, passa davanti alla tavola calda come per caso e gli chiede di esserle vicina quando verrà il momento. E avviene l’imprevedibile.
Paolo Di Paolo dopo averci raccontato queste tre storie drammatiche di genitori mancati, di figli non voluti, di incapacità di fare conti con la natura e con la progettualità di una famiglia, entra in gioco con il suo io nella narrazione. Imprevedibile, da parte di chi ha letto i precedenti romanzi di Paolo Di Paolo, questa scelta dello scrittore, che testimonia come alla base di tutta la sua ispirazione ci sia il grande amore per la letterarietà nei testi che va costruendo. Una pagina grigia separa la parte romanzesca del libro da quella più fortemente autobiografica, a cui dà il titolo di Vita.
Sono un personaggio di questa storia,un dettaglio nell’angolo in basso della tela. Sono il neonato avvolto nel fagotto di stoffa. Appena espulso da un corpo di donna, subito affidato ad altre mani, estranee e sollecite…
E allora, parlando di sé, l’autore si rivolge ai personaggi che la sua fantasia ha costruito e con loro intrattiene un dialogo profondo sulle ragioni delle vita, della nascita, dell’abbandono, del coltivare progetti di lavoro, dell’essere figli, oltre che genitori. Una riflessione complessa, piena di sfumature, di osservazione profonda di sé nel percorso della crescita, della ormai raggiunta età che si colloca “Nel mezzo del cammin di nostra vita”.
Vita, una sorta di parola chiave che ricorre nel lessico dello scrittore, Mandami tanta vita il suo romanzo del 2013 e che sembra alludere a tutto quello che nel libro gira intorno alla nascita, voluta o no, di individui che sono destinati forse alla solitudine, all’infelicità. Rapporti sbagliati, violenti, incomunicabilità generazionale di cui lo scrittore, nato nell’anno in cui ha ambientato il romanzo, sembra aver avuto chiara consapevolezza. Nella conclusione di Lontano dagli occhi però, quella più marcatamente autobiografica, compare una coppia che a trent’anni, ha messo al mondo per amore un piccolo maschio, che crescerà in un giardino dove crescono una magnolia ed un cedro, che ha un nome e un cognome che lo ribadisce, che ogni giorno ha sempre cose nuove da raccontare. Vicino, lontano, due termini antitetici che si avvicinano nell’amore, e che fanno apprezzare la lucidità con cui Paolo ha costruito questa storia nella quale tutti noi possiamo ritrovarci, in un angolo della tela.
Lontano dagli occhi
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Interessante notare l’accettare la maternità come incidente e non come scelta.