Lui sa perché
- Autore: Carolina Cutolo - Sergio Garufi
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: ISBN
- Anno di pubblicazione: 2014
Essere riconoscenti verso chi ci ha aiutato, incoraggiato, favorito in qualche maniera, è cosa buona e giusta. Tuttavia nei ringraziamenti eccessivi e ridondanti si finisce spesso per risultare inopportuni, retorici, talvolta addirittura ipocriti.
Due scrittori, Carolina Cutolo e Sergio Garufi, hanno pubblicato qualche anno fa una divertente antologia che presenta una galleria di omaggi resi dagli autori italiani degli ultimi vent’anni agli editori, ai consulenti, agli amici, ai parenti ‒ talvolta anche ai detrattori ‒ in conclusione dei loro libri.
Il volume "Lui sa perché" è suddiviso in vari capitoli che raggruppano i diversi tipi di scrittori a seconda della metodologia usata nell’esprimere la loro gratitudine: ci sono tra loro nomi noti, dimenticati, semi-sconosciuti e famosissimi (Gazzola, Bajani, Gamberale, Valerio, Baricco, Genovesi, Lucarelli, Gruber, Faletti, Moccia, Giordano, Piperno, Agnello Hornby, Di Stefano, Malvaldi, Veladiano, Siti, Volo, Veronesi…), premi Strega e premi Campiello, che vengono catalogati sotto le categorie di vendicativi, esibizionisti, egocentrici, adulatori, encomiastici, nostalgici, aulici, allusivi, eccetera.
Alcuni di loro sentono la necessità di spiegare ai lettori nelle note finali il processo creativo seguito nella composizione dell’opera, dilungandosi sull’architettura della stessa e sulle difficoltà incontrate (Massimo Gramellini, Licia Troisi, Giuseppina Torregrossa…), altri vantano amicizie e protezioni "very important"(Fausto Brizzi: “A Giorgio Faletti, l’uomo più talentuoso che conosco”; Giuseppe Cattozzella “Grazie a Roberto Saviano, per avermi detto, in un momento per me delicato: -mi raccomando, scrivi-”; Roberto Saviano: “Ringrazio Daria Bignardi, che mi chiede di scrivere, scrivere” …), altri ancora esprimono riconoscenza ai mostri sacri di ogni epoca ed arte, eccelsi ispiratori del loro lavoro.
In molti si riconoscono grati ai genitori, ai partner, ai figli, ai datori di lavoro e agli animali domestici che li hanno accompagnati, sopportati, supportati, consolati nelle lunghe e faticose ore di applicazione alla scrivania. Oppure ricordano con rimpianto e nostalgia maestri, professori, padri spirituali, e persino chi li ha rifocillati e viziati con impagabili preziosità culinarie.
Ci sono poi i minacciosi e i vendicativi (Alessandro D’Avenia: “Ringrazio anche chi ha criticato il mio primo libro”; Melissa P.: “E poi ringrazio tutti coloro che mi odiano, perché è grazie a loro che io mi amo di più”; Francesco Marocco: “A chi mi ha detto di smetterla di scrivere e di trovarmi un lavoro vero”). Si aggiungono gli ispirati e i poetici, gli incazzati, i cauti e riservati, gli indecisi, i dubbiosi, i rancorosi, i grati a tutti e specialmente ai lettori.
Infine, i misteriosi: quelli che ringraziano, ma senza specificare il motivo, che deve rimanere segretissimo: “Ringrazio Tizio, lui sa perché”, “Chiedo venia a Caia, lei sa perché”, “Sono grato a Tizio e Caia, loro sanno la ragione per cui”. E noi lettori rimaniamo con questa inesaudibile curiosità di conoscere a quanto ammonti il debito contratto dall’autore in questione.
Il curatore dell’antologia, Sergio Garufi, si dice convinto che:
la lunghezza delle liste di ringraziamento è sempre inversamente proporzionale al valore dell’opera.
Mentre Stefano Bartezzaghi, nella sua spiritosa e intelligente prefazione, afferma che il ringraziamento finale serve all’autore in primo luogo per aggiungere ancora qualcosa su di sé, in una sorta di falsamente modesta autopromozione:
Il ringraziamento diventa così la passerella, stretta, precaria e un po’ patetica, fra chi parla nel libro e chi parlerà del libro, e fuori dal libro: l’autore restituito al suo corpo, ai suoi abiti e alla sua pettinatura¸ la persona in carne e ossa che, pubblicato il libro, dovrà inseguire e conseguire la propria ‘visibilità’. Non quella del libro, quella della persona che l’ha scritto.
In effetti, leggendo tutte queste esagerate manifestazioni di riconoscenza, impariamo qualcosa in più sullo scrittore che ringrazia, e quasi niente sul ringraziato.
Lui sa perché. Fenomenologia dei ringraziamenti letterari
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Nel mio primo libro "ai capricci del tempo" edito nel 2001 per i tipi de IL ROSONE di Foggia, diretto dal mai tanto compianto Franco Marasca, ho dedicato l’opera poetica ai miei cari (defunti), ma non ho posto ringraziamenti. Ora che mi sono imbattuto piacevolmente in quest’opera, sento di dover ringraziare con l’entusiasmo giovanile di allora il caro Franco Marasca per il grande insegnamento che mi ha lasciato.