Magnificat per solisti e coro
- Autore: Patrizia Consolo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Le mete generazionali si misurano giocoforza con il tessuto connettivo della società che li fomenta e/o li contrasta. Una cartina tornasole dei parametri vitali della collettività. Senza scadere in profezie da fine-mondo (peraltro apodittiche): una società incapace di ipotizzare (per ignavia, impotenza, paura, pigrizia e/o quant’altro) futuri diversi da quelli consolidati, è una società destinata all’estinzione per inedia. In parole povere: il quadro attuale e quello prossimo venturo, rimuginando sulle ragioni della decadenza, dato per buono il fatto che non è andata sempre così.
C’era una volta un tempo dove i sogni erano a un passo e fantasia al potere, più che uno slogan, un modo di vivere. Trent’anni di desiderio (tra prodromi, genesi e milieu), dal 1950 al 1980: chi era giovane in quegli anni sa bene il significato intrinseco di questa locuzione. E sa anche un sacco di altre cose, tutte affluenti al fiume carsico dell’impegno. “Magnificat per solisti e coro. 1950-1980. Diario critico di noi e di loro” (Edizioni Clichy, 2016) di Patrizia Consolo è ascrivibile alla scia dei “formidabili quegli anni”, ne amplia l’analisi (non solo Sessantotto e dintorni) e affida al sotto-testo il taglio apologetico. Basta ugualmente a sgomberare il campo dai luoghi comuni. Quello recidivo sugli anni Settanta brutti & cattivi, per esempio.
“Non furono solo un decennio di contestazioni violente, di vittime, di errori e di delusioni. Arrivarono a compimento le grandi riforme sociali e civili e con lo statuto dei lavoratori, il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza, l’importante nuovo diritto di famiglia, la legge Basaglia, la vittoria del referendum sul divorzio e la legalizzazione dell’aborto, che incidono profondamente nell’avvio alla trasformazione anche culturale del paese che, comunque, andrà decisamente confermata”. (p. 121).
Questioni politiche, a ben vedere, ma anche - soprattutto - questioni di movimenti, di istanze, obiettivi, sogni al galoppo come le nuvole su una prateria. “Magnificat per solisti e coro” è allora un non-romanzo collettivo. Un diario in campo lungo che ripercorre gli anni e i giorni più fervidi della Nazione.
Gli anni e i giorni in cui tutto poteva succedere e succedeva. Un’Italia restituita al ben-essere dopo le macerie della guerra, cultura e politica avant tout, prima del ripiegare della rivoluzione (sociale, culturale) e del canto del cigno degli Ottanta. Non è un caso che proprio la Milano-emblema della giovane Italia faccia da sfondo agli eventi contenuti in questo libro: genesi e apoteosi del nuovo culturale e della generazione che l’ha inventato-afferrato-trattenuto-sospinto-difeso con le unghie e coi denti, finché è durata e ha potuto. Per i più vigili, “Magnificat per solisti e coro” si offre dunque a riflessione su come eravamo e come siamo diventati. Per dirla con le parole di Giorgio Galli che ne firma l’introduzione
“La storia di una generazione (…) una storia aneddotica (…) la storia dal basso della quasi quotidianità, ricca di eventi e di riflessioni sugli eventi, di una generazione milanese importante”.
Proprio vero, “Magnificat per solisti e coro” (a proposito, bel titolo. Originale) riepiloga fatti e rievoca persone, molte delle quali assunte alla storia culturale-sociale del paese. Prima di ogni altro motivo in quanto desideranti, rivendicanti. Vive. Si usa ancora?
Magnificat per solisti e coro. 1950-1980. Diario critico di noi e di loro
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