Mare nero di Francesco Viviano

Francesco Viviano è un giornalista de La Repubblica che tra il 2005 e il 2017 ha seguito le rotte dei migranti dal Nord Africa verso Lampedusa. Non ha fatto solo l’inviato, però. Ha fatto qualcosa in più. Si è infiltrato in un covo di scafisti e ha vissuto in un centro di accoglienza fingendosi in entrambi i casi clandestino. Scoperto, è stato processato e condannato per aver reso false generalità.
Da questa lunga esperienza è stato tratto un libro-reportage contenente gli articoli che vennero pubblicati sul quotidiano, e intitolato Mare Nero edito nel 2018 da Ernesto di Lorenzo che, con questo testo, ha inaugurato la collana Il menabò dedicata al giornalismo d’autore.

Come scrive nella prefazione Francesco Gatti, giornalista anche lui (per l’Espresso) che ha svolto numerose inchieste proprio sul tema delle migrazioni, ciò che ha consentito a Viviano di seguire per tanti anni queste persone che rischiano la vita per trovare un futuro lontano dalle loro case, non è solo la costanza ma è soprattutto la speranza: “una grande, infinita speranza: nella forza della parola, nel dovere della testimonianza”.
Le storie contenute ci vengono restituite con un grande senso di umanità e rispetto. In ognuna di loro traspare sempre la possibilità di un domani migliore per chi è sopravvissuto.

Il racconto che fa l’autore di come giunse agli scafisti, inoltre, si rivela interessante per capire il sistema che c’è dietro e che noi non vediamo. I personaggi che incontra sono numerosi e molto spesso ambigui o pericolosi. La strada è lunga e insidiosa oltreché costosa. Pagamento in contanti. Destinazione Italia con partenza da un Paese nel caos come la Libia.
Dentro le barche con cui il viaggio ha inizio ci sono esseri con la nostra stessa dignità di umani, ognuno con un passato e una famiglia alle spalle e ognuno con i propri sogni. Alcuni riusciranno ad arrivare nell’altra sponda del Mediterraneo. Altri, purtroppo, no. Uomini, donne, bambini letteralmente ammassati come bestie in queste carrette del mare, come vengono soprannominate.
Così ad esempio Wafa, una giovane tunisina che si sente in colpa per aver portato con sé il suo fratellino di appena cinque anni annegato insieme ad altre 134 persone al largo di Lampedusa. Oppure ancora il drammatico ricordo dei superstiti alle stragi più gravi quanto a bilancio dei morti. Quelle cioè dell’ottobre del 2013 dove morirono oltre cinquecento profughi.

Ma poiché all’orrore sembra non ci sia mai fine, nel 2015 ce n’è stata una peggiore dove i dispersi furono addirittura 900. Numeri da far rabbrividire. La costa libica era a 70 miglia, Lampedusa a 180 e Malta a 160. Un triangolo maledetto che ha tradito le aspettative di centinaia di disperati che, per l’entusiasmo di essere finalmente giunti a destinazione, si sono spostati verso un lato dell’imbarcazione facendola affondare. Tutti provenienti dal Centro Africa e caduti nella trappola delle organizzazioni criminali che li sfruttano e controllano un business milionario. Organizzazioni che non si fanno scrupoli di torturarli e seviziarli prima della partenza. Violenze diverse in base all’etnia e alla somma pagata. Drammatico anche in questo caso il racconto di è sopravvissuto o ha assistito alle torture dei compagni. Toccanti sono anche le testimonianze dei soccorritori, con parole cariche non solo di amarezza ma soprattutto di impotenza:

Difficilmente potrò dimenticare l’immagine di quel padre che teneva in alto la sua bambina. In queste missioni purtroppo ci sono vittorie e sconfitte, la vittoria giovedì è stata quella di aver salvato complessivamente settecentodiciassette persone, la sconfitta quella di averne perse dodici.

“Fantasmi erano, fantasmi rimarranno” dice Francesco Viviano, che per alcuni articoli si è avvalso della collaborazione di sua moglie, Alessandra Ziniti.
Mare Nero è un documento storico di grande importanza, per non dimenticare e per far sì che tragedie di questo tipo non accadano più.