Mela zeta
- Autore: Ginevra Bompiani
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nottetempo
- Anno di pubblicazione: 2016
Ginevra Bompiani in “Mela zeta” cerca il talento di scrittrici passate a miglior vita raccontando il loro quotidiano: le abitudini, gli amori, i passi falsi, insomma tutto quello che uno terrebbe volentieri in soffitta. D’altra parte non c’è possibilità di replicare a Bompiani, essendo le scrittrici che indaga diventate esse stesse fantasmi, che i vivi dovrebbero tenere in maggiore considerazione.
La giornalista, però, prevale sulla scrittrice e quindi guai a nascondere le ubbie, le miserie di donne che hanno avuto la fortuna di possedere il talento della scrittura.
Su Elsa Morante, per dire, parla dell’ultima vacanza che la scrittrice si prese. Aveva smesso di prendere medicine e Ginevra Bompiani ammette candidamente di aver conosciuto Ponza grazie alle informazioni dell’autrice de “L’isola di Arturo” della quale ricorda i ristoranti poco conosciuti, i posti al mare dove Morante poteva prendere il sole nuda.
Tornati a Roma, la giornalista scoprì che Elsa, per riuscire a scrivere faceva uso di anfetamine, adorava i gatti e il suo motto era:
“Vuoi mettere la compagnia che ti fa un gatto con quella che ti fa un uomo?”
Ginevra Bompiani non ci pensa proprio a dirci, invece, di quanti uomini Morante si era innamorata, prima di Moravia, durante il matrimonio e dopo Moravia.
Poi c’è l’intervista a Anna Maria Ortese. Sadicamente, al telefono con la scrittrice, Bompiani dice di aver visto un topo: “Come farai?”, si preoccupò la scrittrice. Mando le mie due gatte in ispezione. Insomma la scrittrice di “Alonso e i visionari” non dormì la notte e il giorno dopo chiese, per favore, una trappola di quelle che non fanno male, per liberare i topolini fuori casa. Tutti sapevano dell’amore assoluto per le bestiole di qualsiasi genere di Anna Maria Ortese, tutti tranne la giornalista che le chiede anche come mai vivesse da tanti anni in Liguria. Ortese ammette che è una questione di affitti bassi; a Roma per lo stesso tipo di casa vogliono il triplo e la capitale non va più bene per Anna Maria Ortese: estati troppe calde, rumori paralizzanti, una città che ama pochissimo.
Quando si incontrano la giornalista la vede seduta su una poltrona che non lascia nemmeno di notte, vede poi la stanza di Maria, la sorella, che, da quando è morta, è rimasta sempre chiusa; vede, infine, il fratello che gira in mutande per casa. Questo vede Ginevra Bompiani; e ce lo dice. Mi sfugge il significato di mettere tutto in piazza, anche i calzini e la maglia di lana.
Abbastanza atroce è anche la descrizione della vita romana di Ingeborg Bachmann, fino al tristissimo epilogo (la poetessa scrittrice prese fuoco nel suo letto, per colpa di una sigaretta accesa).
Che salviamo di questo libretto? L’italiano, bello, forbito, attraversato da malinconie estemporanee; l’esperienza a Srebrenica, commovente.
Ginevra Bompiani è l’anti-Fallaci per eccellenza, va per storie minime e a volte perde la strada.
Mela zeta
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