Montello 1918
- Autore: Mario Spada
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2013
Nove giorni di battaglia sul Montello nel giugno 1918 e l’Italia fu salva
Mancò poco davvero agli austriaci per dilagare nella pianura veneta e liquidare l’Italia dal conflitto, nel giugno 1918. Passato il Piave a monte di Nervesa, alle prime luci del 15 giugno, avevano in breve travolto le linee di difesa italiane. Cadde una testa, quella del generale Pennella, sostituito da Enrico Caviglia. Non cadde invece il piccolo altopiano trevigiano e ricacciato il nemico oltre il fiume, nove giorni dopo, il Comandante supremo Diaz potè dichiarare: è vinta pure la guerra, sebbene si dovesse attendere l’offensiva su Vittorio Veneto dell’autunno ed altre migliaia di morti e feriti.
Alla battaglia del Solstizio d’estate è dedicato il saggio storico “Montello 1918” (150 pagine, 19,50 euro), pubblicato da Itinera Progetti, casa editrice bassanese specializzata nella Grande Guerra. L’autore, Mario Spada, ufficiale dell’esercito e storiografo, segue giorno per giorno quella decade decisiva e ricostruisce ora per ora la convulsa giornata iniziale.
L’estensione del Montello è modesta, 13 chilometri di lunghezza 5 di larghezza. Altrettanto l’altitudine, 275 metri nel punto più elevato. Superato l’ostacolo del fiume con l’aiuto della nebbia, anche artificiale, gli attaccanti travolsero gli avamposti italiani e ripararono nell’angolo morto, sotto gli argini e le pendici scoscese sul Piave.
Qualcosa non funzionò a dovere nel dispositivo difensivo, quella mattina, perchè i nostri in prima linea si battevano, ma le truppe d’assalto ebbero la meglio facilmente. In breve, le forze a difesa di un bastione naturale, ben protetto da capisaldi e profondi reticolati avevano perso 6300 uomini e visto penetrare tre divisioni. Quell’altura divenne la chiave di tutta l’offensiva imperiale di giugno, chiamata non a caso Battaglia del Montello, mentre per noi è la Battaglia del Piave o del Solstizio.
Contropreparazione e sbarramento di artiglieria in ritardo - mentre in altri punti del fronte fu efficacissimo – mancanza di riserve e un improvvido avvicendamento notturno di reparti, che mise in linea forze fresche ma poco orientate sui luoghi da presidiare. Questi i fattori negativi che consentirono alle sturmtruppen di avanzare, ma gli italiani non collassarono, a differenza di Caporetto. Molti nuclei continuarono a combattere anche superati. Era un nuovo esercito quello che gli austroungarici trovarono davanti, ricostituito e ritemprato in sei mesi. Accanto ai veterani del Carso c’erano molti ragazzini del ’99, patriottici diciottenni motivati dal dovere di salvare la Patria. Veci e bocia avevano accolto con sollievo l’ordine di mantenere la difensiva, meno dispendioso dei folli assalti frontali sulle pietraie carsiche. Inoltre, il tiro a gas dei cannoni nemici lanciava granate esauste, stoccate da troppo tempo e prive di effetto, se non lacrimogeno. Provocavano solo disagio ai nostri, che ora disponevano di maschere inglesi ed erano addestrati a indossarle in 9 secondi.
Decisiva fu la prima giornata. Gli italiani non cedono, sono assaliti, flettono, ma anche oltrepassati continuano a sparare fino all’ultimo colpo. E compiono il miracolo di tenere l’ultima posizione, la linea di chiusura. Nel pomeriggio del 15 stesso, alle 18, l’avanzata austriaca era di fatto esaurita, ma questo non significa che perdite e sacrifici cessarono. Per altri otto giorni, resistere sul posto fu la consegna dei soldati italiani, fino all’ultimo fante.
Nel tardo pomeriggio, cominciarono ad affluire i rinforzi in grigioverde. Dall’altra parte, invece, si stentava ad alimentare le proprie forze, perchè l’aviazione tricolore e l’artiglieria facevano muro, battendo le passerelle sul fiume e frenando l’attraversamento. Poi, il 18, ci si mise la piena del Piave, spinta dallo scirocco che scioglieva le nevi sulle Alpi.
Dal 15 al 19 giugno, quando ebbero il cambio, un numero decisamente inferiore di italiani aveva affrontato un’offensiva in grande stile. Le perdite medie: 2700 uomini per divisione (4200, invece, gli austroungarici attaccanti) e tutto gravò la prima giornata sulla sola 58a italiana.
Il 19 giugno il meritato avvicendamento, ma anche se dal 24 l’Alto Comando imperiale aveva ordinato la ritirata al di là del Piave, eseguita quasi dovunque ordinatamente, la battaglia del Montello proseguì fino al 28.
Nove giorni prima, si era stati a un passo dal perdere tutto. Era mancato davvero un soffio.
Montello 1918. La battaglia del solstizio
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