Mossad. Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano
- Autore: Michael Bar- Zohar e Nissim Mishal
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2012
“Che cosa contava di più: risparmiare a Israele l’”accusa” di aver scatenato una guerra o difendere il paese con tutti i mezzi a disposizione?” (Pag. 222)
I primi giorni di gennaio del 2015 avvenne un episodio inconsueto per il Medio Oriente. Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah, si presentò ai giornalisti e ammise che Mohammed Shawraba, vice capo delle operazioni estere, era stato arrestato perché spia del Mossad.
Un alto ufficiale, a conoscenza di tutte le azioni del gruppo fuori del Libano, informava gli israeliani dei loro piani e attentati. Un colpo duro, un’ammissione forte per l’organizzazione libanese. Mohammed Shawraba non è stato il primo infiltrato e senz’altro non sarà l’ultimo.
Questo episodio, considerevole perché il Mossad era arrivato fino ai vertici dei loro nemici, non è raccontato nel libro Mossad. Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano di Michael Bar-Zohar e Nissim Mishal (Feltrinelli, Milano, Prima edizione dell’Universale Economica, settembre 2014), solo perché finito di scrivere l’anno precedente.
Dal libro scopriamo come il Mossad fosse riuscito ad arrivare ancora più in alto. Come negli anni sessanta, quando la spia Elie Cohen agiva da anno, all’interno tra i più influenti uomini, militari e governativi, siriani e stava per essere nominato addirittura ministro del governo della Siria, quando fu scoperto e impiccato.
Mossad. Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano è scritto a episodi, ognuno racconta un momento importante della storia di Israele e dell’influenza su di essi dei loro servizi segreti, il Mossad.
Tante storie, alcune leggendarie e indimenticabili, perché agirono nelle peggiori condizioni immaginabili come il 4 luglio 1976. Gli agenti israeliani entrarono in azione addirittura in Uganda, nell’aeroporto di Entebbe, per liberare un aereo diretto a Tel Aviv e dirottato dai palestinesi. I terroristi trovarono nell’Uganda del dittatore Idi Amin un appoggio, perciò l’ambiente era il peggiore possibile. Bisognava agire velocemente in territorio nemico. Il risultato è storia. I terroristi furono uccisi e quasi tutti gli ostaggi liberi. Un solo uomo fra gli israeliani fu ucciso, il comandante Yoni Netanyahu fratello dell’attuale Primo Ministro.
Sono raccontate altre azioni da 007, come quelle dell’agente Ben-Porat, il quale fuggì dall’aeroporto di Baghdad afferrando una corda al volo da un aereo in decollo.
Un’altra azione mitica fu l’operazione Mosè, che prevedeva la fuga dall’Etiopia dei falasha, gli eredi della regina Saba. I falasha, nonostante l’isolamento, la distanza e le persecuzioni, mantenevano la religione e la tradizione ebraica da secoli. L’azione è perfino ricordata per essere un record da guinness dei primati:
“… un primato mondiale: un Boeing-747 della compagnia El-Al decollò con a bordo 1087 persone, ma quando atterrò i passeggeri erano 1088. Un bambino era nato in volo.” (Pag. 317)
Purtroppo l’operazione non è ancora conclusa. Ancora tanti ebrei vivono in Etiopia in condizioni difficili e innanzitutto non è ancora terminata l’integrazione dei falasha in Israele. Un mancato inserimento strano per una nazione costruita dal multiculturalismo.
Il Mossad è in grado di intervenire in tutti paesi del mondo e, infatti, il libro racconta imprese ovunque.
Negli anni più recenti, gli sforzi maggiori si sono concentrati sull’Iran per frenare – riuscendoci - il tentativo di produrre la bomba atomica, o in Argentina, nazione di tradizione antiebraica dai tempi della famiglia Perón. A Buenos Aires fu catturato con un’altra azione spettacolare il nazista Adolf Eichmann e portato segretamente in Israele, nonostante le connivenze governative e di polizia di cui godeva il gerarca nazista. Parlando dell’Argentina non si può dimenticare l’attentato all’ambasciata israeliana e alla sede della comunità ebraica di Buenos Aires. I servizi segreti iraniani pianificarono gli attentati con i favoreggiamenti del presidente Cristina Fernández, come affermò il magistrato Alberto Nisman, ucciso stranamente (ma neppure tanto) prima di portare le accuse in tribunale. Gli attentatori poi furono colpiti dal Mossad anni dopo.
A Dubai, nel 2010 uccisero Al-Mabhouh di Hamas e gli agenti non ebbero timore mostrandosi apertamente alle tante telecamere dell’emirato.
C’erano pure stati, dove non volevano entrare. Gli autori lo raccontano schiettamente:
“L’ultima cosa che il primo ministro Peres voleva era provocare la temibile “lady di ferro” …” (Pag. 242).
A Londra viveva Vanunu (aveva spifferato i segreti nucleari di Israele): il Mossad decise di catturarlo ma non volevano agire in Inghilterra, perciò utilizzarono la “trappola al miele” per trasferirlo a Roma. Una bella ragazza si finse innamorata e lo convinse a raggiungerla in Italia. L’Inghilterra no, perché gli israeliani avevano timore di Margaret Thatcher, ma in Italia sì, gli agenti segreti poterono agire senza timori a Roma:
“Grazie al caos permanente che regnava nel paese… “ (Pag. 242)
Il Mossad fu anche apprezzato nei paesi musulmani. Ancora oggi Israele ha degli ottimi rapporti con i curdi iracheni, da sempre aiutati persino militarmente.
Poi ci fu il Marocco. Le diatribe interne negli anni sessanta in Marocco misero in pericolo il Re Hassan. Non fidandosi di nessuno all’interno del suo stato, il re Hassan, fregandosene delle reazioni degli “amici” arabi, decise di chiedere aiuto ai migliori disponibili:
“Hassan vorrebbe che il Mossad si incaricasse di proteggere la sua incolumità.” (Pag. 159)
Per lungo tempo il re fu protetto dal Mossad e dalle guardie reali da essi addestrate.
Gli autori sono diretti, non tralasciano i tanti errori commessi, alcuni molto gravi.
Il Mossad capì in ritardo dei tentativi di costruire l’atomica dell’Iran.
Non riuscirono mai a scoprire il nascondiglio del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato da Hamas e tenuto prigioniero per cinque anni.
Fu terribile il fallimento di uccidere Ali Hassan Salameth in Norvegia. Uccisero la persona sbagliata e gli agenti furono arrestati.
Fu uno sbaglio non aver considerato le informazioni della spia Angelo, la quale aveva avvisato il Mossad dell’inizio della guerra del Kippur nel 1973. Non fu creduto e gli israeliani furono colti di sorpresa.
Un altro errore fu proprio compiuto con la fantomatica e super segreta spia l’Angelo. Il nome fu svelato in una diatriba interna in Israele. L’Angelo era il miliardario egiziano Ashraf Marwan. Era introdotto negli ambienti governativi, aveva sposato la figlia del presidente egiziano Nasser. La conseguenza fu il suo omicidio a Londra da parte di ignoti.
I traditori nel libro sono tanti. Alcuni mitici come Victor Grayevski, ebreo polacco famoso per aver contrabbandato in Israele il segretissimo discorso di Nikita Chruscev al XX congresso del PCUS del 25 febbraio 1956. Quando Chruscev si appresto a parlare, tutti gli stranieri ed estranei furono allontanati. Rimasero solo i delegati. Che cosa disse Chruscev nessuno lo seppe. Rimase un segreto, ma un giorno fortuitamente il testo capitò nelle mani di Victor Grayevski il quale riuscì a inviarlo a Tel Aviv. Grayevski era pure una spia anche del KGB. Era il classico doppiogiochista, un comportamento diffuso nel mondo dei servizi segreti. Gli autori raccontano il suo ruolo con grande ironia:
“… decorato due volte: la prima dal paese che aveva servito con abnegazione per tutta la vita; la seconda dal nemico, raggirato per anni …” (Pag. 65)
C’è molto di più nel saggio e tanti altri avvenimenti storici, perché siamo di fronte a un libro di storia, dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Una storia partigiana, ma gli autori non nascondono le pecche, i difetti e le scorrettezze. D’altronde i servizi segreti non sono l’associazione delle giovani Ancelle della Carità di Santa Maria Crocifissa Di Rosa, sono un’organizzazione di uomini addestrati a compiere a tutti i costi azioni e ad agire in territorio nemico. Sono l’ultima speranza prima dello scontro frontale, prima della guerra aperta e capace di migliaia di vittime:
“Soprattutto, però, il Mossad è l’ultima risorsa prima del ricorso alla guerra aperta.” (Pag. 9)
è incredibile dirlo, ma senza il potente, efficiente, preparato Mossad ci sarebbero state molte più guerre e morti.
Gli autori si trovano a loro agio con la retorica e ovviamente in un libro del genere è necessaria. I personaggi, gli eroi sono circondati da un’aurea quasi poetica. Così descrivono Isser il grande, uno dei capi del Mossad:
“Uomo solitario, schivo e di poche parole, viveva con la moglie e un figlio in una casetta spazzata dal vento nel villaggio costiero …” (Pag. 35)
La stessa enfasi si trova nel giustificare i comportamenti illeciti o al limite del lecito:
“Devono essere gli uomini più onesti a sobbarcarsi le azioni più sporche.” (Pag. 14)
perciò i capi dell’intelligence devono essere scelti fra persone irreprensibili moralmente, perché solo essi possono avere la forza di guidare le azioni più cruente.
L’altra oratoria è usata per la fedeltà nei confronti degli agenti. Se in pericolo o prigionieri tutto deve essere tentato per salvarli, a costo di ogni sacrificio. Appartenere al corpo del Mossad è un riconoscimento sociale all’interno di Israele. Non si deve mai lasciare qualcuno indietro:
“A volte le missioni più importanti consistono nel riuscire a portare in salvo i propri connazionali.” (Pag. 170)
Mossad
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mossad. Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano
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Un interessante elenco in ordine quasi cronologico, dalla fine degli anni 40 fino al 2011, delle principali missioni del Mossad sia vittorie sia parziali sconfitte. Accurate descrizioni che spiegano molto bene come funziona il mondo dello spionaggio, lontano anni luce dai film di 007 e dalla serie di Mission Impossible. Stupisce come il Mossad sia riuscito ad infiltrarsi tra i suoi nemici, molto meno coesi ed efficienti e al tempo stesso molto più venali di quanto uno possa immaginare, e i rapporti molto stretti con le comunità ebraiche nel mondo.