Nel cerchio del tempo
- Autore: Antonella Polenta
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
Ad un primo approccio il libro di Antonella Polenta "Nel cerchio del tempo" cattura l’attenzione del lettore e lo coinvolge in un viaggio avventuroso e fantastico.
Lo stesso viaggio che avevano intrapreso tre ragazzi, appena adolescenti, dopo aver scoperto nei campi di grano prossimo alla mietitura un fenomeno inconsueto: le spighe si erano adagiate a terra disponendosi in cerchi perfettamente concentrici al punto di lasciare stupito Gioacchino, uno dei ragazzi cui piaceva rifugiarsi sdraiandosi fra le spighe, in compagnia del suo cagnolino Spiro, per ascoltarne il fruscio armonioso prodotto dalla brezza che le accarezzava.
Il ragazzo, entusiasta per la scoperta, corre al cascinale adiacente al suo per spiegare ai suoi cugini, Marianna e Filiberto, la sua scoperta e concordare il da farsi con loro, soprattutto con Filiberto, ritenuto dai fratelli dotato di capacità riflessive e intuitive superiori pur essendo gracilino e affetto da mutismo.
Filiberto era stato adottato e accudito amorevolmente dalla mamma di Marianna che lo aveva anche educato alla lettura e alla scrittura formali notandone gli straordinari progressi nonostante la sua affezione fonetica. I tre ragazzi e il vivacissimo Spiro vanno il mattino successivo sui campi e arrampicandosi sugli alberi osservano il fenomeno dei cerchi di grano che, a guardarli dal punto di osservazione scelto, si erano moltiplicati e disposti in circolo ciascuno con dimensioni diverse dagli altri. All’interno di alcuni di questi cerchi, strani oggetti discoidali, rilucenti medaglioni con le facce variamente istoriate di simboli e segni cuneiformi, contribuiscono a sollecitare lo stupore dei ragazzi che, dopo averne raccolti alcuni, stremati dalla fatica, cadono in un sogno profondo adagiati sul soffice strato formato dai culmi e dalle spighe del cerchio del grano. Da qui il passaggio dal Cerchio del grano al "Cerchio del tempo".
Il viaggio si svolge in sogno attraverso una visita dei principali siti mitologici dell’antica Mesopotamia, culla della storia, protetta quasi in un abbraccio dal corso dei due fiumi Tigri ed Eufrate, in un tempo più o meno coevo a quello biblico. Qui si incontrarono, in tempi preistorici, l’Uomo di Neanderthal che sfuggiva dalla glaciazione e l’Homo sapiens che sfuggiva dalla desertificazione dell’Africa. È qui che si è formato il mondo, in quel bacino geografico intorno al mar Nero e al mar Caspio in cui erano venute a stabilizzarsi già a partire dal quarto millennio a.C. quelle popolazioni che oggi raggruppiamo entro l’area linguistica-culturale indoeuropea e che, espandendosi a sud est verso l’Iran e l’India, a sud Ovest verso la Grecia e il mediterraneo, a ovest verso l’Europa centrale, a nord-ovest verso la Scandinavia, a nord verso l’Europa orientale e la Russia e integrandosi con altre popolazioni autoctone, per lo più di origine semitica, hanno informato della loro cultura tutta l’Europa e l’Asia sud-orientale fino all’India.
I miti di queste aree culturali sono improntati da caratteristiche comuni: il mondo ha origine dal Caos primordiale e viene formato lungo il corso della storia attraverso una lotta mitica tra le forze del Bene e quelle del Male, dialetticamente contrapposte, affidata ora alle varie divinità, seppure dagli uomini sollecitate e coadiuvate, altrimenti, direttamente gestita in proprio dagli uomini attraverso la meditazione e l’introspezione all’interno di sé stessi. Ma qui cominciamo ad intravvedere le divergenze fra le due aree culturali.
Per I Semiti la storia dell’umanità si distende lungo una linea retta, questa linea ha un punto di inizio nel tempo e nello spazio e sul percorso sono segnate le varie tappe che porteranno alla meta finale che qualcuno ha fissato come approdo definitivo dopo il quale nulla rimane da fare! Per l’area culturale indoeuropea la storia dell’umanità si svolge in circolo, questo percorso non ha un inizio e non ha una fine pur essendo suscettibile di accrescimento: si può sempre dare corso ad una azione buona e si potrà sempre aggiungerne altre senza che il Bene si esaurisca. Il tempo, spesso personificato in una divinità specifica, è concepito come un eterno presente del passato determinato e fissato nella memoria dell’uomo e il futuro come un eterno presente del desiderio immaginato dell’uomo di andare oltre il passato per integrarlo.
È stato Platone, l’erede più grande di queste culture, che ha sfrattato gli Dèi dall’Olimpo ricollocandoli nella Coscienza dell’Umanità, che ha sostituito gli Dèì con le Idee trasferendo in queste l’immortalità e l’universalità.
Le idee non sono soltanto strumenti di conoscenza della realtà ma anche e simultaneamente elementi ontologicamente costitutivi della realtà e dell’azione utile e morale. Le idee sono conosciute dall’uomo perché le vede direttamente dentro sé stesso; le riconosce belle e seducenti e quindi le insegue; le riconosce utili e quindi se ne appropria; le riconosce buone e quindi le pone all’apice delle sue aspirazioni. Il tutto si svolge nella storia ma in maniera dialettica poiché nell’azione ogni atto è determinato e definito dall’esatto suo contrario finché la realtà non avrà, superando interessi particolari ed egoismi, adeguato l’universalità e raggiunta l’Unità del Sommo Bene.
È questo Platone che ci fornisce il filo di Arianna per districarci dal labirinto e che illuminerà il lettore. Non certo perché si tratti di risolvere un enigma ma perché lo spirito di questa storia aderisce perfettamente alla cultura di queste popolazioni. Allora non ci rimane che salire anche noi su quella biga alata tirata da quell’instancabile cavallo bianco, con alla guida Filiberto, l’anima razionale di questo percorso; gli altri ragazzi e il cagnolino Spiro a bordo; al nostro fianco l’esperta e sapiente guida (l’autrice di questo libro) che ci illuminerà opportunamente con le sue "chicche" filosofiche; e affrontare il viaggio.
Esso si svolge in sogno, per non subire alcun condizionamento della realtà e trasferire in un tempo mitico l’azione, e si concretizza nella visita di alcuni splendidi templi della antica Mesopotamia. Da un tempio all’altro assistiamo a quella affascinante fenomenologia dello spirito, anzi dell’anima nel suo viaggio nell’Iperuranio alla contemplazione delle idee, per dirla con Platone, o alla analisi dell’inconscio collettivo degli archetipi ancestrali, per dirla con Carl Gustav Jung, nel loro operare nella storia. Questi templi ci appaiono tutti come delle oasi nel deserto; per accedervi c’è sempre bisogno di qualche artifizio della mente riflessiva di Filiberto con la collaborazione degli altri ragazzi; all’interno troviamo in tutti una atmosfera da paradiso terrestre dove lo splendore dell’ambiente, la natura vegetale e animale e gli uomini di corte contribuiscono al benessere degli Dèi, ma questi, nonostante tutto, appaiono depressi e privi di entusiasmo all’azione perché, pur conoscendo tutto, qualcuno di essi e della stessa famiglia ha sottratto loro con l’inganno le Tavole dei Destini.
È Nergal l’autore del misfatto. Egli è il Dio del Male e le Tavole le ha sottratte al padre Enlil, il Dio della Terra e quello più depresso di tutti, ma gli altri Dèi, i suoi fratelli Sin, padrone dei collegamenti fra Cielo e Terra e Ninurta, Dio della guerra e dell’agricoltura, gemello e per questo perfetto pendant dialettico di Nergal, anch’essi sono afflitti dallo stesso male. Non rimane che affidarsi all’entusiasmo dei ragazzi i quali, essendo scevri di condizionamenti ed egoismi di parte, e opportunamente istruiti dagli altri Dèi di questo Olimpo e con le conoscenze acquisite lungo il percorso di questo periglioso viaggio fra dèi e dèmoni, e con l’aiuto di altri uomini e animali che si assoceranno strada facendo, sapranno sollevare le sorti di tutti.
Lungo la strada della solitudine apprenderanno che la desolazione dei vari paesaggi è ricollocabile all’assenza di relazione fra i vari elementi della natura e che anche gli animali soffrono di solitudine se non si relazionano con gli altri animali uomo compreso; che anche gli Ibis della scrittura possono bloccarsi ad un certo stato della loro evoluzione se i sacerdoti del tempio la sottrarranno loro per gelosia di casta; apprenderanno nel tempio di Ishtar, dèa della bellezza e della fecondità, che non può esserlo anche della guerra e dei sacrifici umani alla bellezza fine a se stessa.
Nel tempio di Marduk, signore dei misteri e degli scongiuri, i ragazzi riceveranno una serie di istruzioni e strumenti magici e dialogheranno direttamente con la divinità senza l’intermediazione dei sacerdoti, constatando la disponibilità del Dio a relazionarsi con gli umani: aveva fatto praticare nella sua dimora un’apposita porta da cui scendeva fra gli uomini per poterli aiutare da vicino!
Nel percorso successivo che li avrebbe portati al tempio del sole conosciamo uno strano mondo di pietra, abitato da un demone che abitava nelle viscere della montagna e dotato di un potere di pietrificazione e congelamento di ogni vibrazione di vita di cui lui stesso era rimasto vittima quando una donna aveva cercato di sposarlo: si era trasformato in una montagna coen dei grossi padiglioni auricolari anch’essi di pietra. Nella città di Kippur incontriamo Aslelia. Viveva nella desolazione di una città sporca e frequentata quasi solo di notte da popolazioni di nomadi, viveva di espedienti e frequentemente mutava la sua fisionomia per non farsi riconoscere dalle sue vittime.
Ha rubato anche Albo, ma Filiberto ha saputo ritrovarli nonostante le sue metamorfosi e l’ha riconosciuta come quel valido aiuto, indicatogli dalla fontana parlante alla corte di Marduk. Filiberto se ne innamora e vorrebbe portarla con sé, ma la ragazza rifiuta perché una ladruncola non può certo presentarsi al tempio del dio della Giustizia: la recupererà dopo la visita al tempio di Shamash, e il suo apporto al recupero delle Tavole risulterà decisivo. Questo amore mi suggerisce molto quello di Eros del Simposio di Platone, capolavoro di questo poeta della Sapienza, che fa di Eros il motore delle idee, ma Egli è figlio di Poros (Dio della abbondanza e degli espedienti) e di Penia (Dea della povertà), ha preso da entrambi i genitori, non è un Dio ma un Dèmone, e scatena da questa differenza di potenziale quella forza che muove ogni cosa, generando il divenire.
Alla corte di Shamash impariamo dalla voce dello stesso Dio quali sono i fondamenti delle leggi: esiste una Legge Suprema che non può essere rimossa da nessuno perché è stata promulgata all’unanimità dal consesso di tutti gli Dèi dell’Olimpo. Ogni sommossa e ribellione può attingere a questa legittimità purché il fine sia giustificato da una legge legittimamente posta. Siamo allo Stato di Diritto se non ancora in una Democrazia! Figuriamoci Ninurta! Il Dio delle Vendicazioni si è messo subito all’opera e si è proposto come legiferatore del padre dal momento che nel caso di furto delle Tavole bisognava applicare le punizioni spietate che quella legge suprema prescriveva.
Fortificati da tutti questi insegnamenti comincia la lotta fra il Bene e il Male. Ninurta organizza l’esercito a suo modo e, risolti alcuni problemi di sua competenza come Dio dell’agricoltura, con estrema pervicacia e determinazione si tuffa nella mischia. I ragazzi fungono da Condottieri e affronteranno disagi immani già nella fase di ingresso al terrificante tempio del Male dove l’inganno e la menzogna di cui si serve Nergal non hanno mai fine e la strategia di disunire i ragazzi sembra avere il sopravvento. Aslelia riesce comunque a penetrare nei forzieri sotterranei e attivando le sue arti maliarde recupera i gioielli che gli erano stati sottratti e molti altri li nasconde fra i capelli e la tunica. Marianna, dopo aver superato una crisi di rimorso per essersi allontanata da tutti, rientra nell’orrido tempio nella fase finale della lotta ricongiungendosi con Gioacchino ed Asmual che erano stati rinchiusi in una prigione squallida e infestata da serpenti stritolatori, e tutti nella fase finale della lotta assistono al recupero dello scrigno ritenuto il contenitore delle Tavole.
L’epilogo di questo giallo filosofico diventa sconcertante quando ci si accorge che lo scrigno contenente le Tavole dei Destini, deposto sul palmo della mano di Enlil, non si apre. Uno sconforto totale assale tutti! Ma quando Aslelia disvela la tunica e porge al sacerdote di Enlil il suo scrigno nascosto tutti si accorgono che potrebbe essere quello originale, con un balzo felino il sacerdote lo afferra e lo pone sulla mano del Dio ed ecco: si ode un clic liberatorio e lo scrigno si apre! Gli Dèi sono felici di aver recuperato le tavole bastando per essi la coscienza del semplice possesso per operare nella realtà. Ma i ragazzi sono un po’ delusi.
Aslelia se ne fa una ragione avendo ricevuto dal sacerdote un pregevole diadema ma Filiberto deve affrontare lo sconforto struggente della fine di un amore impossibile fra persone di cultura e lingue diverse nonostante gli sforzi di Marianna per tentare una mediazione; l’unico ricordo di un amore. Platonico è lo scambio di regali: Filiberto regala la matita preziosa alla sua Aslelia e da lei riceve l’unico gioiello che non aveva rubato in vita sua avendolo avuto dal padre in punto di morte.
Ritornati nella routine della vita quotidiana dei loro cascinali dopo qualche tempo i ragazzi scoprono di nuovo dei cerchi nel grano ma questa volta i medaglioni all’interno erano di forma triangolare con raffigurata l’immagine del Dio Anubis protettore delle necropoli Egiziane e inventore delle mummificazioni e decidono, non senza qualche esitazione all’inizio, di avventurarsi ancora in un altro viaggio.
È in questa decisione dei ragazzi che si scopre la risoluzione di questo giallo filosofico. Essi hanno scoperto che il contenuto assoluto delle Tavole non si nasconde all’interno dello scrigno ma nel processo storico affrontato per scoprirlo e che viene simboleggiato mirabilmente da quel simbolo del cerchio del tempo che conchiude nella sua area il complesso delle relazioni umane storicamente vissute e che oltre il limite della sua circonferenza va allargando progressivamente le relazioni umane che si propone di vivere nel futuro.
Ringrazio l’autrice di questo libro bellissimo e aspetto fiducioso il prossimo sulla mitologia della Civiltà Egizia.
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