Nemesis
- Autore: Mauro Guido
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
La Nemesi: per gli antichi greci era la “giustizia-vendetta” divina che puniva l’orgoglio smodato degli uomini o degli dei, colpiva chi si macchiava di hybris, presunzione, tracotanza, esibizione sfrenata di potere o di averi.
Nemesis è un romanzo di Marco Guido, pubblicato nel 2021 dall’Editoriale Sometti di Mantova (119 pagine), terzo dello scrittore e cultore di storia locale.
Un lavoro originale, fortemente motivato dalla passione per la storia della propria comunità e sorretto dalla cultura e conoscenza dell’autore mantovano, che si è già distinto con Il ferro e la polvere (2018) e Uno a uno. Una storia complicata, nel 2019, tutti per la casa editrice cittadina. Nel primo titolo, vicende della seconda guerra mondiale in città. Nel secondo, un viaggio nel presente, nel passato e nella fantasia. Nel terzo, l’ascesa e la caduta di Mantova, nel trentennio iniziale del 1600.
I brevi capitoli sono preceduti da citazioni di testi di opere seicentesche, da brani della Gerusalemme liberata del Tasso, da frammenti di lettere del Rubens e da passi di poemi, poesie, testi in prosa del XVII secolo nella Mantova dei Gonzaga e della cultura europea d’ogni tempo.
Si apre con lo splendore della corte ducale, si chiude con il tremendo sacco dopo la resa della piazzaforte nell’estate 1630. L’assedio dei Lanzichenecchi e la peste portata da loro causarono la decadenza di quella che nel suo “tempo” migliore, come direbbe Mauro Guido, era stata una capitale europea nei pochi anni di fasto.
Quando Hybris si manifesta, prima o poi Nemesis arriva:
è solo una questione di tempo
Due i momenti di gloria, voluti a Mantova dal duca Vincenzo all’alba del 1600, ricostruiti con prosa efficace, personale, originale, dal dirigente di banca passato alle lettere. Nel 1607 viene celebrata con sfarzo la prima della Favola di Orfeo, recitazione cantata (“recitar cantando”, così chiamavano l’opera italiana) su musica di Monteverdi e libretto del conte Striggi. L’anno seguente, altro evento per stupire il mondo, le nozze sontuose dell’erede ducale Francesco con Margherita di Savoia.
Spende molto Vincenzo I Gonzaga (1562-1612). Vuole figurare come un principe importante, gli piace che ovunque si parli di lui, del lusso ostentato nelle cerimonie, della munificenza, della prodigalità. Le truppe mantovane sono abbigliate con tanta ricchezza da non distinguere i soldati dagli ufficiali per l’eleganza delle livree. Ma perseguire onore, fama e gloria prosciuga le finanze dello stato. Lo stesso fanno le ricerche nelle Americhe di un verme che essiccato avrebbe qualità afrodisiache prodigiose: un viagra di allora.
Tutta la famiglia spende troppo. Per Mauro Guido, è la più bella di tutta Europa, con le feste più fastose. Con le più famose compagnie di teatro, i cantanti, le virtuose, i comici, i musici, gli artisti, pittori e poeti: Tasso, Monteverdi, Rubens, Pourbus. Con le invidiate raccolte senza eguali di quadri, sculture, libri antichi, manoscritti rarissimi, arazzi, gioielli, vasi d’oro e cristallo di rocca.
Vincenzo è brillante. Biondo, almeno da giovane, alto, prestante, gran donnaiolo. Abile a cavallo e con la spada, intrepido. Ha il vizio del gioco, può perdere cifre enormi, centomila ducati in una sera a Genova e tutta la liquidità portata con sé a Bruxelles. È anche insolente, arrogante, sprezzante e vendicativo. Ha ereditato il Ducato di Mantova e quello del Monferrato, conferito dalla nonna Margherita, ultima dei Paleologhi. È un possedimento lontano da Mantova, ma fin troppo invidiabile per le rendite: Spagnoli, Francesi e Savoia tormentano i Gonzaga da decenni. Tenere la fortezza di Casale esige una spesa ingentissima. Ma Vincenzo ha trovato la stanza del tesoro del padre, due milioni di ducati d’oro, una somma enorme. E ne spende dieci volte tanto.
Occupa una posizione di rilievo nella politica europea, è imparentato con tutte le famiglie regnanti, ha due stati ricchi e floridi, una corte splendida, un’amministrazione funzionante e fedele alla Casa e allo Stato. Nella primavera del 1608, il lusso del matrimonio fa invidia a tutti i potenti. I festeggiamenti proseguono per un mese intero.
Ventidue anni dopo, i rovesci hanno portato le truppe imperiali ad assediare Mantova. Una città che vive da secoli viene ridotta in dieci mesi a un “cadavere spolpato”.
Il 18 luglio 1630 i lanzi penetrano nell’abitato e per tre giorni hanno licenza di fare quello che vogliono dovunque, tranne nei luoghi sacri.
L’occupazione della città durò quattordici mesi, fino al settembre successivo.
I giorni del sacco non esaurirono la furia distruttrice e l’avidità degli imperiali non diede tregua ai mantovani, ridotti a poco più di settemila, dai sessantamila del 1629, vessati da continue richieste di denaro, stremati dalle malattie e dalla fame.
L’inviato imperiale, conte Piccolomini, confermò le distruzioni, gli incendi, le devastazioni di abitazioni, chiese, palazzi e le torture e prepotenze su infermi, vecchi, uomini, donne, bambini, monache, senza distinzioni.
L’imperatrice moglie aveva promesso di far cercare i tesori rubati da Palazzo Ducale, ma era tardi: quadri, arazzi, gioielli, marmi, cristalli, medaglie, libri, tutto quello che poteva essere rubato nella corte e nelle case private era stato disperso in tutta Europa, riempiva altri palazzi e altre case.
Nemesis il suo lavoro l’ha portato a termine e il peccato di hybris è stato scontato.
Nemesis
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