Non più briciole
- Autore: Alessandra Arachi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2015
Dopo “Briciole” del 1994, la giornalista e scrittrice Alessandra Arachi affronta nuovamente il tema dell’anoressia con “Non più briciole” (Longanesi, 2015), romanzo in cui questo grave disturbo alimentare viene raccontato non attraverso gli occhi e i sentimenti di chi da esso è affetto ma dalla voce della madre di una ragazza anoressica.
Marta De Bellis, mamma della giovane studentessa Loredana, si trova, da un giorno all’altro, a fare i conti con la malattia di sua figlia, ma soprattutto a far fronte a una serie di accuse a lei rivolte da parte di medici e psicologi. Eppure, nessuno in famiglia avrebbe mai immaginato che sarebbe andata così. Loredana era la quintessenza della figlia perfetta: da sempre collezionava dieci in pagella, era intelligente, perspicace, spesso superiore ai compagni ai quali, però, il suo atteggiamento appariva un po’ supponente.
La narrazione procede tra ricordi del passato e la strenua ricerca di Marta di trovare una soluzione, una via di scampo per la figlia che, un giorno del mese di ottobre, all’improvviso mentre pranza, lascia il piatto di spaghetti a metà e si allontana da tavola, così senza dar alcuna spiegazione. Non è un malessere temporaneo il suo: da quel giorno Loredana non s’avvicina più al cibo e dimagrisce a vista d’occhio. Se ne accorgono tutti: mamma, papà, il fratellino, ma anche i compagni e i professori. A nessuno sfugge l’aspetto emaciato di quella ragazza che si trascina a scuola con sofferenza poiché la mancanza di cibo le causa cali energetici e gravi squilibri fisici. I genitori sono gravemente preoccupati anche se reagiscono in modo diverso: papà Bruno, assai pragmatico, crede nei medici specialisti mentre Marta si fa guidare più dall’istinto di madre e legge libri, fa ricerche sul web ma non si esime dal recarsi da vari medici per chiedere aiuto. Le risposte che riceve sono fredde, prive di comprensione: l’anoressia è un grave disturbo, ci vorranno ormoni, vitamine, farmaci per stimolare l’appetito. Pare sappiano tutto gli specialisti ma in realtà molti fra quelli che incontra Marta seguono solo la casistica e non s’approcciano al singolo paziente. Neppure “La gabbia d’oro” di Hilde Brunch, il testo che la stessa Loredana legge riguardante l’anoressia e che Marta scopre nascosto in camera della figlia, è particolarmente d’aiuto. Letture e colloqui con i medici danno risposte poco soddisfacenti. Marta, come tante altre donne, si sente accusare: madre – drago, madre - coccodrillo e quant’altro ancora. Per decenni le madri delle ragazze anoressiche hanno portato sulle spalle il peso d’una colpa che non è la loro così come era successo per le mamme dei ragazzi autistici definite “frigorifero” poiché, a detta dei medici, era stata la loro freddezza a far rinchiudere i figli in un proprio mondo. Il dramma si amplia, perché c’è la disperazione per una ragazza che arriva a pesare trentun chili e, allo stesso tempo, un senso di colpa che risuona nelle voci delle équipe mediche. Vari i tentativi anche attraverso i ricoveri in centri specializzati ma anche le sconfitte. L’anoressia, definita dai medici stessi “un enigma”, è come uno spettro, sempre lì accanto a chi da essa è affetto ma anche ai familiari.
La vicenda è un alternarsi di miglioramenti e ricadute; neppure la presenza d’un fidanzatino, Stefano, è particolarmente d’aiuto. Loredana, fisicamente sempre più debole, vive in continua angoscia. Ecco, forse in questa parola sta la principale spiegazione della malattia. Le ragazze anoressiche sono puntigliose, torturate dall’ansia perché sempre alla ricerca d’una qualche perfezione prima in ambienti scolastici o sociali e che poi esplode nell’anoressia perché, come si è rigidi nella vita comune, così non ci si può permettere di eccedere nel peso. Il digiuno si alterna alle abbuffate. Anoressia, bulimia, pasti che si concludono con il vomito: di questo sono fatte le giornate di Loredana ma mamma Marta affronta la situazione, accetta le umiliazioni alle quali ha comunque il coraggio di rispondere perché non percepisce come sua tutta la colpa. La vicenda pare ad un certo punto risolversi anche grazie all’intervento d’una psicologa amica di Marta.
Ma il tempo, a volte, gioca brutti scherzi e anche dopo anni di remissione dalla malattia, in essa si può ricadere. E’ così anche per Loredana che, intanto, aveva meritato una brillante laurea e trovato il vero amore. Tanto di bello nella nuova vita, forse troppo: dietro la perfezione, purtroppo, c’è sempre l’angoscia. Per superarla non c’è che rifugiarsi nell’amore, soprattutto quello della mamma, alla quale mai la giovane aveva pienamente confidato i propri sentimenti chiudendo ogni discorso con la frase “Non c’è problema”.
Per una volta finalmente non è così. Si rompe quell’argine che faceva da scudo all’intimo di Loredana, alla sua incapacità di chiedere aiuto perché, come tutti, non perfetta. La giovane, confida alla mamma le proprie debolezze e quindi fa un gesto coraggioso. Dietro la ricerca della perfezione della protagonista, così come di ogni ragazza nel tunnel dell’anoressia, sta l’inconsapevole paura di non essere amata per quel che si è e quindi la continua, costante ricerca di un miglioramento. Invece, in questi casi, bisogna lasciarsi andare, abbandonarsi con fiducia nelle braccia di chi ci vuole bene.
Tutto questo ci racconta e ci fa capire Alessandra Arachi che, con un linguaggio scorrevole ed efficace, affronta un argomento assai delicato e molto doloroso con la bravura di chi ha tanto letto e si è profondamente interessato al problema. L’autrice mette nella storia un messaggio positivo: ci sono tanti dottori pronti a curare ma, spesso, sono necessari più e più tentativi per trovare quello giusto. Oggi l’anoressia non è più imputabile alle madri e a questo disturbo, dovuto a cause organiche e genetiche, si può e si deve trovar rimedio. Di certo c’è una sola cosa: l’amore generoso, incondizionato, l’accettarsi per come si è così come la fiducia in chi ci vuol bene sono le grandi, essenziali medicine e abbandonarsi ad esse permette di vivere non più di ""briciole" ma di una vita piena.
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