Notre-Dame de Paris
- Autore: Victor Hugo
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
Notre-Dame de Paris è probabilmente il più famoso dei romanzi di Victor Hugo e ha visto numerosi adattamenti nel cinema, nel balletto, nel musical, nell’opera, nei cartoni animati. Forse non è il capolavoro di Hugo (che arriverà trent’anni dopo con I Miserabili), ma è l’opera che lo ha reso celebre.
Difficilmente c’è qualcuno che non conosca Quasimodo, il Gobbo campanaro di Notre-Dame, la bella Esmeralda, la zingara che abita con la sua comunità la Corte dei Miracoli, il cattivo arcidiacono Frollo, che in gioventù aveva compiuto l’opera di carità nel salvare il piccolissimo Quasimodo da morte certa, prendendoselo con sé. E poi figure presenti ma minori, quali il capitano delle guardie di Parigi Phoebus o la vecchia “pazza”.
Il romanzo narra di come le vite di questi personaggi si incontrano e di come le vicende si intrecciano in una Parigi che dà già l’idea di essere una città cosmopolita dove le diverse culture si incontrano e scontrano creando non poche tensioni.
Il susseguirsi degli eventi è veloce (il rapimento di Esmeralda, il suo salvataggio, l’innamoramento, la rabbia di Frollo, la bontà di Quasimodo); lo sfondo vario e variegato (si passa dalla tetra cattedrale all’animata città alla coloratissima Corte dei Miracoli); le situazioni divertenti e drammatiche (l’elezione del Re dei Folli, gli effetti di una giustizia sommaria più volte chiamata in causa); le scene toccanti (la madre che ritrova la figlia e il matrimonio di Quasimodo).
C’è tanto in questo romanzo, ma sopra a tutto c’è l’amore, in molte delle sue sfaccettature: quello carnale, quello ossessivo, quello proibito, quello puro. E intorno a esso ruota una storia originale che sin dall’inizio si presenta ben congegnata e sufficientemente intrigata, mai banale, facile da seguire che suscita numerosi sentimenti anche contrastanti (Hugo è bravo nel toccare le corde più profonde dell’animo umano) e che fa oscillare il romanzo tra speranza e tristezza culminando nella drammaticità del finale. Un finale diverso forse da come il lettore potrebbe volere, forte e insieme passionale, che destabilizza un po’, ma che probabilmente suggella questo lavoro rendendolo una grande opera.
I personaggi sono magistralmente caratterizzati, soprattutto i due principali, Quasimodo e Frollo. E se il primo è l’esempio di come la deformità nel romanzo può essere trasfigurata e trasformata dalla bontà d’animo tanto da apparire al lettore meno orrendo di quel che è (ma la cosa risulta più complicata nella realtà), il secondo, Frollo, il malvagio monsignore, “padrone” di Quasimodo, è quasi l’emblema di una Chiesa che vede il Medioevo volgere al termine portandosi dietro vecchie concezioni e contraddizioni. Concezioni destinate a cadere e soccombere.
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Il caldo di questa estate merita la rilettura di un intramontabile classico, NOTRE DAME DE PARIS di Victor Hugo,
romanzo di non facile lettura sia per la narrazione lenta, tipica della letteratura dell’epoca, per il linguaggio antico ma soprattutto per le ricorrenti digressioni dell’autore in materia di storia, filosofia, per le descrizioni minuziose della città di Parigi, dei suoi monumenti, dei suoi quartieri e della sua storia.
La Parigi del 500 era già una metropoli multietnica che racchiudeva tutte le contraddizioni sociali: corruzioni, ingiustizia nei confronti dei più poveri, superstizione, e miseria; la condizione della donna non faceva eccezione: considerata inferiore all’uomo, per ogni atto di ribellione rischiava di finire al rogo come strega. Nella prima parte del romanzo prevalgono le dissertazioni filosofiche sul significato e sul valore storico dell’architettura e dei monumenti come espressione della storia dell’uomo, come se cioè il pensiero trovasse una sua massima manifestazione nella pietra fino alla comparsa della stampa che ha rivoluzionato la storia e la capacità dell’uomo di raccontarla. Solo nella parte finale i protagonisti e la loro vicende riescono ad avere la meglio e imporsi all’attenzione del lettore. Essi sono espressione di tutti i sentimenti umani: la passione, l’odio , il rancore e l’amore quello puro e disinteressato e quello violento e misto alla crudeltà e alla gelosia. La bella Esmeralda e Quasimodo li incarnano romanticamente. Esmeralda rappresenta proprio la giovinezza, l’amore, la vita e per questa sua gioia di vivere tutti ne sono attirati e la vogliono per chi per proteggerla, chi per possederla, chi per amarla o chi per invidiarla e distruggerla. Con questo romanzo il popolo entra nella letteratura come espressione di ottusità, ignoranza, superstizione e povertà.