L’occhio di Mobius
- Autore: Marco Garinei
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Marco Garinei è nato ad Ostia non tanto tempo fa, sogna di andare a vivere in Giappone e diventare uno scrittore. Non conosciamo l’esito del progetto Sol Levante, ma il secondo desiderio si è già avverato: il giovane Cavaliere Nero (account email e username social) ha pubblicato nel 2019 per le edizioni il Terebinto di Avellino il romanzo L’occhio di Mobius (142 pagine), in una collana di fantascienza che inaugura, e non è poco. Storia di maghi, di incantesimi e di poteri proibiti. Tanti generi insieme: fantasy, dark, action, adventure, horror, tutti adatti a inquadrarlo e alimentati dalle tante passioni dichiarate da Marco. Vedersi ristretto in un solo mood narrativo gli provoca l’orticaria.
Musica, film, tecnologia, manga-anime, viaggi, culture orientali e miti antichi, gli interessi dichiarati dal Cavaliere Nero. Abbiamo tralasciato la lettura e la scrittura, ma ci correggiamo subito: ama scrivere, lo fa dall’età di 12 anni (oggi si avvicina ai 30) e legge da ben prima dei 10, attratto dai libri della collana Piccoli Brividi e perfino dagli horror di Stephen King.
Narra senza porre freni alla fantasia lo scrittore ostiense, e non si nasconde affatto: mette in chiaro senza riserve di avversare la politica come mestiere (sostiene che la faziosità non aiuta a costruire l’armonia e la pace mondiale) e di potersi definire “antiteista”, pur avendo studiato diverse religioni o forse proprio per questo. È tanto sincero da confessare d’avere partecipato a numerosi concorsi letterari senza vincerne nessuno, particolare non essenziale nella carriera di uno scrittore (se i premi arrivano bene, altrimenti licet glissare). E se l’informazione conferma per un verso la franchezza di Garinei, per un altro fa pensare che “riconoscimenti zero” costituisca un titolo di vanto, mette in evidenza l’estraneità da cordate e conventicole. E sì ché di congregazioni se ne intende, visto che le rende protagoniste dei suoi racconti.
È infatti come un racconto lungo ch’è nato il progetto dell’Occhio, sequel de L’Evocazione, una settantina di pagine per il Terebinto nel 2018 e ora prima delle due parti in cui è articolato il romanzo. Precede la seconda, Il Credo, e vi si incontrano i due maghi protagonisti, Lazard e Luvie. Fanno parte della Confederazione Arcana, ma se il primo è un maestro apprezzato per i suoi poteri, di cui non mena vanto per niente, la seconda è lontana dei vertici, pur essendo di poco più anziana nell’organizzazione e non priva di esperienza. Per dirla tutta, Luvie considera il giovane collega “un moccioso che avrebbe potuto essere suo figlio”: con tre anni di anzianità in più è lei a dover fare da assistente a lui, che la tratta da principiante, sia pure con i modi simpatici che lo distinguono.
Le qualità di Lazard risaltano e non è difficile cogliere la sua autorevolezza. Nella missione in cui li vediamo impegnati, gli è stato suggerito di non far notare d’essere a capo del gruppo, formato da un capitano, due armati e la maga. Per questo, Maestro Lazard veste come gli uomini di scorta, ma non sfugge a uno sguardo attento il rispetto dei cavalieri nei suoi confronti e l’atteggiamento di attenta responsabilità con cui guida le mosse del gruppo.
Luvie vorrebbe lasciarsi andare all’invidia sfrenata, come una ragazzina immatura, ma non riesce a nutrire una vera animosità nei confronti di chi riesce a dimostrarsi sempre all’altezza, anche dei compiti più delicati. È sorpresa dalla maturità di qualcuno tanto giovane. Aveva creduto che l’ultimo arrivato nel Consiglio degli Arcani fosse solo un ragazzino prodigio, inadatto al ruolo una volta messo alle strette, ma si sta convincendo dell’errore e capisce che possa avere un fondamento quanto si sussurra nei corridoi: dicono che Lazard sia in predicato di succedere al Sommo Incantatore, il Gran Maestro della Confederazione. In effetti, nel Consiglio non era mai stato cooptato nessuno più giovane di lui, anzi, non c’era mai stato nessun giovane.
Si diceva che Lazard avesse sconfitto addirittura un Demone Abissale, impresa impossibile per un mago dotato solo di poteri ordinari ed ennesimo successo di cui quel giovane non si fa propaganda.
In questo modo, apprendiamo dell’esistenza di una gerarchia anche tra i nemici irriducibili della Confederazione Arcana. I Demoni Abissali sono gli occulti più potenti, mentre di rango più basso ma ugualmente irriducibili sono i Primordiali. I due maghi in missione devono neutralizzarne uno, evocato con un incantesimo proibito da una dozzina d’incauti soggetti, smembrati in poche artigliate e qualcuno forse divorato, per non essere riusciti a vincolarlo.
Nei capitoli di entrambe le parti del romanzo, Luvie e Lazard si alternano nel racconto in soggettiva. Arrivano nel villaggio di Brask, che potrebbe rivelarsi un avamposto del Credo, l’organizzazione di Ierofanti con cui la Confederazione è in lotta, ma questo aspetto potrebbe perfino essere il meno inquietante, in un luogo che emana ostilità da ogni occhiata malevola nascosta.
Poteri oscuri distruttivi si scontrano. Il regno di Regalia è in pericolo, ma piantiamola qui, lasciamo ai curiosi la lettura di un romanzo fantasy che assolve rapidamente alla descrizione di ambienti, luoghi e “abitanti”, caratteristiche di un genere che nasce dalla segreta immaginazione degli autori. L’insistenza sui particolari minuti ci viene risparmiata dalla creatività lineare di Marco Garinei. E pensare che qualcuno gli contesta la scorrevolezza delle trame come un difetto.
Dunque, cos’è L’occhio di Mobius? Un fantasy e non solo, ma tutto tranne che un giallo: l’esigenza di rispettare gli intrecci uccide la creatività, parola di Marco Garinei.
L’OCCHIO DI MOBIUS
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