Ofidia Nera
- Autore: Emiliano Rinaldi e Roberto Roda
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
“La fotografia è sempre un falso”: assunto da tenere a mente, perché ne riparleremo. L’argomento viene a proposito, vista l’iniziativa dell’Editoriale Sometti di Mantova. A cura dei fotografi, foto ricercatori e scrittori Emiliano Rinaldi e Roberto Roda, ha recuperato dagli anni ‘70 un genere sconosciuto agli over 40 di oggi: il fotoromanzo. È un’eroina in carne e curve (altro che ossa) l’attraente e autoironica protagonista mascherata di un album foto-filmato dal titolo chilometrico: “Ofidia Nera insidia fatale. Il furto dei grimori vidoniani” (settembre 2018, 84 pagine 28×22 cm, 13 euro). Si tratta di una foto-storia riadattata dai curatori sul progetto dello scomparso Bruno Vidoni (1930-2001), realizzata a colori e di contenuto avventuroso fantascientifico.
Il fotoromanzo è un genere dimenticato, ma dal passato glorioso e nazionalpopolare. Quello riproposto da Rinaldi e Roda dà spazio alla fantascienza e al femminile. È un sottogenere di totale culto, non poco sexy e assolutamente pulp. Le imprese di Ofidia, agente segreto delle Vedove Ardenti in costume da Barbarella di Vadim, si presentano come fotofiction “strampalate di spionaggio, avventura e casto erotismo”.
Non bisogna poi prendere troppo sul serio le vicende raccontate e la trama. Quello che risulta serissimo invece è l’intervento di recupero, iniziativa che coinvolge vari soggetti in sinergia, compresi i Rencontres Internationales Photographiques de Serre et d’Olt e vari partner, dalla Galleria d’Arte L’arche di St Geniez d’Olt all’Associazione Bondeno Cultura, Casa Vidoni. Testi dei critici Ferruccio Giromini e Angelo Andreotti fanno il punto dell’operazione “memoria”.
Quando si nomina Vidoni, si ricorda l’irresistibile fotografo e performer di Cento, artista a suo modo futurista, visionario geniale, armato solo di macchine fotografiche. Si racconta di un reportage sul conflitto anglo-irlandese spacciato per autentico, ma realizzato alla buona in Emilia-Romagna e tuttavia acquistato come vero da una rivista. Insomma, un brillante e incontenibile falsario, al quale due ammirati colleghi dedicano questa pubblicazione come un omaggio. Hanno perfino chiamato Vidoni l’occultista immaginario i cui codici miniati di magia (grimori) vengono rubati dalla pericolosa Shazane, sacerdotessa di culti innominabili e supercriminale. Sulle sue tracce si pongono la giornalista Velda Argus, inguaribile ficcanaso, e la nostra Ofidia, astuta ladra e spia, nei cui panni, pochi e indubbiamente sexy tutto sommato in modo innocente, si è calata l’antropologa milanese Elettra Irene Borghi, che lavora presso il centro etnologico ferrarese. Da fotomodella di complemento, si è prestata a un’iniziativa cultuale giocosa, tra lo stralunato e il nostalgico.
Resta soprattutto un’evocazione-citazione intelligente e suggestiva. La suggestione è tutta per gli over 40: potranno sfogliare con emozione il grande albo illustrato a colori che contiene la fotostoria e che ricorda volutamente le pubblicazioni di sotto-genere degli anni ’70. Erano il risultato di una mutazione del fotoromanzo, che alle novelle romantiche e strappalacrime, per immagini, destinate al pubblico femminile, aggiungeva prodotti di contenuto giallo, horror, fantascientifico e perfino erotico.
Prodotto popolare per eccellenza, il fotoromanzo vanta tuttavia paternità illustri, dividendosi quanto ad origini tra il grande Cesare Zavattini e il regista Damiano Damiani. Natali indubbiamente prestigiosi per un genere di cui quest’operina di Rinaldi e Roda cita tutti i derivati, ammiccando soprattutto all’erotismo, più immaginato però che riprodotto. C’è poi il valore aggiunto del colore, sebbene l’ambientazione delle scene prediliga toni scuri, dal momento che l’azione si sviluppa in un mondo sotterraneo, tra grotte e caverne.
Nelle vesti altrettanto succinte di antagonista dell’eroina ci sono Laura D’Angelo (Shazane) e Luna Malaguti (Velda), questa sì modella oltre che artista. In due camei, nella seconda di due fotostorie, appare una coppia di improbabili fotomodelli, il solitamente serio Enrico Spinelli, alias Erri de Spill, capo di Ofidia Nera e Damiano Varzella, un demenziale soldato nazista, caduto letteralmente dalla luna (nel senso che arriva dalla faccia nascosta del satellite).
La “fotografia è sempre un falso” è un’espressione cara a Vidoni, falsario geniale, aggettivo che non deve apparire diffamatorio, perché il fotografo artista l’avrebbe sottoscritto con entusiasmo, facendosene un vanto.
In quarta di copertina, i curatori, divertiti e divertenti, minacciano enfaticamente:
tremate le eroine mascherate son tornate.Hanno dormito un lunghissimo sonno ristoratore, ma ora sono sveglie e pimpanti, pronte a guidarvi in un intrigante gioco dialogico e intertestuale. Buon divertimento!
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