Oltre la linea
- Autore: Ernst Jünger Martin Heidegger
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
In occasione dei sessant’anni di Heidegger, Ernst Jünger scrive un saggio dove affronta il controverso, complesso, sfaccettato problema del nichilismo. In questo libro è raccolta anche la risposta di Heidegger cinque anni dopo in omaggio ai sessant’anni di Jünger.
Oltre la linea (Adelphi, 1990, trad. F. Volpi) è un’opera chiave per chi vuole capire il significato profondo del nichilismo, che è uno dei temi più difficili della filosofia occidentale, tant’è vero che Nietzsche lo aveva definito come il “più inquietante tra tutti gli ospiti” della nostra cultura.
Qual è innanzitutto la linea che viene menzionata nel titolo del saggio?
È il cosiddetto punto zero, ovvero il “niente” per Jünger. Ma si può interpretare anche in termine più pratico come la linea di confine tra l’epoca delle due guerre mondiali e il nuovo. Ma che cos’è il nichilismo? Per Severino è la concezione derivante dalla antica cultura greca che tutto provenga dal niente e finisca nel niente.
Da ciò ne consegue per Nietzsche che niente abbia più per l’uomo contemporaneo unità, verità, fine. Insomma per il grande filosofo tedesco il nichilismo è uno stato psicologico dei contemporanei che ha un effetto morale deteriore, portando alla perdita dei valori. Ecco spiegato perché per tanti filosofi la nostra epoca e la nostra cultura sono pervase dal nichilismo.
Non vi venga in mente la facile equazione “nichilismo=ateismo” o che il nichilismo abbia una causalità lineare con l’ateismo, dato che la questione è più arzigogolata: se è infatti vero che per Nietzsche il nichilismo diventa dominante nella cultura con la morte Dio, è altrettanto vero che molti credenti, interrogati a riguardo, ritengano che tutto provenga dal niente e finisca nel niente, prova provata di quanto il senso di vuoto e il niente siano radicati in tutti noi, anche nelle persone più insospettabili, che si rivelano di fatto dei nichilisti ante litteram.
Per alcuni filosofi il nichilismo è il male assoluto, il male dei mali; per altri invece è un epifenomeno, per altri ancora è un falso problema, una grande arma di distrazione dalle vere problematiche economiche, quotidiane, contingenti della vita del popolo. È indubbio che sono soprattutto i filosofi più tradizionalisti e più conservatori a rintracciare nel nichilismo il problema dei problemi.
È altrettanto vero che alcuni filosofi che hanno fatto del nichilismo il perno del loro pensiero fossero compromessi con il nazismo: ad esempio Jünger si dissociò dal nazismo solo nel 1933 e Heidegger aderì al nazismo con il suo discorso di rettorato a Friburgo.
Sembrerebbe perciò di primo acchito, anche se la questione è controversa, che alcuni di coloro che si opponevano teoricamente al nichilismo, lo sperimentarono in vita nel modo più orrido, ma ciò non deve far sottovalutare l’importanza del loro apporto filosofico riguardo al nichilismo, perché non si può affrontare seriamente questo argomento senza considerare il contributo decisivo di Jünger e Heidegger. Jünger nel saggio ricorda più precisamente che Nietzsche era un nichilista attivo, cioè pensava che ci potesse essere un "contromovimento" culturale, un attraversamento del nichilismo. Nietzsche era un nichilista attivo perché pensava che si potesse distruggere totalmente i vecchi valori perché poi altri ne creassero di nuovi.
Franco Volpi nell’introduzione sottolinea come per Jünger e Heidegger la diagnosi della malattia del nichilismo fosse la stessa, ma che fosse diversa l’anamnesi.
Per Jünger il nichilismo ha prodotto gli stermini e non permette più grandi opere d’arte, non permette più grandi progetti, né consente agli uomini di avere una visione. Insomma è una sorta di cancro della civiltà occidentale.
Jünger cita anche il nichilismo di Dostoevskij, per cui se Dio non esiste, allora tutto è permesso, ricordando I fratelli Karamazov, L’idiota, Delitto e castigo.
Jünger ritiene che una conseguenza del nichilismo sia il caos, ma che il caos non è necessario al nichilismo, poiché ad esempio nei luoghi di sterminio talvolta può regnare un ordine apparente e metodico. Il nichilismo è quindi decadenza e causa di decadenza ulteriore. Ci vuole perciò piena comprensione della nostra epoca e della cultura occidentale per comprendere a pieno il nichilismo.
Per Jünger è difficile contrastare il nichilismo, perché nel nostro tempo il male e il bene sono mischiati, intrecciati in modo indissolubile e non è sempre facile distinguerli. Ma sempre per lui l’inquietudine metafisica delle masse, il progresso della scienza, la presenza di temi teologici nella letteratura sono segni inequivocabili di speranza. Per Heidegger la linea non è stata ancora passata, mentre per Jünger sì. Jünger riprende da Nietzsche la concezione del nichilismo come "svalutazione dei valori supremi", che è diventata "condizione naturale" per tutti. In Jünger inoltre abbiamo un maggiore ottimismo e più speranza, mentre Heidegger è molto più guardingo e più cauto. Comunque anche per Jünger il nichilismo non è ancora stato superato, ma la cultura occidentale per lui è in una nuova fase. Per lui ci sono tre modi di vincere il nichilismo, ovvero il Leviatano; ci sono tre oasi della "terra selvaggia": la morte, l’eros, l’arte.
Per Heidegger invece dobbiamo “raccoglierci nell’assenza del nichilismo”, ovvero importante è la consapevolezza del problema. Per Jünger fondamentale è il pensiero per l’oltrepassamento del nichilismo, mentre per Heidegger l’essere e il niente non si possono pensare né dire, ma sono consentite solo piccole illuminazioni derivate dalla luce che filtra tra la radura. Per Heidegger non c’è salvezza nel nichilismo. Il grande filosofo si limita soltanto a volgere lo sguardo sulla linea e invita a riflettere che il pensiero del nichilismo da molti è visto come un cerchio attorno a cui l’essenza del problema gira intorno, mentre forse è una spirale nascosta. Per Heidegger l’essere umano è la linea tra l’essere e il niente, di conseguenza è grazie al libero arbitrio che può determinarsi. Per lui superare il nichilismo significa soprattutto oltrepassare la metafisica occidentale.
Restano però aperte due questioni spinose, dopo aver letto queste pagine: Jünger analizza il nichilismo tramite il concetto di valore senza definire cosa sia un valore, Heidegger studia il nichilismo rifacendosi all’essere, che però per sua stessa ammissione è indefinibile e indeterminato.
Oltre la linea: 233
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