Non amo particolarmente la letteratura del Quattrocento, ma i poemi cavallereschi sono una nobile eccezione, anche perché Matteo Maria Boiardo compie una perorazione di commistione tra la materia carolingia e quella arturiana, soprattutto nel suo "Orlando innamorato".
Orlando, il prode paladino, per la prima volta si innamora seriamente di una donna, Angelica e si comporta scioccamente. Angelica, la causa della sua stupidità, è bella, ma anche furba, intelligente e sa manipolarlo.
In linea di massima i paladini vengono visti in modo molto umano, privi di quella fede al contrario dei Saraceni che sono molto più legati alle loro convinzioni. Ci sono inoltre molte storie d’amore che ingarbugliano la vicenda e la materia è ancora grezza.
Boiardo non è Ariosto, non sa dominarla questa materia. Esiste una tematica encomiastica, che trapela soprattutto nel terzo libro, quando l’autore, essendo malato, interrompe la stesura del poema.
I luoghi sono fantastici, ma anche realistici, le vicende equilibrate. Si nota man mano una maggiore capacità di controllo della lingua, che appare come volgare padano, non contaminato dalla purezza del Bembo.
Matteo Maria Boiardo è un cuore semplice, un’anima nobile e il suo poema gli somiglia, "Orlando innamorato" è una lettura obbligatoria.
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