Pape Satàn
- Autore: Giovanna Bovenzi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
“Caterina voleva che tutto finisse e… non voleva che tutto finisse”
Tre figli la chiamano mamma. Che bello in tempi di natalità ridotta. Peccato che l’appena quattordicenne a mammina (in)felice non sia mai stata incinta e, soprattutto, che i tre ragazzini siano morti da oltre centocinquant’anni. Su questo non c’è dubbio, da quando il più grande lo rivela a Caterina. Apparizioni, spettri, fantasmi? O demoni? Gli dice anche che è morta pure lei, di inedia, come loro, sebbene dopo di loro. Uno scenario da paura? La passione di Giovanna (Jenny) Bovenzi per le storie di stregoneria era evidente fin dall’esordio in libreria. Ora l’autrice casertana passa ad argomenti escatologici più evoluti, nel romanzo “Pape Satàn” (Vertigo, Roma 2015, collana Approdi, 160 pagine 13 euro).
Lampedusa e Grottaminarda sono le location indicate nel testo. Ma mentre l’isola è indubbiamente… l’isola, il comune in provincia di Avellino è solo un avatar, in sostituzione del vero paese dove si è svolta questa vicenda presentata come autenticamente accaduta. L’autrice spiega di avere scelto degli pseudonimi per i personaggi, nascosti per esigenze di privacy ma anche su richiesta della stessa protagonista.
Una storia di visioni, di possessione? Il racconto è in prima persona. Caterina è una quattordicenne normalissima o normalmente complessata, fino al momento di entrare in un tunnel di paranoie visionarie e di probabili allucinazioni sensoriali, nel corso di una vacanza nel Mediterraneo col papà, che ha piantato la mamma per metter su casa con la segretaria, una cicciona prevaricatrice.
È a Lampedusa che vede con sorpresa un ragazzo in tutto e per tutto simile alle immagini di Cristo, ad eccezione dell’abbigliamento, eccentrico ma moderno. Dice di chiamarsi Jesus.
Poi arriva la triade dolente.
“Io sono Howard, lei Elinor, lui Walter. Siamo vissuti in Inghilterra. In quell’altra vita tu eri nostra madre, il tuo nome era Kathy. Eravamo benestanti, una famiglia felice, papà Richard era un ricco banchiere, ma nel 1860 tutto è cambiato ed è arrivata la nostra fine. Senza motivo, tuo marito e nostro padre ci ha buttato fuori di casa, disconoscendoci e rinnegando anche te. Da quel giorno, non sapevamo più cosa fare, dove andare e, soprattutto, cosa mangiare”
Come disperati vagabondi, avevano chiesto l’elemosina per strada, ma le offerte erano tanto misere che la tenera Elinor, la più piccola, aveva ceduto per prima. Non è bello morire di fame, a sette anni.
“Dopo sono morto io, poi è toccato a Walter e poi a te, mamma! Quando è successo, io avevo diciotto anni, mio fratello dodici e tu trentanove”
Al momento della morte, il loro destino doveva ancora compiersi, per questo sono stati rimandati a terminare il viaggio sulla Terra. Ora avranno tempo per completarlo, dice Howard. Che bravi, si presentano come angeli, ma non si direbbe, leggendo il seguito.
Una chiave di interpretazione è data dalla Bovenzi, nella “Nota al testo”, in coda, che sarebbe bene leggere il più tardi possibile. A questo punto, sarà la prima che i lettori andranno a cercare. Nella premessa, la sua “Introduzione” ha invece contenuti che si direbbero filosofici, secondo la materia cara alla scrittrice che vive a Sessa Aurunca (CE), approfondita nel suo corso di laurea presso l’università Federico II di Napoli.
La vita di Caterina è intralciata da fenomeni paranormali e la ragazza ne subisce pesantemente le conseguenze. Ma è perfino più dolorosa la ricerca della verità alla quale si dedica in maniera spasmodica. Che cosa vogliono quelli e chi sono o cosa sono?
Solo lei riesce a vederli, ma quelle presenze nella loro casa sembrano influenzare le sorelle, Sofia e Federica, che cominciano a non stare bene. Il fatto incrementa i sensi di colpa della ragazzina. L’esistenza è totalmente sconvolta, senza possibilità di porre rimedio alla situazione. La sua volontà è totalmente in mano ad “altri”, che per giunta
“sono spiriti dell’aldilà: ancora più inconcepibile”
Dentro di lei si scontrano la paura, la curiosità di sapere e la voglia di reagire.
“Un giorno ripudiavo quelle realtà, il giorno dopo cambiavo umore. Speravo inutilmente che quei demoni sparissero, poi desideravo ingenuamente che venissero da me. Tutto questo mi faceva sentire “diversa”, a volte stupida, ingenua, sfortunata; altre volte privilegiata rispetto al resto della gente, che non sapeva”
Voleva uscirne e poi non voleva uscirne…
“Se quelle anime erano dannate, come facevano ad avere la sfrontatezza di entrare in Chiesa? Come potevano stare lì ad ascoltare la Parola di Dio?”
Questo romanzo cancella molte sicurezze sulle apparizioni demoniache. E non è tutto.
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