Paraletteratura. Lingua e stile dei generi di consumo
- Autore: Laura Ricci
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Carocci
- Anno di pubblicazione: 2013
Come sempre è una questione di forma e contenuto, che una cosa è leggere i gialli di Fruttero & Lucentini un altro leggere i thriller che va scrivendo Giorgio Faletti. Sempre di narrativa pulp si tratta, però vogliamo tenere conto dello scarto stilistico? Padronissimo, uno, di non perdersi un’uscita di Stephen King ma da lì a paragonarlo a Poe ce ne passa. Inoltre: non è che il solo fatto di avere venduto vagonate di libri fa di Liala degna erede di Saffo, ma va anche detto che Liala medesima utilizza un vocabolario di diverse spanne superiore a quello impiegato in un qualsiasi Harmony dell’altro ieri. A guardar bene la solita questione aperta su cos’è letterario e cosa, invece, no. Davvero Fabrizio De Andrè ha nulla da invidiare a Giuseppe Ungaretti? e Walt Disney e Ugo Pratt ai maestri del colore? Resta il fatto che i generi popolari hanno contribuito all’alfabetizzazione di una buona fetta della popolazione nazionale: personalmente ricordo un falegname con la quinta elementare che non si perdeva un numero di Tex e Diabolik, e una sartina che parlava l’italiano povero di “Bolero” e “Grand Hotel”, che è sempre meglio di niente, non vi pare?
La linguista Laura Ricci utilizza per la prima volta il termine “tranchant” (lei italianizza, credo, scrivendo “tranchante") a pagina 113 del suo saggio dedicato alla lingua e agli stili dei generi di consumo (Paraletteratura, Carocci, 2013), aggettivo che - riferito ai personaggi della produzione "popolare" - meglio mi sembra sancire la demarcazione tra alto e basso letterari (insieme al grado maggiore e/o minore di stereotipia di psicologie, contesti, situazioni narrative). L’attuale tendenza all’omogeneizzazione qualitativa, appiattisce e confonde, se possibile, ulteriormente le cose. Come scrive la stessa Ricci, sul punto di tirare le somme:
“Negli ultimi anni il ventaglio di generi paraletterari si è talmente ampliato da rendere difficile semmai individuare l’esiguo spazio rimasto ai testi letterari in senso stretto: infatti mentre la letteratura patisce un calo di reputazione e vive fasi alterne di vigore e fiacchezza, la paraletteratura gode di ottima salute e di una buona tenuta commerciale, tanto più che l’affiancamento dell’editoria in formato digitale sembra maggiormente congeniale ai testi disimpegnati e alla fruizione più consumistica”.
Il fatto è che in materia di feuilleton si è passati da Salgari e Hugo a scrittori del calibro di Moccia e Dan Brown, e anche quel poco di valenza pedagogica rintracciabile fuori e dentro le pieghe della letteratura di consumo (gialla, nera, rosa, fantascientifica che fosse) è andata a farsi benedire. In ultima analisi: questo saggio affronta, una a una, tutte le questioni possibili (storiche, pratiche, teoriche, linguistiche) evocate e contigue al termine paraletteratura, ponendosi come un testo puntuale, accattivante, accessibile anche ai non addetti ai lavori, strutturato a cavallo dell’indagine stilistica e di genere. A prescindere dai convincimenti individuali un’utile radiografia sullo stato delle cose della letteratura al tempo della crisi delle idee.
Paraletteratura. Lingua e stile dei generi di consumo
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