Per mano nel buio
- Autore: Barbara Demick
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2010
L’amore, i più romantici fra di noi ne sono certamente convinti, nasce in qualsiasi situazione: anche in uno scenario ostile e problematico, in un Paese oppresso da un regime che para davanti alla vita di ogni giorno mille ostacoli, in uno stato di bisogno e indigenza, e tra classi sociali incompatibili fra di loro. In realtà l’amore non nasce “a dispetto” di tali situazioni, piuttosto “grazie” a esse: è proprio nei momenti più bui che uno sguardo intenso, il contatto di una mano o delle labbra, magari coronati dall’emozione del gustare un frutto proibito, possono inventare la gioia di vivere e la speranza anche in mezzo all’inferno. Nello scenario ancora oggi misterioso e inquietante della Corea del Nord, questo è quello che succede a Jun-sang e Mi-ran. Lui benestante, lei di famiglia modesta, si piacciono solo dopo due sguardi, e la piaga della totale mancanza di elettricità che rende le notti nordcoreane buie e spaventose è una benedizione per loro, che trovano nell’oscurità un mantello che protegge le loro lunghe, caste passeggiate fatte di conversazioni e strette di mano.
Questo libro, edito da Piemme nel 2010, sembrerebbe essere incentrato su di una tenera storia d’amore, vera o verosimile, descritta sullo sfondo della situazione politica e sociale di un Paese ancora poco conosciuto ai più. Ma spesso i riassunti sui risvolti di copertina possono trarre in inganno, e questo è uno di quei casi. Non si tratta, infatti, di un romanzo, o comunque di una verità romanzata, ma di un vero e proprio reportage che la giornalista Barbara Demick ha assemblato durante vari anni di visite (rigorosamente controllate) nella Corea del Nord e di conversazioni con alcuni profughi emigrati in Corea del Sud, fra i quali non solo Jung-san e Mi-ran, ma anche la Signora Song, incrollabilmente fedele al regime e in seguito completamente “convertita” al modello occidentale, sua figlia Oak-hee, la “ribelle” che è infine riuscita a portare la madre dalla sua parte, la Dottoressa Kim, anch’ella una “fedelissima”, che solo nell’espatriare ha capito fino in fondo quanto il suo Paese l’avesse tradita, e Hyuck, un “kochebi”, una “rondine vagabonda”, un orfano senza appartenenza e senza destino che è riuscito a rifarsi una vita solo approdando nella Corea del Sud. Storie di fede e di disillusione, di indigenza e carestia, che per noi suonano incredibili, ma sono uscite dalla viva voce di chi le ha vissute. Ogni storia ne trascina con sé molte altre, ogni profugo lascia dietro di sé una famiglia della quale difficilmente avrà notizia in futuro, andando incontro a chi lo aiuterà, a chi lo guarderà con diffidenza, a chi lo tratterà come un fratello e a chi lo considererà un immigrato che viene a rubare il suo lavoro. Solo la disperazione ha dato ai protagonisti di questo libro la forza di affrontare tutto quello che una fuga comporta. Oggi vivono tutti nella Corea del Sud, corrotti dal modello capitalista secondo coloro che li governavano, liberati e padroni della propria vita secondo loro stessi e chi li frequenta. La Corea del Nord è ancora un Paese chiuso e segreto. Per quanto?
Attenzione, quindi, potenziali lettori: questo non è, come potrebbe apparire, un romanzo sentimentale. E’ una storia d’amore, amore per sé stessi e per la vita, di forza che nasce dalle privazioni, di risveglio generato dalle mille domande che la vita sull’ultimo gradino fa nascere anche negli incrollabili seguaci dell’ideologia. Una lettura impegnativa, ma coinvolgente.
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