
Perturbamento
- Autore: Thomas Bernhard
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
Nella storia della letteratura, il numero di autori che hanno cercato di descrivere la propria generazione sono molti. Alcune volte sono state messe su carte vite che, seppur parzialmente, riuscivano ad analizzare sfumature, problemi e ideologie di ampi gruppi di persone. Tra questi è impossibile non citare David Foster Wallace con Infinite jest, Fëdor Dostoevskij con i Demoni ed Erich Maria Remarque con Niente di nuovo sul fronte occidentale. Attraverso queste tre opere si potrebbe ripercorrere una porzione significativa del pensiero umano, le sue sfaccettature e le sue differenze. Ed è esattamente in questa prospettiva che si potrebbe leggere Perturbamento (Adelphi, 1995, traduzione di Eugenio Bernardi) di Thomas Bernhard.
Disse che per me era una tristezza continua, quando lo accompagnavo, e che per questo motivo il più delle volte lui esitava a portarmi con sé nelle sue visite agli ammalati, perché sempre e infallibilmente risultava che tutto quello che lui doveva visitare, toccare e curare era malato e triste; [...] anche se questo mondo pretendeva o fingeva di essere sano, era pur sempre un mondo malato.
Il romanzo sin dall’inizio dichiara i suoi intenti; già nelle prime righe viene toccato il tema della morte, della cura e della rassegnazione. In pochissimo tempo il lettore è gettato direttamente all’interno della narrazione, come se desse accesso a uno spettacolo nascosto. Tutti i personaggi della prima parte sono legati da una sensazione di impotenza assoluta.
L’opera, composta da poco più di duecento pagine, racconta soltanto una giornata, poco meno di ventiquattro ore trascorse a visitare pazienti. Tramite ciò Bernhard ha la possibilità di sbizzarrirsi e, con stili di scrittura diversi, mette in scena tragedie lontanissime tra di loro. Tutti servono al romanzo per descrivere un punto di vista, un’idea, un disagio, una difficoltà; ogni stanza sembra sempre asfissiante, ogni respiro potrebbe essere l’ultimo. I protagonisti vengono attraversati da drammi esistenziali, drammi che investono una generazione nata dalla Seconda Guerra mondiale, drammi di una generazione tradita dalla svalutazione di alcuni ideali. Coloro che sono in Perturbamento sembrano in balia di una tormenta, impossibilitati a reagire, circondati da un mondo che corre molto più veloce di loro e che non si guarda mai indietro. Ciò che fa il medico è proprio controllare cosa sta accadendo a quelle persone, analizza la salute dei loro corpi e vaglia quali sono i loro limiti.
L’altra metà del testo, nonostante percorra lo stesso tracciato, non dà più la possibilità di parola a vari punti di vista, ma concede la libertà d’espressione a uno solo: il principe Saurau. I drammi familiari dei protagonisti, la lotta contro il tempo per decretare la vita o la morte di una persona o il racconto degli ultimi giorni di una donna gravemente malata che ricorda i suoi rimpianti, lasciano spazio a un lungo monologo di un centinaio di pagine. In quel capitolo a fare da padrone è un misto di sensazioni che trasportano il lettore in un vortice di follia e malinconia.
Il passato del principe, il suo rapporto col padre e con la famiglia in generale, diventa l’argomento del romanzo. Il marcio dei personaggi viene messo in mostra, le loro virtù non vengono mai esplicitate, quasi come se non esistessero, come se fossero uomini e donne fatti di soli vizi. Ognuno ha sempre da ridire su qualcun altro, le loro volontà sono sempre tradite, le aspettative disattese e le promesse non mantenute. In questo contesto Saurau si libera di tutti i suoi pensieri, come se fosse il suo testamento filosofico: tutte le sue idee vengano consegnate al ventunenne figlio del medico. La sua è una disamina, seppur folle e a tratti distaccata dalla realtà, di ciò che lo circonda, dalla paura che il suo lavoro possa essere svalutato, dal forte sentimento di apatia per quello che gli succede e dal suo grande amore per la natura che è quasi come se lo tenesse in vita.
All’improvviso mi accorgo che sto marcendo di minuto in minuto, sento che marcisco, lo sento e voglio andare via da questo posto, perché all’improvviso ho preso coscienza che questo è un posto dove uno marcisce, ma è troppo tardi. Non riesco più nemmeno a gridare il mio nome, ma mi sento soffocare.
Perturbamento di Thomas Bernhard, nonostante possa essere un’opera ostica, è certamente un libro da leggere. La forza con la quale i suoi protagonisti evidenziano le loro fragilità, le loro storture e i loro indubbi errori sono il prodotto di una lunga analisi che garantisce, al suo lettore, un romanzo figlio della migliore letteratura del XX secolo.

Perturbamento
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