Piccolo alpino
- Autore: Salvator Gotta
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2006
Il romanzo per ragazzi Piccolo alpino (Mursia, 2006) di Salvator Gotta, all’anagrafe Salvatore Gotta (Montalto Dora, 18 maggio 1887 – Rapallo, 7 giugno 1980) fu pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 1926. Dal volume venne tratto nel 1940 l’omonimo film diretto da Oreste Biancoli, mentre nel 1986/1987 è andata in onda su Rai 1 la miniserie Mino - Il piccolo alpino, con la regia di Gianfranco Albano.
“La mattina del 24 dicembre del 1914, un piccolo gruppo di persone saliva su per la strada del Gran San Bernardo. Quelle persone erano il signor Michele Rasi, bell’uomo forte e robusto, di una quarantina d’anni, la signora Ebrica sua moglie e suo figlio Giacomino, un ragazzetto di dieci anni, bruno, tozzo, coraggioso camminatore”.
Lungo la marcia verso l’alta quota, una terribile valanga si era abbattuta sulla famiglia e Mino, certo che i suoi genitori fossero rimasti sommersi dalla neve, ne piangeva la morte. Dopo aver camminato per svariati chilometri, Mino aveva trovato rifugio in una casa isolata nella quale viveva una famiglia di contrabbandieri.
Il ragazzino aveva fatto amicizia con Rico, il figlio di Bastian e Rita, contrabbandieri senza scrupoli, che avevano accettato la presenza di Mino a patto che quest’ultimo avesse intrapreso lo stesso loro illegale mestiere. Quando nel 1915 l’Italia era entrata nel conflitto mondiale, Rico aveva ricevuto l’ordine di mobilitazione negli Alpini. Mino e il cane Pin avevano seguito Rico ad Aosta, dove il ragazzino, anche per la sua triste storia, sarebbe diventato subito la mascotte della brigata alpina.
“Il sarto del battaglione gli adattò alla meglio una giubba e un paio di pantaloni grigio-verde, gli fu messo in testa un cappello all’alpina, con tanto di penna d’aquila da un lato. E Giacomino, guardandosi nello specchio, ebbe la soddisfazione di credersi un piccolo soldato”.
Il piccolo alpino non avrebbe avuto paura nell’affrontare una serie di pericolose avventure sul fronte del Carso nel corso della Grande Guerra. Ed è anche per questo che il volume ottenne un grande successo, facendo diventare subito il piccolo alpino un simbolo nazionale.
Laureato in giurisprudenza, già autore de Il figlio inquieto (1917), Gotta, tornato dal fronte della I Guerra Mondiale alla quale aveva partecipato come ufficiale di artiglieria, trasse ispirazione dall’esperienza bellica per il suo romanzo più amato, dedicato “al mio Massimiliano perché impari a non aver paura della guerra”, narrando le vicissitudini di un piccolo grande uomo, Giacomino Rasi, il quale, rimasto senza madre e padre, viene “adottato” dagli Alpini, che stanno difendendo i confini della Patria sul Carso.
Il romanzo, ambientato tra il 1914 e il 1918 e redatto in un’Italia dove era ancora forte la memoria della Grande Guerra, è stato ingiustamente dimenticato, forse perché il prolifico Gotta non solo era un entusiasta fedele del Duce Benito Mussolini, ma soprattutto perché nel 1925 l’autore aveva scritto Giovinezza, il testo dell’inno ufficiale fascista.
Adesso, a distanza di quasi un secolo dalla pubblicazione, fa piacere leggere un romanzo “deamicisiano” per giovani lettori, ricco di valori quali amor di patria, famiglia, amicizia ed eroismo, che non andrebbero mai dimenticati. Soprattutto considerando il drammatico momento che in Italia stiamo attraversando.
“La medaglia d’oro che splende sul petto di Giacomino è, oltre che un simbolo di gloria, un simbolo di speranza: la Patria fonda le sue più alte speranze su voi, o Fanciulli d’Italia”.
Piccolo Alpino
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