Più lontano di così
- Autore: Lucrezia Lerro
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2019
Leda Linzio è la voce narrante, potente e introspettiva, del romanzo "Più lontano di così" di Lucrezia Lerro, uscito a giugno per La Nave di Teseo. È Leda infatti a raccontare della sua infanzia non facile, povera e sofferta, trascorsa in un paese del Sud d’Italia, a dieci chilometri dalla base NATO del Montedieve. Orfana di madre, cresciuta con la nonna e il papà nel ricordo costante (fino all’ossessione) dello zio Luigi – la cui fotografia ha sempre campeggiato sulla parete della camera da letto – caporale dell’esercito, morto in giovane età, assassinato a colpi di pistola a Roma; zio che diventa la sua “Dalia nera”.
Ognuno ha la sua dalia nera e la mia è Luigi Linzio. Era Elizabeth Short la Dalia Nera, assassinata nel gennaio del 1947, all’età di ventitré anni, negli Stati Uniti. Perché? A chi aveva potuto far male una ragazza che amava con le sue ambivalenze la vita? Né troppo vicina né troppo lontana la sua storia per lasciarmi indifferente.
Alle prime normali domande che fa in casa su di lui ottiene solo risposte vaghe e spesso contraddittorie. Ma poi la curiosità va aumentando e decide che è arrivato il momento che qualcuno dia una memoria a quel parente rimosso più per difesa che per mancato amore. Il lutto infatti non è stato ben elaborato e la nonna in particolare perderà il senno dal troppo dolore.
Così quando Leda negli anni Novanta appena maggiorenne, emigra come molti al Nord per cercare fortuna, non lascia dietro di sé gli strascichi di quell’infanzia; ragazza timida e insicura che chiede scusa e ringrazia per qualsiasi cosa “anche per ciò che non ricevo gratuitamente, perché tutto ha un prezzo, compresa l’infelicità” parte dunque portandosi appresso quella fotografia.
Il suo sarà un lungo viaggio esteriore e interiore, per tentare di dare un senso alla propria vita e a quella dello zio e per capire cosa sia successo e perché è stato ammazzato in quel modo così atroce. Chiede autorizzazioni, studia il caso, consulta documenti e fascicoli, osserva con attenzione indagatrice le foto a disposizione.
Lucrezia Lerro porta il lettore con questo escamotage ad affrontare un percorso all’interno delle zone d’ombra della mente umana. Oltre ad essere una scrittrice – con il suo primo lavoro Certi giorni sono felice è stata finalista al Premio Strega 2006 – è anche una poetessa, ma ha studiato Scienze dell’educazione e psicologia.
Il viaggio come scoperta di se stessi, il contrasto nord-sud come metafora delle intime e personali crepe dell’anima e dello spirito, la memoria come base fondante per il cammino di ciascuno di noi, sono i veri argomenti narrativi. Il mistero, o comunque una parte di esso, si disvela da subito – sappiamo già dalle prime battute del libro il nome di colei che ha premuto il grilletto – col risultato di essere solo funzionale alla storia.
Durante la lettura è facile domandarsi perché abbiamo paura, da dove nascono le nostre angosce, quanto ci influenzano le opinioni altrui, in primis quelle di chi ci è più caro e che in ogni famiglia c’è qualcosa di non realizzato, che siano dinamiche distorte o segreti da nascondere e ancora, perché è così difficile staccarsi da certi meccanismi. La psiche è complessa e l’autrice ha usato le proprie conoscenze per portare alla luce tali meccanismi (riuscendo efficacemente nell’intento) attraverso una scrittura criptica e asciutta, proprio come alcuni circuiti mentali.
Infine, come specificato anche in esergo del testo e che rende il romanzo ancora più interessante, è il fatto che l’uccisione del soldato è un caso di cronaca realmente accaduto nella Capitale, il 4 Dicembre 1951.
Più lontano di così
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