Pronti a credere. I fantasmi invadono Torino
- Autore: Maurizio Garzara
- Genere: Horror e Gotico
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Da giocare con gli spettri a trasformarsi in Acchiappafantasmi ci vuole un attimo, a Torino e in un romanzo, con un po’ di leggerezza e non senza apprensione. La città è la capitale conclamata dell’esoterismo in Italia, l’altro è uno spiritoso horror da divagazione, che non si prende troppo sul serio e se mette paura a qualche protagonista, provoca soltanto brividi leggeri nei lettori e strappa perfino qualche sorriso. Maurizio Garzara, grande appassionato di paranormale e telefilm anni ’80, firma Pronti a credere. I fantasmi invadono Torino, pubblicato con ogni cura grafica nel 2019 dalla casa editrice torinese Pathos (304 pagine).
È doveroso dire qualcosa di più sull’autore, prima di accennare alla vicenda narrata e ai protagonisti di questa storia di tenebre grigie più che nere, alla maniera di Ghostbusters (ricordate la serie di film-commedie ricchi di effetti speciali e spettri irresistibili?), pellicola di culto richiamata sulla copertina colorata e fantasmatica del nuovo volume: uno spirito bianco con tanto di lenzuolo, che non farebbe paura nemmeno al più fifone dei fifoni.
Maurizio Garzara è un quarantacinquenne nato sotto la Mole e trapiantato in provincia di Cuneo, fan sfegatato e agiografo ufficiale della serie televisiva Supercar, l’autovettura computerizzata parlante, pilotata dal gigantesco David Hasselhoff, che si batteva contro il male in varie forme. Ha debuttato nel mondo letterario con La vendetta di Cesare, nel 2017, per un altro editore e già prima di andare nelle librerie con questo secondo volume, la sola bozza aveva ottenuto il premio letterario Trappolino d’oro, nel Festival del fumetto Cartoocomics 2018, a Milano.
Ma veniamo ai primattori del romanzo, non pochi; una banda di acchiappa spettri, in particolare due studenti universitari curiosi che non esitano a darsi allo spiritismo casalingo, tanto per vedere che succede: l’amica Pàmela, che svolge uno stage accademico nel Museo egizio (il peso dell’antica civiltà e dei suoi misteri è impressionante nello sviluppo della trama), e un inventore di aggeggi cattura-fantasmi, Edoardo, che deve le sue creazioni strampalate e neglette dalla scienza ufficiale alla passione-attrazione-devozione per il primo Ghostbusters, appunto, una vera dipendenza scientifica e intellettuale dal film.
Fanno da contorno medium capaci (Leonor su tutti e tutte) e pasticcioni che giocano scherzi, muovendo calamite da frigo sotto le tavolette ouija, ma che finiscono vittime terrorizzate dei fenomeni spiritici scatenati dal loro improvvido giocare a evocare presenze e messaggi dall’aldilà.
Aggiungiamo una setta, società o congrega occulta che cerca di riportare in vita (non proprio) e in carne e ossa (nemmeno per sogno) un faraone del tempo egizio che fu. E mettiamo tutto all’interno di una delle tre città ai vertici del triangolo europeo della magia (Torino, Lione, Praga), su cui si raccontano leggende e che sembrano ospitare fenomeni esoterici legati tanto a vicende del passato che a luoghi del presente, caratterizzati da un’atmosfera misteriosa, se non proprio un’aura gotica.
E pensare che tutta la vicenda — da far rizzare i capelli, ma tanto per sorridere — nasce da una scatola di cartone. Custodisce un dispositivo fantastico ma spettrale, una tavola ouija, un aggeggio inventato nel 1800 per facilitare le evocazioni spiritiche. Avete presente il gioco del piattino, con gli indici degli astanti puntati verso lettere dell’alfabeto e numeri disposti intorno? Proprio quello, ma in modo più organizzato.
I partecipanti alla seduta medianica poggiano delicatamente il dito sull’indicatore presente sulla tavola ouija e qualcuno rivolge domande all’entità che dovrebbe comunicare coi presenti dirigendo velocemente la punta verso lettere, numeri, un Sì e un No, compitando frasi di senso compiuto (sembra che il nome possa essere derivato da oui e ja, sì in francese e in tedesco). In più, occorre un medium, quanto meno un facilitatore dei contatti, oltre ovviamente a uno spirito disposto a farsi interrogare e a fornire risposte comprensibili.
La tavola comprata da Marco in un mercatino dell’antiquariato e che una sera cerca di attivare, insieme a due conoscenti, gli studenti Leo e Matteo, è un bell’oggetto in legno di quercia, con lettere e numeri incisi, non stampati. Ben altro, rispetto a una replica in plastica, da supermercato.
I tre ragazzi poggiano il dito sull’indicatore. Leonardo anticipa tutti, rivolgendo ad alta voce la domanda fatidica se ci sia uno spirito che intenda interagire con loro. E l’indicatore prende a vibrare…
Marco frena lo stupore, svelando d’avere provocato per scherzo il fenomeno, con una calamita appoggiata sopra il ginocchio, ma l’indicatore torna a vibrare di energia propria e nella stanza si materializza una presenza spaventosa, con un lampo di luce e una voce terrificante: “Steeec!”.
Cosa significa? Perché la tavola “vive”? Perché l’indicatore diventa incandescente?
Potrà rispondere il trentenne Edoardo dottore in scienze metafisiche? E che cosa rischia, ora, Torino?
Pronti a credere. I fantasmi invadono Torino
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