Quartetto di piombo per Margherita
- Autore: IndiMondi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Una marea di personaggi per una moltitudine di autori. IndiMondi è un collettivo di scrittura, ben quindici firme maschili e femminili, che prima di Quartetto di piombo per Margherita (Giraldi, 2018) ha già pubblicato con la casa editrice bolognese Trailer. 7 giorni di cinema a San Lazzaro nel 2014 e Hotel de Ville nel 2018.
Detto che la compagine autoriale deriva da un laboratorio di scrittura gestito da un provato maestro d’orchestra letterario qual è Gianni Cascone, è ovvio interrogarsi su come si possa realizzare tanto in tanti, lavorando in gruppo e arrivando a un prodotto finito assolutamente in regola, un buon noir. Di certo, da trenta mani non è venuto fuori una specie di Frankenstein narrativo, non si notano affatto suture di contributi diversi, segno che i suggerimenti di Cascone hanno dato ottimi frutti. D’altra parte, IndiMondi non è il suo solo scrittore plurale. Oltre a quello di San Lazzaro di Savena, altri due collettivi sono derivati da altrettanti laboratori di scrittura creativa: gli Immagici di Pistoia e i Banchero di Taggia, per un totale di trentasette cervelli pensanti e scriventi.
Anche i protagonisti della vicenda raccontata dalla moltitudine di creativi bolognesi sono tantissimi, a cominciare della banda dei quattro. Il passato ritorna nella vita di adulti diversamente penalizzati da vicende personali e familiari. Chi non si è mai realizzato, chi si batte contro un fisico che non ne vuol sapere di restare giovane nonostante l’’intensa pratica sportiva, chi ha un figlio che non è l’angelo sognato, chi vive una gestione complicata del ménage coniugale, con amante a carico.
Nella trama del romanzo, in bilico tra ieri e oggi, i lettori si fanno strada attraverso la testimonianza di Margherita Mattei, studentessa di violino e figlia del commissario Galeazzo, capo della Digos di Bologna, la divisione politica della Polizia, detto l’Aguzzino, solerte repressore del Movimento studentesco felsineo negli anni della contestazione giovanile. “Punire i sovversivi ristabilire l’ordine”: il mantra del servo inflessibile dello Stato lo ripete la figlia, che scopriamo vittima di un sequestro una domenica del 1976, prima di fare la conoscenza dei quattro, vent’anni più avanti nel tempo.
“Rana”, Marco Ranuzzi, è un grigio professore di scienze a Bologna, aspetta un bimbo, il primo, dalla bella moglie tanto più giovane. “La Triba”, Valeria Tripodi, è consigliere regionale nel Pirellone, fanatica della forma fisica, in ansia per l’inchiesta sulle spese pazze che agita la Regione Lombardia, anche se lei non ha fatto “stronzate” con i soldi pubblici, solo trasferte per le riunioni di partito a Roma e spese documentabili e ammesse. Licia Cavallo, “La Mula”, a Genova è un’avvocatessa di successo, ma nella vita privata una madre e moglie sull’orlo di una crisi di nervi: la nicotina aspirata in quantità industriale non ha il potere di cambiare la realtà e soprattutto il carattere impossibile del figlio. E se “Tex”, Wilmer Codeluppi, è leader dell’industria calzaturiera di Pesaro, i guai li deve alla passione insana per gli accessi e al caratteraccio.
Nelle vite dei quattro, il passato ricade come un macigno, nella forma di una busta indirizzata a ciascuno, con una sigla delle iniziali di un altro: MR, VT, LC, WC. All’interno, un articolo del quotidiano bolognese il Resto del Carlino, datato 17 aprile 1976. Vi si legge di un’operazione di polizia nel territorio di San Lazzaro di Savena, in relazione al sequestro di Margherita Mattei, figlia del commissario, rapita venticinque giorni prima. Le forze dell’ordine sono certe d’essere arrivate nel luogo in cui la ragazza è stata tenuta prigioniera. Una casetta rurale in una zona defilata e boschiva, dove difficilmente si può essere visti.
Quelle buste gettano il panico tra i nuovi quattro, persone completamente diverse dagli ex ragazzi e ragazze del Movimento degli anni di piombo. Tutti hanno da perdere se viene fuori quella storia. Non se la caverebbe Tex, allora attaccato più alla bottiglia che alla politica, ma pur sempre legato a quel gruppo d’azione. Valeria ne sarebbe rovinata, lei ch’era il cervello, l’anima politica che incitava a lottare contro il sistema per cambiarlo con la forza.
Rana non ha una posizione minacciata, però rischia di rimetterci famiglia e figlio. Tuttavia, è turbato e sente di dover vedere l’Aguzzino, ricoverato in una clinica. Dalla sedia a rotelle, lo sguardo del commissario Mattei è ancora tagliente. Lo fissa, lo accusa con tutte le sue forze. Dice di aver sempre saputo di loro. Nella camera irrompe una figura con pistola, intima autoritariamente a Ranucci di andare via. È una suora, che lo accusa di aver commesso un crimine, inducendo in errore la consorella alla reception: è nuova e non sa che nessuno deve raggiungere il commissario se non accompagnato da lei, suor Caterina, la direttrice.
La pistola è una messinscena per calmare Mattei. È a uno stadio avanzato di Alzheimer, imputa con rabbia la responsabilità nel sequestro della figlia a tutti quelli che gli vengono a tiro. Riesce ancora a essere anche molto violento: lancia a terra il cuscino, per aggredire chi si avvicina a raccoglierlo. In quei momenti sviluppa una forza incredibile.
Dimenticavamo Licia, il suo prestigio finirebbe in pezzi. Tanto tosta all’esterno, aveva e ha dentro di sé più dubbi che certezze.
Buona questa prova narrativa di tanti, proprio buona: Quartetto di piombo per Margherita si legge bene, è piena di momenti suggestivi, alla ricerca di chi ha mandato l’articolo è perché.
Poi c’è l’Africa. E che c’entra l’Africa?
Quartetto di piombo per Margherita
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