Quattro racconti
- Autore: Vito Campo
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
“Quattro racconti” si intitola il libro di Vito Campo che, dato alle stampe nel dicembre del 2016 per i tipi della casa editrice Operaincertalibri di Roma, narra molto della quotidianità e lo rivela scrittore moderno. Infatti, le narrazioni sono costruite con felici strategie combinatorie a partire dall’uso del tempo presente che immette il lettore in un contatto immediato e diretto con le vicende; il passato invece viene riservato ai flashback con la funzione precisa di dare concretezza al contesto attraverso la tecnica del racconto nel racconto come nelle matrioske russe.
Chi legge si sente immediatamente coinvolto nel narrato grazie alla prima persona tipica del genere diaristico; si sente accanto ai personaggi come un compagno di viaggio; scopre i luoghi, apprendendo i fatti insieme con loro, vede le cose con i loro occhi e aderisce intimamente agli eventi.
È bravo Vito Campo a intrecciare con flessibilità e disinvoltura i diversi piani espositivi: destruttura il tradizionale percorso cronologico di tipo lineare e si assenta dalla trama come se volesse soltanto osservare lo strano miscuglio di bene e di male dei suoi personaggi, come se volesse tacitamente suggerire che tutti hanno diritto di essere compresi: ciascuno con il proprio fardello di desideri, di frustrazioni, di solitudini. Egli vede e racconta, è la voce nascosta dei suoi personaggi che agiscono senza essere giudicati pur covando rancori e drammi. Perciò, li visualizza come nei fotogrammi d’un film e specificamente fa scorgere e sentire l’inquietudine che origina l’incontro della vita con la morte. Mano a mano che si va avanti nella lettura che scorre come un film, la mente si colloca simultaneamente in più spazi, ne ricava fatti e dettagli ed elabora una mappa cognitiva ed emozionale. In sostanza, il lettore quando legge si costruisce un proprio percorso di collegamento e decifrazione, andando avanti e indietro con una curiosità continua e ininterrotta. La dote di Vito Campo, che spicca per inventività, versatilità e tenuta di rendimento, è quella di avere una varietà di strategie compositive e di saperle padroneggiare tenendo sempre desto l’interesse. Non si avvertono stacchi rispetto al fluire della narrazione: l’alternarsi dei tempi e dei luoghi in un’atmosfera di suspense, il senso dell’inaspettato, il lessico dall’andamento lento e veloce, affine al parlato e con frasi brevi, rendono ammalianti questi suoi racconti.
Nessuna parola è superflua neanche quando lo sguardo si sofferma sui particolari e nessuna parola, in linea di massima, è sovrabbondante nel rendere concreti una variegata gamma di stati d’animo quali lo stupore e la decadenza, la tenerezza e il tradimento, l’abbandono al piacere sessuale, sentito nelle diverse sfaccettature dalla mania all’ossessione, la gelosia, nonché il pensiero della morte connesso con il male di vivere che turba e sconvolge . Un’oscura fonte di malvagità non riesce però a mettere in ombra una qualità fondamentale della relazione dell’umana sensibilità: la pietas, cioè una sorta di compassione che junghianamente tiene unite la morte e la vita. Sono questi vissuti abbastanza veri e attuali, appunto perché Vito Campo non ha scritto racconti elegiaci. Al contrario, essi inquietano e parlano di quello che il perbenismo borghese vorrebbe dimenticare.
Egli così destruttura l’idea di un ordinato universo familistico, lascia la divisione tra la sponda della sicurezza coniugale e quella di un fuoco che non si spegne mai, entra nello spazio delle contraddizioni, mostra una sensualità prorompente, attingendo ai cinque sensi, e combina con accortezza psicologica tutta una serie di indizi che preparano alla scena finale.
Qui i personaggi, tutti, che hanno passioni intense, si misurano ad ogni pagina con la complessità labirintica della psiche, ondeggiante tra vuoto e angoscia. Si profilano come figure indimenticabili, concrete nella loro fragilità dettata anche da limitazioni esterne; sfuggono alla possibilità duratura di una relazione coniugale; si consumano nelle loro stesse passioni ed escono sconfitti non avendo potuto scorgere, tranne qualche eccezione, un sentimento illuminante e salvifico.
In tutto questo agisce la migliore tradizione della narrativa siciliana, trovandosi gli umori di Brancati e di Patti, di Camilleri e di Gesualdo Bufalino, di Verga e di Pirandello. Nella sua succosa prefazione Saro Distefano, mettendo in evidenza le qualità del fotografo Vito Campo che si riversano nella sua scrittura, fa giustamente riferimento alle ascendenze della grande letteratura nordamericana, ma è anche a Kundera che va rivolta l’attenzione sia per alcune tematiche, quali le paure dei legami familiari e il timore dell’abbandono, sia per la suggestione a far diventare la scelta come un trionfo dell’attimo presente. Ebbene, fra le ragioni che giustificano la scelta di “Quattro racconti”, io credo che queste possano bastare e servire, spero, da orientamento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quattro racconti
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