Ripensare la politica
- Autore: Non disponibile
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
Il volume Ripensare la politica (Edizioni ETS, Pisa 2019, pp. 264, €25) è un’interessante raccolta di saggi, curata da Emanuele Profumi e Alfonso M. Iacono, che ruota intorno all’analisi delle forme di partecipazione diretta e deliberativa. Queste sono considerate centrali per destrutturare l’egemonia culturale del pensiero liberista che sta riuscendo, quasi incontrastato, nell’arduo compito di far scomparire il passato e il futuro all’interno di un eterno presente sempre più liquido.
La cultura oggi egemone relega l’utopia nel dimenticatoio dei tempi passati, poiché, come sostenuto da Mark Fisher “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”.
L’omologazione della post-democrazia si realizza tramite l’imposizione di risposte già preconfezionate dall’unidimensionalità del pensiero globalista. I meccanismi che determinano questa imposizione, sempre meno percepibili e sempre più sofisticati, contribuiscono alla perdita della nostra autonomia. Tutto ciò rinforza l’ideologia del modello aziendalista che tramite egoismo e competizione affianca bene le dinamiche di alienazione che tanto caratterizzano la nostra epoca. Come evidenziato da Iacono:
siamo connessi e isolati. Le comunità virtuali che ci legano al mondo in modo attraente e vertiginoso crescono però a scapito dei legami sociali e delle comunità reali e territoriali. Siamo tutti qui e altrove simultaneamente, ma non troviamo più il tempo per stare con noi stessi e con gli altri. La connessione globale convive con la solitudine e la depressione.
La critica alle spietate leggi della globalizzazione è pure al centro del saggio di Serge Latouche dal titolo La decrescita come progetto metapolitico, anch’esso presente nel volume. Siamo davanti a un grave pericolo, ci dice il teorico francese, poiché “sostituendo la razionalità tecnica, e soprattutto economica al sacro, abbiamo perso il senso, o meglio, il buon senso…”. Latouche non ha dubbi, uno dei più grandi problemi dell’attuale modello politico occidentale è la dismisura.
Solo in un mondo organizzato su piccola scala sarà possibile il riconoscimento dei tanti piccoli mondi che ognuno di noi porta con sé e una partecipazione diretta alla vita della società. Non si tratta solo di preservare specie animali e vegetali, che pure il modello neoliberista espansionista minaccia con sempre maggiore insidiosità, ma di riconoscere i diversi modi d’essere del mondo. L’universalismo globalista ha omologato in nome dell’uguaglianza. Ma se l’uguaglianza è una condizione sociale, l’omologazione è un obiettivo del totalitarismo del potere capitalista.
Il teorico francese ci ricorda che già oggi esistono molte realtà che stanno scardinando la grande narrazione della globalizzazione, come le slowcity, una rete di città medie che limitano volontariamente la loro crescita demografica a 60.000 abitanti, poiché oltre questa cifra diviene impossibile rispettare il locale, o la Rete del Nuovo Municipio, associazione che propone pratiche di partecipazione diretta come i bilanci partecipativi.
Seguendo lo spirito che muove queste esperienze:
il locale non è un microcosmo chiuso, ma un nodo di una rete di relazioni trasversali, virtuose e solidali, che cercano di sperimentare pratiche di rafforzamento democratico capaci di resistere al dominio liberale.
Per il teorico della decrescita è inutile pensare di apportare piccole modifiche al modello produttivistico espansionistico nel quale ci hanno abituato a vivere, ma occorre, invece, ripensare le modalità organizzative della società. Non ci si può limitare a proporre piccoli accorgimenti per tamponare un modello che ha nell’alienazione e nell’eteronomia i suoi pilastri fondamentali. È necessario rimettere al centro la convivialità, la cooperazione e la frugalità riorganizzando i momenti del politico intorno alla dimensione del locale, unico spazio in cui le persone possono esprimersi e partecipare realmente alla vita sociale.
L’intero saggio di Latouche è caratterizzato dal fatto che l’autore non si limita al confronto con la realtà, quella della globalizzazione neoliberista, senza sforzarsi di guardare la sua dinamica evolutiva. Non si sofferma solo sul qui e ora, ma prova a tracciare un quadro dello scenario futuro verso il quale il modello: “occidentalocentrico” ci conduce. Proprio da questo sforzo scaturisce la convinzione della deriva totalitaria e terrorista del sogno universalista, poiché:
La realizzazione del progetto d’autonomia attraverso la fuga in avanti tecnoscientifica, in effetti, è transumanismo, ovvero diserzione del pianeta attraverso la fuga nel cosmo.
Comprendere l’orizzonte della società della crescita, sia questa capitalistica o socialista è bene sottolinearlo, significa dunque prima di tutto capire l’urgenza di un’inversione di rotta. Occorre, infatti, ragionare su un progetto alternativo all’affermazione assoluta del modello tecnoscientifico. Progetto alternativo è questo quanto suggerito anche da altri saggi contenuti nel libro Ripensare la politica rispetto al quale localismo e democrazia diretta rappresentano punti cardinali la cui realizzazione è sempre meno rinviabile.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ripensare la politica
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