Romanzodamorenero
- Autore: Maria Paola Spurio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2012
“Varco la soglia, quando mi volto, vedo che dietro di me, ad ogni passo, scorre lieve e delicata una scia di parole: Dea perfetta, immacolata concezione, vergine santa, martire innamorata, povera illusa”.
Capitoli brevi, frasi incisive, dialoghi introspettivi, scrittura densa, stati d’animo come fiumi in piena, pensieri profondi, emozioni intense, parole che ti affettano il cuore, sessantasette pagine di ricerca introspettiva. Infanticidio, pedofilia, amore violento, una donna presa e abbandonata più volte, un uomo vittima e carnefice allo stesso tempo, streghe che predicono, profetizzano, fanno da madre. Questo è il secondo libro della giovane scrittrice Maria Paola Spurio, dal titolo “Romanzodamorenero” (L’erudita, 2012).
Nel romanzo breve ma carico di tensione e pieno di pathos, l’io narrante, di nome Giulia, forse la stessa autrice, si racconta o meglio si psicanalizza in un infinito flusso di pensiero, iniziando da un terribile stupro subito a nove anni, attraversando gli anni dell’adolescenza con l’ossessione del suo volto della sua voce, del suo odore, del suono del suo respiro, o di una sua telefonata che non arriva mai, passando più tardi a sognare un matrimonio con l’abito da sposa di pizzo nero, nero come la morte, perdendo improvvisamente litri e litri di liquido rosso e denso, mettendo comunque alla luce un “esserino violaceo ricoperto di melma”, che lei non vuole, non accetta, desiderando l’amore, cercando l’amore, rincorrendo l’amore e trovando solo indifferenza, paura, violenza. Crescendo impastata di lacrime, con la testa piena di silenzio, le mani tremanti, il ventre rigido, d’altronde, lei stessa era nata da una violenza subita da una madre, cresce Sara, sua figlia, da sola, con mille problemi e infinite complicazioni. Forse è per tutto questo che “solo il desiderio di morire” la placa. E forse per tutto questo che
“ha imparato a separare il corpo dalla mente e imparato a sognare, a elevare il pensiero sopra di ogni cosa”.
Dietro questa donna, che vive la sua vita nel disperato tentativo di ricevere amore, c’è un uomo, che porta i capelli lunghi e grigi, una maschera sul volto, che ha mani grandi e che a volte la prende in braccio e le fa il bagno altre, invece, va via quando la prima lacrima le solca il viso. Il loro amore è, proprio come lo descrive lei stessa nell’epilogo, una casa-gabbia senza porte, senza finestre, “il preavviso di una tomba” e in un ultimo disperato tentativo di capirlo di entrarci in empatia, Giulia disegna sulle pareti linee regolari di una porta e di una finestra, ma mentre il cielo irrompe nella stanza-cubo, lui rimane immobile. Eppure è proprio lui quel “carnefice” che la libera dalle streghe opprimenti, riconsegnandole il suo nome, simbolo della sua identità, e con esso anche il volto di sua madre e di sua figlia.
Dilatato nel tempo e nello spazio, il secondo romanzo di Maria Paola Spurio è la confessione del dolore e della passione di una donna sola.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Romanzodamorenero
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Sono impressionato dalla bellezza di questa recensione. Ma quanto leggi? Dove trovi il tempo? Complimenti