Se non è ancora felicità
- Autore: Francesca Romana de’Angelis
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Un anno speciale, il 2000, che apre il nuovo millennio e che promette qualcosa di davvero nuovo. È il trentesimo anniversario degli esami di maturità che la classe III A di un liceo classico del centro di Roma si appresta a celebrare con una cena da Ulisse, il ristorante di via Ferrari, vicino piazza Mazzini, dove si era svolta la stessa cena dei compagni di classe dopo gli esami, nel 1970.
Questo lo spunto narrativo di cui Francesca Romana de’Angelis si serve per raccontare, in "Se non è ancora felicità", in venti brevi racconti tutti intrecciati fra loro, le vicende che si erano svolte allora, le dinamiche di classe, i rapporti con gli insegnanti, le amicizie, i contrasti, le esclusioni che avevano caratterizzato quei tre anni passati insieme, all’indomani del ’68, in un quartiere borghese della capitale.
La scrittrice riesce però con un occhio attento e partecipe, a svelare cosa si nascondeva dietro le ore della mattina, quelle trascorse in classe, in ciascuna delle vite dei protagonisti di questo struggente romanzo della memoria. Ragazzi che avevano diciotto anni, pieni di speranze e di progetti, ora sono quasi cinquantenni, alcuni realizzati, altri delusi, altri ancora sconfitti. Clara e Teresa che hanno messo su una sartoria e lavorano insieme, sono le promotrici dell’incontro che li farà ritrovare tutti: alcuni verranno, alcuni sono lontani, ma per tutti l’invito è una sorpresa che li indurrà a ricordare, a riflettere, a ripensare alla propria giovinezza, alla propria esistenza.
Difficile scegliere tra le diverse storie che Francesca con estrema delicatezza e grande empatia ci propone nelle pagine del libro: Emma che si rifiuta di far ricoverare il nonno amato in un ospizio e fugge con lui a Roma, iscrivendosi al liceo malgrado la forte contrarietà di sua madre. La sua vita sarà felice, si affezionerà a tutti i compagni, perché:
ogni mattina, entrando in classe aveva respirato il profumo della libertà, che chissà perché le ricordava quello dei gelsomini appena fioriti.
Caterina, che si era innamorata di Gaetano, con cui si era preparata alla maturità, dividendo con Tano ogni pomeriggio; ma a settembre era partito per Milano senza che lei avesse mai rivelato il suo amore, “La felicità l’aveva aspettata, senza cercarla”. Non c’erano soldi per l’Università, consentita solo al fratello e Caterina aveva trovato posto come commessa in una libreria di via Belsiana, sempre pronta a sottomettersi alle pretese degli altri, il fratello egoista, la collega prevaricante. Ma l’arrivo dell’invito a rivedere i compagni di scuola aveva dato una nuova spinta alla sua vita piatta: avrebbe aperto una libreria, tutta sua, con le sue sole forze, forse a via dei Greci, di fianco al Conservatorio, vicino ad una magnolia, “un albero cresciuto a dispetto di tutto, tra due palazzi, in mezzo all’asfalto”: anche per la vita di Caterina si poteva aprire una speranza di felicità.
C’è Giorgio, che non potrà venire alla cena, perché è medico volontario in Africa e risponde all’invito con una lettera da Qumasi nella quale racconta di sé: oltre a fare il medico fa il maestro, allena la squadretta di calcio, cucina per tutti, suona la chitarra, la stessa che suonava allora con i compagni. La vita difficilissima laggiù lo ha portato a riflettere, a ripensare, ad affermare che:
siamo stati una generazione privilegiata. Lavoro, democrazia, per quanto imperfetta sempre democrazia, sicurezza economica e nessuna guerra a rubarci la giovinezza… Siamo stati una generazione di sognatori che voleva costruire un mondo nuovo…
Le storie dei ragazzi della III A si mescolano con quelle dei tre insegnanti che ancora sono raggiungibili: la professoressa di matematica, la Pascoli, ormai in pensione aveva lasciato il quartiere Prati, per raggiungere una località di mare dove viveva in totale solitudine. Il figlio che passava con lei e la sua famiglia due settimane ogni estate, quell’anno avrebbe preferito la montagna: l’unico diversivo a tanta solitudine affettiva, l’invito alla cena di classe… Ma chi erano quei ragazzi, che non ricordava più, dopo tanti anni? Eppure la memoria le era tornata e i loro nomi e i loro volti avevano cominciato a tornarle alla memoria e insieme a Marcolino, Pietro, Tommaso, Emma, ecco che:
l’odore del gesso si confondeva con l’odore della loro giovinezza che era un misto di pelle fresca, gomme americane, pizza bianca ma anche docce mancate e camicie portate un giorno di troppo.
L’odore della scuola, l’odore del passato in aule spesso polverose, ma piene del rumore della giovinezza dei ragazzi, rimpianta anche dalla prof di storia dell’arte Virginia, anche lei in pensione, anche lei sola dopo la morte della sorella maggiore Lia. Avevano vissuto insieme le due donne, l’una accudiva l’altra impegnata nell’insegnamento. Ora, forse una nipote studentessa di Lettere verrà a stare da lei e la camera della sorella va ripulita. Da un cassetto esce improvvisamente una lettera, che dodici anni prima un vecchio amico, Guglielmo, le aveva inviato da Genova. La sorella l’aveva nascosta ed ecco che improvvisamente per Virginia si apre uno scenario inedito ed inquietante: la sua vita avrebbe potuto essere felice, e non lo è stata. Ma forse c’è ancora tempo per la felicità.
Felicità, parola chiave di questo romanzo, che parla ai più giovani e ai più anziani, ai sentimenti più nascosti, alle opportunità mancate e a quelle che forse ancora ci aspettano, agli errori commessi e agli equivoci che ci hanno legato a idee sbagliate, alla possibilità di ritrovarsi e di riparare. Molte sarte che cuciono e rammendano in questa raccolta di racconti, metafora delle nostre esistenze che sempre hanno bisogno di risarcimenti; molte lettere spedite piene di parole dense di significato, poche email, per fortuna, molti pezzi di città, alberi, fontane, fiori odorosi, case, soprattutto interni, che suggeriscono intimità, lontananze, violenze, ma anche attenzione per i particolari degli arredi, della consistenza delle architetture, dei decori, della identità dei luoghi in cui si vive:
Le imposte, per esempio dello stesso verde chiaro delle foglie di bambù, che per lei erano sa madre – le apriva con lo stesso gesto deciso che era stato il suo – ma non solo. Rispetto agli avvolgibili, più pratici e più leggeri, erano una piccola libertà. Si poteva ssegliere di aprirne solo una, lasciando che lo sguardo corresse verso un lato o l’altro della strada… Un modo di uscire da casa rimanendo dentro, un contatto protetto con il mondo.
Ma forse l’aspetto che mi incanta di più nella scrittura di Francesca de’ Angelis è l’uso della lingua, la ricerca di un lessico mai banale, ma non per questo ricercato, quotidiano, ma raffinato ad un tempo, capace di evocare atmosfere e sentimenti nascosti, nostalgie e speranze. Ecco allora “cercare Maria per Roma”, una locuzione idiomatica che sentivo da mia madre, cercare qualcosa che è impossibile trovare in uno spazio sterminato, usata con eleganza. Ecco cucita “una vestina per il Battesimo”, ecco stoffe raffinate, ma un po’ desuete, organza, broccato, damasco, velluto, un dolce a forma di stella, pasticcerie romane dai nomi evocativi di un’epoca, Sanzini, Ruschena, Faggiani e ancora tazze di tè fumante, “il gusto goloso dei parigini”, “uno chemisier di un delicato grigio perla”, un violino prezioso, cinque caprette e trecento vaccini che valgono il costo di un biglietto aereo dall’Africa. L’autrice riesce, giocando con i diversi registri linguistici, a mettersi nei panni di anziane insegnanti in pensione, giovani donne in cerca d’amore, giornalisti affermati, ma ancora pronti a ricercare una compagna di scuola che sembra scomparsa ma invece ha inseguito la sua passione per un quadro… Tante storie, tante sensazioni, tanti personaggi, uomini e donne di ogni età e di diversissimi percorsi di vita, uniti per una volta da un’occasione, la cena di classe, una metafora della possibilità di incontrarsi di nuovo, cresciuti, cambiati, davvero maturati dall’aver vissuto, perché alla fine “Anche il deserto darà i suoi fiori”.
Se non è ancora la felicità
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