Segnali in codice
- Autore: Gabriele Barberis
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: SEM
- Anno di pubblicazione: 2023
Siamo sempre là: quando si inquadrano gli anni Settanta ci si ricorda del piombo dimenticando quasi sempre il tritolo delle stragi neofasciste e di Stato. Come se da una parte ci fosse stata una Repubblica innocente (una democrazia compiuta) e dall’altra un gruppo di ragazzotti e di cattivi maestri impazziti e con la fregola della rivoluzione.
Questo tipo di lettura è condizionata da un doppio vizio di forma: in primis l’esclusiva concentrazione sul sintomo - gli Anni di Piombo, l’eversione armata -; poi la rimozione (strumentale) della patologia politica che ne è stata la scaturigine.
L’Italia del cosiddetto “lungo Sessantotto” (1968-1978) era un’Italia fortemente dicotomica: movimentista ma altrettanto reazionaria. Lo spettro del comunismo che fra luci e ombre si aggirava per l’Europa toglieva il sonno ai reiterati governi succubi del Patto Atlantico, a diversi colonnelli con la fissa del colpo di Stato, e persino a un PCI già tentato dal consociativismo.
Per tacere di una crisi economica nera e perdurante, declinata in autunni caldi, stagflazione e crisi dei consumi susseguitisi per l’intero corso del decennio.
Sullo sfondo di questo quadro sociale tutt’altro che idilliaco si rintraccia la stura di Segnali in codice (SEM, 2023) romanzo d’esordio del giornalista Gabriele Barberis, firma politica de Il Giornale.
Se i fatti si svolgono (per lo più) ai nostri giorni, gli antefatti affondano le radici nell’Italia dei misteri di mezzo secolo fa: un giovane giornalista investigativo viene in possesso di un documento che rilegge (in peggio) la Storia d’Italia, richiamando al presente i fantasmi di una Notte della Repubblica interminabile, gli scheletri negli armadi di uno Stato sempiterno, e gli apparati paralleli che gli fanno da scudo come ai tempi di Gladio, SIFAR, e quant’altri.
Ciò che si individua in Segnali in codice è dunque il filo rosso sotteso alla storia repubblicana, un filo rosso rintracciabile in primo luogo nelle stragi e negli intrighi di Stato che hanno dettato il tempo alla strategia della tensione.
Anni Settanta, mezzo secolo fa e sembra l’altro ieri: forse in quanto storia mai oggettivamente raccontata al netto delle stereotipie rappresentative: una stagione dalle ferite sociali ancora sanguinanti, a evidenziare come il “cuore” dello Stato nel mirino brigatista, fosse d’altro canto tutt’altro che puro, meno che mai innocente.
Con Segnali in codice, Gabriele Barberis licenzia dunque un thriller politico dotato di coraggio e intenti di denuncia. Si legge d’un fiato, ma tiene fisso l’obiettivo sulla contro-storia – o la storia pregiudizialmente raccontata – delle trame segrete della millantata democrazia italiana di ieri e di oggi.
Questa la trama, espressa in modo più articolato: nella Roma degli anni Settanta, Cesare e Alessandro – provenienti entrambi dall’alta borghesia capitolina - scelgono la lotta armata.
Quarant’anni dopo, le loro storie intersecano quella di Luca Boursier, svogliato universitario e rampollo ribelle del più noto banchiere italiano.
Quando Luca inizia a collaborare con un’agenzia giornalistica di Milano, dimostra di possedere il fiuto innato del giornalista d’inchiesta, scoprendo un documento esplosivo che potrebbe, non solo ridettare gli ultimi decenni della Storia d’Italia, ma compromettere i vertici dello Stato, che interviene infatti con le cattive e da par suo. Il finale è naturalmente irrivelabile.
Un romanzo “tensivo”, validato dalla presa di Barberis su contesti, situazioni e personaggi funzionali alla trama. Da leggere.
Segnali in codice
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