Signora Ava
- Autore: Francesco Jovine
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2010
Il critico Goffredo Fofi, che firma la prefazione a questa nuova edizione di “Signora Ava” di Francesco Jovine, lo ha chiamato "Il Gattopardo dei poveri". In realtà pur ritrovando alcune atmosfere e la concomitanza delle date in cui si svolge l’azione dei due romanzi, il 1859-60, alla vigilia della guerra che porterà all’Unificazione nazionale, i due libri restano molto diversi: mentre Il Gattopardo di Lampedusa ci racconta soprattutto la fine del regno borbonico dalla parte di una famiglia aristocratica, i Salina, qui invece l’autore sceglie di parlare di quel tragico lungo episodio che nei libri di scuola viene chiamato semplicemente brigantaggio e che viene sbrigativamente trattato senza alcun tentativo di approfondimento.
Nel romanzo corale di Jovine, troviamo personaggi provenienti dai diversi ambienti, tutti con un loro ruolo preciso nella vicenda personale ma anche in quella collettiva, tanto da offrirci uno sguardo ampio sulla sanguinosa vicenda nella quale furono coinvolti anche, e soprattutto, contadini inconsapevoli, donne innocenti, piccoli impiegati, galantuomini e tutta la pletora di ecclesiastici che credevano di salvarsi restando fedeli a Franceschiello, ignorando tutto del Nuovo re, di cui non conoscevano neppure il nome. L’antecedente di questo romanzo cupo ma veritiero mi sembra piuttosto la novella Libertà di Giovanni Verga, un classico da cui tutta la letteratura incentrata sulla questione meridionale prese spunto. Anche qui Jovine mette in scena una famiglia di piccola aristocrazia, i De Risio di Guardalfiera, piccolo villaggio del Molise, che vivono in un palazzo antico e fatiscente, come vecchi e malandati sono i componenti della famiglia: don Beniamino, il vecchio zio prete che detiene il potere economico, don Eutichio con la moglie sorda, il Colonnello, che avendo fatto le guerre napoleoniche è il più aperto, tanto che ospita una classe di giovani a cui insegna i classici ma forse anche a guardare al futuro degli imminenti rivolgimenti; lo aiuta don Matteo Tridone, un prete popolano, povero, generoso, ingenuo, protettore dei deboli, talvolta patetico, ma in fondo personaggio positivo. I giovani rappresentati da Jovine sono Antonietta De Risio, pallida erede della casata, collegiale a Termoli presso le suore francesi, compagna di giochi, da bambina, di Pietro Veleno, il ventenne contadino fedele servitore di casa De Risio, che, seguace di don Matteo ha imparato a servir messa, a leggere; è affascinato da Antonietta, ignorando gli sguardi innamorati di Carmela, la contadina che dovrebbe sposare. Pietro e Antonietta finiranno per essere i veri protagonisti del romanzo. Si trovano infatti coinvolti dalla Storia in una vicenda più grande di loro, di cui non capiscono i meccanismi, e finiranno per seguire soltanto il loro istinto, che li vuole uniti contro tutte le convenzioni sociali e religiose, a costo della loro stessa vita. Ma Jovine non sembra tanto seguire le vicende dei personaggi, quanto voler mettere questi all’interno di un rivolgimento sociale, politico, istituzionale, economico, religioso di cui quei personaggi non avevano alcuna cognizione: la natura selvaggia, aspra, il clima gelido, l’umidità, la fame, la pioggia sferzante, la miseria degli interni, dei cibi, degli abiti, la difficoltà degli spostamenti, appaiono nelle pagine del romanzo le realtà quotidiane con cui tutti i protagonisti devono fare i conti; la violenza rappresentata non è solo quella dei carabinieri e dei soldati sabaudi contrapposti ai contadini molisani, ma quella che alberga all’interno delle famiglie e soprattutto della chiesa: proverbiale il contrasto che lega don Matteo al rivale don Girolamo, per un vecchio debito, per sanare il quale si dovrà ricorrere al Vescovo, unica vera autorità riconosciuta.
Atmosfera manzoniana, quella che ci regala Jovine in alcune pagine, senza la grandezza della redenzione finale, però. Il libro fu scritto tra il 1938 e il 1941, in anni dunque pieni di paura. Paura che sembra aleggiare in tutto il racconto, e che trasmette un senso di grande amarezza per il modo in cui l’Unità d’Italia fu compiuta, soprattutto nelle regioni meridionali, e che ci spiega, purtroppo, molte ragioni dei nodi irrisolti dell’attuale situazione politica italiana.
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Signora Ava
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La signora Ava è una ancestrale figura del folclore molisano: per indicare un’era antichissima, in cui fantasia e realtà, magia e razionalità si confondevano, si parlava appunto del “tempo della signora Ava”. Jovine scrive questo romanzo rielaborando le figure, i personaggi e le vicende che popolavano i racconti che da piccolo ascoltava intorno al fuoco, specie nel corso delle lunghe veglie invernali. Per tale ragione l’opera è dedicata alla memoria del padre, “ingenuo rapsodo di questo mondo defunto”. Il romanzo narra la drammatica vicenda della “conquista del Sud” (per usare un’espressione coniata da Carlo Alianello) dal punto di vista dei contadini del Molise. Le due parti che lo compongono sono differenti per tematiche e stile. Nella prima l’autore molisano, che racconta la vita quotidiana di Guardialfiera alla vigilia degli eventi risorgimentali, usa un tono ironico, quasi bonario e divertito; specialmente si concentra sull’eterna lotta tra “cafoni” e “galantuomini”, ovvero tra i contadini ed i nobili proprietari terrieri. La seconda parte si apre con la notizia della guerra; in breve il ritmo della narrazione diviene più concitato e il tono drammatico prende il sopravvento. L’Unità non cambia nulla: i galantuomini si inginocchiano di fronte al nuovo Re, così come facevano con il vecchio, ed i contadini si vedono sempre più oppressi, umiliati e disillusi. Per molti l’unica strada percorribile sarà quella della macchia, della guerra contro i nuovi ed i vecchi oppressori, accomunati dalla stessa sete di denaro, potere e privilegi. “Signora Ava” è in un certo senso l’epopea delle masse contadine meridionali, un grandissimo romanzo, imprescindibile punto di partenza per la comprensione della questione meridionale.
Splendido romanzo da cui è stata tratta una trasposizione televisiva dovrebbe essere letto in tutte le scuole per far capire ai ragazzi quella sanguinosa pagina della nostra storia che è stata il brigantaggio.