Silenzi a più voci. Večglasne tišine
- Autore: Tina Volarič
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Il bello e la meraviglia della poesia, per cui ne avremo sempre bisogno, è la sua capacità, in qualunque stile e forma, di saper unire i contrari, conciliare l’inconciliabile in una sintesi, vivere dal di dentro il cerchio della vita senza escludere nulla. La poesia è "ouroboros", il serpente che si morde la coda e ricomincia incessantemente il ciclo vitale, anche quando sembra che prevalga il nulla.
È questa la sensazione e la saggezza che regala il bel libro di Tina Volarič, Silenzi a più voci. Večglasne tišine , con traduzione a fronte dallo sloveno di Michele Obit (Pordenonelegge Samuele Editore, pp.120, 2023).
La poetessa slovena è anche illustratrice di libri per l’infanzia e critica d’arte.
Nei suoi versi voce e silenzio sono intrecciati, l’indicibile è, l’estrema sensibilità si fa silenzio e, paradossalmente, nel silenzio, viene detta.
"La città pare vuota. / Agitata è l’attesa del codice dell’ultimo sogno. / Ma pure in questo vuoto magnetico / sono già trascritti tutti quelli che verranno. / Poiché qualcuno sempre verrà, davvero."
Ecco spiegato l’ossimoro del titolo “Silenzi a più voci”. E la speranza.
La prima parte del libro è tratta da un altro volume già pubblicato nel 2014, Krožnice večglasnih tišin (JSKd, 2014, trad. “Cerchi di silenzi polifonici”) la cui tematica è l’eraclitea unità del tutto, perennemente in moto: En kai Pan, “Uno e Tutto” con le galassie non estranee alla nostra esistenza.
"tra stabili risonanze e / caotiche pulsazioni si muovono le galassie, / ma la tessitrice sa della linea cinetica / delle prospettive mobili e di come / i nomi e i bordi si trovino al di là / delle costellazioni. Due mani non bastano. / Quando altre si aggiungono / con l’ultimo filo, che lega / la fine con l’inizio, possono giocare / sull’altalena della propria infanzia."
La citazione aiuta a comprendere sia l’unità del cosmo sia il panpsichismo che sempre più si fa strada nel testo, fino alla totale identificazione dell’artista con un capriolo, bellissima. È una vittoria sulla morte. Un funerale è descritto secondo il rito delle persone poste in circolo attorno alla bara. I morti vengono a trovare i vivi mentre bevono il caffè. La musica supera il clamore e la ferocia della guerra:
quando lentamente inizio / a suonare la fisarmonica: / ora / è per noi / un nuovo inizio.
Durante l’amplesso con la persona amata, nei due ventri uniti si sentono i pesci notturni e gli uccelli. L’amore fisico goduto si fa universale.
E poi l’animale gentile diventa umano:
"Senti il suo passo in te. / In te la sua schiena percepisci. / In te s’allunga il suo collo / nel suo muso in te. In te / si distendono piccole / corna. è già tutto in te, / respira, rumina, strattona, / il capriolo che stai guardando. / E salta."
L’iterazione “in te” rende intensa l’esperienza mistica, palpabile.
Silenzi? Sì, il corpo è silente, ma:
L’ultrasonica presenza tutt’attorno / della brulicante ma invisibile vita / lo rende ancora più silente. [...] dentro, da qualche parte, c’è un orecchio. / Ascolta, / questo corpo che cammina / va a raccontare.
“L’ultrasonica presenza”… nella materia. L’ascoltiamo con grande empatia.
Fra le altre liriche, notevole quella dedicata a Fryderyk Chopin e alla sua “Polacca”, opera 53, “Eroica”. La più nota. Nella poesia Tina immagina di essere la donna del musicista, in un’altra vita, con un altro nome. Miracoli del sogno, del genio che appartiene a tutti.
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