Simboli della scienza sacra
- Autore: René Guénon
- Genere: Religioni
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
René Guénon è stato una sorta di enciclopedia ambulante, non diversamente da Jorge L. Borges. I destini di questi giganti dello spirito sono diversi nelle loro modalità espressive: Borges scrittore e poeta, Guénon saggista studioso della tradizione. Essi però sono avvicinabili nella finalità: elevazione della coscienza umana a un livello superiore della semplice ragione discorsiva, verso uno stato illuminativo che, con un termine sanscrito ben conosciuto, possiamo chiamare "buddhi", sapienza, conoscenza per visione, contemplazione. Quest’ultima è ottenuta non per erudizione ma con il necessario ritrovamento del centro di sé, a cui attingere. Un centro che per entrambi, sia per Borges che Guénon, è stato la Parola. Parola originaria, primordiale che fa il mondo. La letteratura borgesiana è un corpus di simboli; l’opera omnia di Guénon altrettanto.
In questo volume, Simboli della scienza sacra (Adelphi, 1990, traduzione di Francesco Zambon, pp. 400), egli pone attenzione sulle strutture essenziali simboliche dell’umano intendere e rappresentare. Offre allo studioso meditante un compendio dei simboli di ogni cultura, sia orientale che occidentale, diffusi nel tempo e nello spazio, dunque in senso diacronico e sincronico. Simboli dal significato perenne, immutabile, indipendente dalle vicende storiche. Ciò è possibile perché la scienza sacra è rivelazione extra umana. Questa l’impostazione di fondo, il punto di vista della Tradizione. Assumerlo almeno come ipotesi consente di penetrare i significanti che sono immediatamente anche significati, ma saper unire le due facce, la rappresentativa e quella intima, segreta, essenziale è ciò che viene richiesto al lettore.
Il cammino è lungo, affascinante. Credo però che l’autore non gradirebbe quest’ultimo aggettivo, forse parente della seduzione. Allora per esprimere l’attrazione che il libro ha esercitato sulla mia mente, uso il termine "grazia", il dono elargito da Dio, il nostro Dio interiore, al devoto. Ma anche tale terminologia può sembrare esclusivamente religiosa, dunque riduttiva per il Nostro, mentre la "filosofia perenne" esplicitata in queste pagine ricchissime di rimandi ai libri sacri di ogni popolo ed età si riferisce alla conoscenza della verità. Quella verità che "ci farà liberi", recita un versetto del Vangelo di Giovanni (Giov. 8,32). Verità Logos, luce del mondo, nelle sue innumerevoli sfaccettature riflesse nello specchio del creato. Oggi giorno, tempo di relativismo, la verità viene negata.
La verità dell’essere è vista attraverso gli strumenti che si danno all’intelletto per esprimerla: immagini, lettere, forme geometriche, numeri, mitologemi.
È possibile sollevare il velo di Iside. Per farlo è necessaria la con-versione, cambiare verso e dirigersi dall’esterno fenomenico all’interno ideale e archetipico, nel "cuore", centro dell’individuo e del cosmo, contemporaneamente. Cuore che ha lo stesso significato di "vaso", spiega Guénon. Ed eccoci dritti dritti condotti a indagare sul vaso per antonomasia, il “Graal”.
Il viaggio comincia da qui, e non poteva essere altrimenti. Seguono gli altri simboli (l’albero della vita affine alla scala di Giacobbe, lo zodiaco, la rosa e la croce, l’uovo cosmico, la città santa, la quaternità o tetraktys pitagorica o sacra decade"... e molti altri), da consegnare al lettore cercatore, il "Suchender" come amava chiamarlo Hermann Hesse, o "pellegrino cherubico" alla maniera di Silesio, o viaggiatore nei tre mondi "post mortem" come Dante Alighieri, di cui Guénon ha analizzato l’esoterismo in un altro suo lavoro, riconoscendo nell’Alighieri un "fedele d’amore", prosecuzione e filiazione del movimento cataro, culla della poesia occidentale mondiale.
Un esempio concreto, fra i moltissimi, dello studio genoniano in queste pagine è dato dalla figura del poeta, vate simile al profeta, cantore di un mondo "iperuranio", divino, per dirla parafrasando Platone. Lo riporto e in tale figura mi riconosco.
Ritorna il fascino che prende, inteso come risonanza interiore:
"Quanto sopra ci riporta direttamente a quel che dicevamo all’inizio sulla ’lingua degli uccelli’ che possiamo anche chiamare ’lingua angelica’, e la cui immagine nel mondo umano è il linguaggio ritmato [...]. Se ne possono ritrovare le tracce sino all’antichità classica occidentale, ove la poesia era ancora chiamata ’lingua degli Dèi’, espressione equivalente a quelle da noi indicate poiché gli ’Dèi’, vale a dire i De’va’ sono, come gli angeli, la rappresentazione degli stati superiori. In latino, i versi erano chiamati carmina, designazione che si riferiva al loro uso nella celebrazione dei riti."
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