Sinuessa. L’eredità di Cesare
- Autore: Luigi Crimaco
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Un romanzo storico, tra la fine della Roma repubblicana e l’avvio del grande primo secolo imperiale, ad opera di un autore che conosce bene usi, costumi, tradizioni, istituzioni e architettura della civiltà dell’Urbe. Niente male come presupposto per “Sinuessa. L’eredità di Cesare” (524 pagine, 20 euro), novità da settembre 2018 nella collana Dieci Romanzi della casa editrice napoletana Homo Scrivens, a firma di un autorevole archeologo romano, Luigi Crimaco, attuale direttore dei Musei civici archeologici di Mondragone.
Avendo condotto e diretto scavi in molti territori italiani, soprattutto nella zona Flegrea e Vesuviana, conosce nel dettaglio quello che gli serve da sfondo della sua narrativa. Questo gli accorda una patente di autenticità quanto mai valida per gli appassionati di un genere che colloca trame intriganti nel tessuto vivo di epoche passate, come in un set cinematografico.
Sinuessa è l’attuale Mondragone, crocevia tra le vie Domiziana e Appia, sotto il Monte Massico e i Monti Aurunci. Proprio l’antica popolazione degli Aurunci, in età neolitica, aveva fondato l’insediamento, strappato loro dai Romani, che vi crearono la colonia di Sinuessa. Caratterizzata da una florida economia per il terreno fertile e la prossimità al Tirreno, la città ospitava terme molto frequentate. Venne distrutta da un terremoto nel IV secolo dopo Cristo e gli abitanti si ritirarono sul Monte Petrino. Dalla rocca arcigna è derivato il toponimo Mons Dragonis, ma quando si svolgono gli eventi narrati nel romanzo Sinuessa è in piedi e in pieno fervore di attività commerciali.
Nel 12 d.C., un nobile romano della famiglia dei Papii, Lucio Pollio, è l’anziano duoviro della comunità cittadina (magistrato). Molto anziano, se si considera che alle Idi di marzo del 44 a.C. era già legato (generale) della II Legione di Cesare e che nella prima Roma imperiale l’aspettativa di vita media si attestava a stento sui quarant’anni.
Nella Campania felix, l’estate si mostra particolarmente inclemente. Quel giorno di agosto, in particolare, gli dei sembrano accanirsi contro la popolosa cittadina. Al caldo torrido mortale dell’intera giornata segue in serata un violento temporale e dal mare una tromba d’aria muove verso la costa, abbattendosi sulle ville dei patrizi.
Secondo antiche leggende degli Aurunci, a scatenare il turbinio delle acque sarebbero gli spettri di uomini e donne morti. La Bestia dal mare, la chiamano i Sinuessani e Lucio deve far valere tutta la usa autorità per tacitare le urla di spavento degli schiavi terrorizzati e delle serve di casa.
Papio Pollio si fa sentire, ma è contagiato egli stesso dalla suggestione irrazionale. È in uno stato di agitazione che l’anziano viene sorpreso da un sogno (o un’allucinazione), che lo conduce accanto allo spettro di Cesare. È in riva a un fiume, in attesa del battello che lo dovrà condurre nell’aldilà e sono evidenti le ferite sanguinanti inflitte dai cospiratori. Sulle prime Lucio non riconosce il defunto, ma la voce del condottiero è inconfondibile. Cesare gli dà del “ragazzo” e lo invita ad affettarsi a rivelare a tutti la verità sull’agguato del 15 marzo nella Curia di Pompeo (allora sede provvisoria del Senato dell’Urbe) o il suo sacrificio per Roma sarà stato vano.
Le parole del dictator risultano decisamente oscure per noi, non per Lucio Papio Pollio, che quella verità la conosce bene, ma per scampare alla morte non ha mai parlato e si è allontanato da Roma. Dopo sessantasei anni, congiurati e traditori sono defunti, aggiunge il fantasma, che intima all’ex legato di rivelare tutto quello che sa, ricordandogli che altrimenti dovrà restare in vita – com’è rimasto finora – fino al momento in cui non si deciderà a parlare.
Pollio è stato testimone dell’omicidio e ne conosce cause, mandanti, esecutori, complici. Ora dovrà scrivere tutto in un memoriale e mandarlo per il mondo, in modo che Roma possa sapere. Cesare era morto per un progetto politico del quale Lucio è la “registrazione” vivente e rischia di restare “vivente”, se non compie l’atto di coraggio assegnatogli dall’importante defunto. C’è un uomo, soprattutto, che lo ha spaventato, un diciannovenne di aspetto gracile ma dagli occhi gelidi, Ottaviano, che aveva reclutato e scatenato un’armata privata contro Roma, senza che nessuno lo accusasse di sedizione. Inaudito, Silla e Cesare avevano sfidato un Senato delegittimato, ma non avrebbero mai osato rovesciare un organo in piena efficacia della diarchia repubblicana: SPQR, senatus populusque romanus, Senato e popolo di Roma.
L’incontro col fantasma ha risvegliato ricordi che si era sforzato di dimenticare: le guerre fratricide tra romani, il sangue sparso anche tra i civili.
Era ancora nell’esercito e aveva tremato e pianto di nascosto quando Cesare Ottaviano Augusto aveva proclamato la riunificazione tra Occidente e Oriente. Era diventato imperatore, stava cambiando la storia di Roma.
Questo romanzo è “quella” storia, con Marco Antonio, Cleopatra, Cicerone e tanti altri.
Sinuessa. L'eredità di Cesare
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