Sófia gnò
- Autore: Amilcare Mario Grassi
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2023
Amilcare Mario Grassi è un poeta dialettale ligure, già professore di materie umanistiche nelle Scuole medie e nei Licei. Ha vinto numerosi premi letterari, fra i quali il Premio Pascoli; sue liriche sono state pubblicate in diverse testate giornalistiche (L’Unità, Il Foglio). La partecipazione attiva ad eventi politici e sociali, sostenuta dal forte afflato umanitario, è stata per lui pluridecennale.
La scelta di esprimersi in dialetto è sempre dettata dall’amore per la lingua madre, la prima e più intima estrinsecazione del legame verbale tra il bambino e l’altro fuori di sé. Rappresenta pure la caratteristica identitaria di un popolo, grande o piccolo che sia; è un riconoscersi parte viva di una koinè culturale che trascende il singolo e lo inserisce in una famiglia allargata.
Questi sono sempre stati i sentimenti e gli ideali partecipativi di Grassi; pervadono anche l’ultima sua raccolta poetica, Sófia gnò (Samuele editore, pp.126, 2023, prefazione di Enrico Formica) ossia Soffia ragazzo.
Il titolo si riferisce al gesto tradizionale e giocoso di tenere in mano un soffione, il tarassaco comune, di soffiarlo, verificare l’evoluzione del volo della sua peluria per ricevere una risposta a una domanda, in genere di natura amorosa. La metafora è un incoraggiamento alla speranza, a credere in un futuro migliore.
Partendo dal ripiegamento interiore, imposto dalla recente quarantena, Grassi compie la sua originale “discesa agli inferi”, con un dialogo serrato tra trapassati e viventi. L’elegia è musicale, soffusa di delicatezza e rimpianto, nostalgia del vissuto, che pure i morti condividono:
cor che de lóo m’armàna / com’a nùvoa nzìmo ai monti / quande er sóe i sènda ar màe, / che de ki i g’àn nostarzìa
(quello che di loro mi rimane / come nuvola sopra ai monti / quando il sole scende al mare, / che di qui hanno nostalgia.)
Il discorso non si esaurisce in uno sguardo all’indietro; nonostante gli anni e la malinconia, il dettato poetico dell’autore conserva sempre una freschezza giovanile inesauribile, la sua “Weltanschauung” è una visione del mondo di rinnovamento perpetuo, impregnata di tenerezza verso le generazioni future, in primis verso figli e nipoti. I cari morti e gli amici vengono nominati uno per uno.
Rainer Maria Rilke, nelle sue Elegie duinesi, sente i trapassati incarnati sintetizzati nella generazione presente. Grassi li sente come luci che illuminano il cammino dei vivi:
rìse p r la vìa lasàt / òmi e dòna sfiurít / de lùz a nluminàr.
(risate per le vie lasciate / uomini e donne sfioriti / di luce a illuminare.)
Esprime un senso panico caratteristico del vecchio sapiente, archetipo presso ogni cultura:
da vècio te l’acapìsa / t’er po’ sóo arespiàe / e drénto tuto te t’artìa / te te senta n fióo / en ciuìn, na bìsa.
(Da vecchio lo capisci / e dentro tutto ti raccogli / ti senti un fiore / un uccellino da richiamo, una biscia.)
Chi sa consapevolmente di appartenere al tutto non muore mai, poiché il tutto non conosce la morte.
La figura della madre si staglia come una Minerva protettrice, portatrice di alti pensieri:
catìo gè r mondo / cor savée e a pietà / chisà, t’er po cambiàe.
(cattivo è il mondo / col sapere e la pietà / chissà, / si può cambiare).
Sapienza e pietà sono gli scopi dell’esistenza che l’Ulisse dantesco rammenta a ciascuno di noi: fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza. Non finiremo mai di ripeterlo; lo sanno allo stesso modo il Sommo poeta e la semplice donna del borgo, che qui appare davvero aureolata.
Dunque soffia ragazzo, soffia, segui il tuo destino nella via del bene, insegna l’insegnante Grassi che aiuta a modellare l’anima, scopo della poesia.
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