Spaghetti western. Volume 2. La proliferazione del genere (anno 1967)
- Autore: Matteo Mancini
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Prendete il western “classico” americano, toglietegli molto del manierismo tematico-formale (buoni senza macchia e senza paura, cattivi-cattivi, apologia valorial-familiare) aggiungeteci sventagliate di politically incorrect, ribalderia sui generis e quel poco di cialtroneria che sa di arte di arrangiarsi, e avrete lo spaghetti-western cotto e mangiato, il western all’italiana vanto e splendore del cinema bis. Quello di quando il made in Italy era da esportazione anche in veste di pellicola. Sulla scia dei cult movie di Leone e Tessari, quasi ottanta titoli solo nel 1967.
Per le strade della penisola le prove generali della rivoluzione e l’industria cinematografica a tenere botta: gringos, peones, banditi e cowboys diventano le maschere ideali per trasferire sullo schermo le facce vecchie e nuove dei fuorilegge metropolitani. Senza contare le istanze politico-sociali, sotto-testo alla corsa all’oro e/o alla caccia al bottino. I titoli, da soli, raccontano lo spirito del far west inquadrato da Roma bella: “Il tempo degli avvoltoi”, “Dio perdona…io no”, “Vado… l’ammazzo e torno”, e persino quelli dei parodistici con Franco & Ciccio: “I due figli di Ringo”, “Il bello, il brutto, il cretino” e diversa altra roba così.
Questo secondo volume che Matteo Mancini dedica al western spaghetti, interamente concentrato sull’anno 1967 - “Spaghetti western. Volume 2. La proliferazione del genere(anno 1967)” Il Foglio, 2014 -, non difetta certo in tassonomia. E’ un tomo poderoso che fa andirivieni, dentro e fuori l’argomento, e che comincia là dove il "Volume 1" era terminato per ragioni di spazio. Taglio e passo sono gli stessi, idea di fondo e scommessa, idem: realizzare il compendio più esaustivo sulla cinematografia western all’italiana, dall’alba al primo splendore del genere al crepuscolo (il volume IV prossimo venturo: tra fagioli western e western kung-fu).
Ne discende un lavoro scorrevole come le acque leggendarie del Rio Bravo, ardimentoso e avvincente come una diligenza che arranca tra i canyon del vecchio west, un saggio che ri-colloca il cinephile Matteo Mancini tra le firme più raccomandabili del settore.
Più di 670 pagine per raccontare l’anno mirabilis in cui tra Spagna, Sardegna e chissà quale Arizona in minore si consumava l’epopea americana de noantri: meno manicheismo e diversi dollari in più nei botteghini di mezzo mondo. A via di anti-eroi, anti-epopee, massicce dosi di pugni, pupe, pistole, sound track alla Morricone, intromissioni gore. gli emuli di Sergio Leone rintracciano e si inventano una strada maestra, stra-vincendo il terno al lotto, rubando lo scettro che oltreoceano era di John Waine (attore) e John Ford (regista). Diventando persino venerati maestri per gente come Scorsese e Tarantino, se mi spiego. Attraverso un insieme muscoloso di schede, citazioni, divagazioni, analisi, report dalla stampa specializzata, questo secondo volume sullo Spaghetti Western mastica e rimastica il filone (aureo) in versione adulta, proponendosi come caposaldo per la bibliografia a venire.
Un voto? Dieci e lode, anche per l’assoluta mancanza di prosopopea.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Spaghetti western. Volume 2. La proliferazione del genere (anno 1967)
Lascia il tuo commento