Star Wars. L’epoca Lucas di Giorgio E. S. Ghisolfi

Guerre Stellari all’inizio della saga. Quarant’anni fa. Una favola post-moderna. Un’epopea pop-stellare. Un’odissea nello spazio - manichea e meno filosofica di quella kubrickiana - ai tempi in cui il futuro è a un passo ma non promette niente di buono. USA e URSS si guardano in cagnesco, la crisi è mondiale, e i fantasmi del Vietnam sono duri da esorcizzare. C’è bisogno di punti fermi come il pane. C’è bisogno di nuovi eroi. Di moderni cowboy. Cowboy intergalattici: Luke Skywalker, Han Solo e la principessa Leila stanno lì per questo. Scaturigine dell’indole precog di George Lucas, che mixa a dovere cultura umanista e tecnologia e comincia a riscrivere i topoi della nuova fantascienza.

Questo saggio mainstream-filosofico di Giorgio E. S. Ghisolfi - “Star Wars. L’epoca Lucas” (Mimesis, 2017) - individua proprio in Guerre Stellari il punto di incontro fra mito e informatica, confluenza basica per il cinema postmoderno e digitale che verrà.

“Star Wars riassume – nella forma di un geniale sincretismo tra la narrazione omerica e i codici della tv e del fumetto – i temi dei primi trent’anni di vita di Lucas: dalla lotta tra il Bene e il Male al mito western della nuova frontiera, dal codice d’onore di Samurai e cavalieri ai personaggi dei fumetti, dalla solitudine dell’eroe alle corse in auto, dalle ragazze ambite e masi conquistate per eccesso di timidezza all’avversione per una società autoritaria sino all’aspirazione ad un ideale di libertà” (pp. 50-59).

Quasi un romanzo di formazione tra le stelle, insomma. Una scommessa e un’impresa mica da poco. La formula magica che sfocia dritta nel cult movie. Amalgama riuscito tra epos da cartoons (Flash Gordon, Back Rogers), storia del cinema (Ejzenstein, Kurosawa, Riefenstahl), pittura fantastica (Bosh, Tanguy), film pop-corn ma con anima. Per dirla in altro modo, Guerre stellari è il punto di convergenza fra materiali letterario-tradizionali più disparati: il modello edipico, la mitologia greca, l’epica medievale (Parsifal e i cavalieri della tavola rotonda), il fantasy (Tolkien). Persino la Bibbia nella sua accezione categorica poggiata sule antinomie (Darth Vader e Obi-Wan Kenobi come Caino e Abele, oppure come Dio e Lucifero).

In un decennio di diffusa crisi assiologica può risultare insomma rassicurante rintracciare in un film la distinzione netta tra un potere paterno, dispotico, crudele (Vader) contrapposto a uno invece materno, accogliente, illuminato (Leila). Un modo come un altro per simboleggiare un ritorno a uno status ateologico ma virginale, primigenio, di fronte all’avversario esterno per eccellenza: quell’Unione Sovietica (l’Impero, in Star Wars) di cui viene auspicata la fine. Spostando il discorso su una visione magico-sacrale del Potere, lo sviluppo/possesso della Forza (qualcosa collocabile a metà strada tra la voluntas schopenaueriana e lo slancio bergsoniano) mira, in Guerre Stellari, al riconoscimento dell’individuo come sede delle risorse necessarie per la propria autoaffermazione. Una sorta di primato dell’istinto sulla tecnologia e sulla razionalità (non a caso Obi-Wan Kenobi raccomanda a Luke di agire affidandosi al proprio “sentire” piuttosto che alla ragione). Un richiamarsi al potenziale interiore piuttosto che alla scienza. Quasi un paradosso, tenuto conto della confezione ipertecnologica di cui si giova la pellicola.

Per tornare al volume di Giorgio E. S. Ghisolfi va detto ancora che opera a proprio agio tra le meta-significanze dell’universo Star Wars. Individuandone, fra l’altro, le connessioni con il cinema d’animazione e degli effetti speciali, l’arte, e più in generale con le influenze culturali dell’intero Novecento. I connotati enciclopedici e i contenuti lati - accompagnati da illustrazioni a colori, glossario tecnico, cronologia comparata, corposa bibliografia - rendono questo lavoro appetibile non soltanto per i (numerosi) fan della saga.“Star Wars. L’epoca di Lucas” è destinato a piacere anche ai cinefili più esigenti.