Stessa misura, stesso peso, stesso nome. La Sicilia e il modello metrico decimale (secoli XVI-XIX)
- Autore: Antonino Giuffrida
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2014
Stessa misura, stesso peso, stesso nome. La Sicilia e il modello metrico decimale (secoli XVI-XIX) di Antonino Giuffrida tratta la storia della riforma dei sistemi metrico-ponderali in uso in Sicilia dal Medioevo all’Unità. Un iter lungo e travagliato che ebbe come primo risultato la legge del 31 dicembre 1809 con la quale si instituì il Codice metrico siculo.
La definizione precisa dei pesi e delle misure in Sicilia si inquadra nel difficile e contrastato rapporto che ebbe l’Isola con le riforme. In questo caso specifico si ebbe però una fase anticipatrice di quel processo che poi maturò nel resto d’Europa in epoca successiva persistendo sempre una latente conflittualità tra conservatori ed innovatori. Il libro di Giuffrida si colloca in un’ottica internazionale di storia globale (world history) pur avendo come base di partenza la storia locale.
In Sicilia si ebbe una sistemazione scientifica della numerazione ai primi dell’Ottocento ad opera di valenti scienziati tra cui il Marabitti, il Cacciatore ed il Piazzi. Giuseppe Piazzi, astronomo di dimensione intellettuale legato all’illuminismo, riteneva che nel numero si esprime e si perfeziona la verità ed ancora affermava che l’unità di misura deve essere una e sola in specie per la lunghezza e tale compito di uniformare deve essere esercitato da chi governa.
La questione che si pose nell’Isola nei primi dell’Ottocento fu se seguire il modello inglese o quello francese, preferendosi da parte del sempre potente baronaggio il secondo, quello che veniva definito il sistema del dodici. Fu quello in Sicilia un periodo di vivacità intellettuale, nel quale si attua la Costituzione del 1812 che richiamava quella di stampo inglese ed in questa fase temporale si inquadra l’opera di rinnovamento del padre teatino Giuseppe Piazzi che ebbe non pochi contrasti anche da parte della classe contadina che rimaneva legata al sistema del dodici.
Il Piazzi perse la battaglia che tendeva ad uniformare il sistema ed in atto rimase la vecchia misurazione e cosi il “Tumulo” rimase mutevole da Palermo a Castelvetrano.
Successivamente recatosi a Napoli dove riteneva che la formazione francese avesse lasciato un’impronta più forte che in Sicilia, tentò di diffondere le sue teorie ma anche qui ebbe scarsa fortuna ritenendosi il suo sistema un qualcosa di ibrido, mentre i napoletani di scuola francese adoperavano degli strumenti più precisi e più esatti.
La separazione dei due regni fece naufragare i tentativi di uniformare il sistema di misurazione e dovette attendersi l’Unità per raggiungere risultati concreti.Il principio di uniformità è legato alla concezione di Stato Moderno e Filippo II a Milano già a partire dalla seconda metà del Cinquecento aveva tentato di uniformare pesi e misure; altri tentativi di uniformare i sistemi di misurazione si erano avuti in seguito alla “cristianizzazione” dopo il Concilio di Trento ( 1545-1563). Anche i Savoia nel 1612 avevano messo mano a un progetto diretto ad uniformare i sistemi di misurazione ma per alcuni uniformare equivaleva annientare le identità locali, le differenze, le particolarità, una sorta di appiattimento.
Un problema che si presentò in ordine alle misure fu poi quello del luogo di “conservazione” del materiale di riferimento dell’unità. Già il Piazzi si pose questo problema ritenendo che il posto più sicuro fosse la Cattedrale o la Chiesa locale e non il Comune ritenuto un edificio laico e pertanto politicamente condizionante.
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