Stivali di gomma svedesi
- Autore: Henning Mankell
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2016
L’ultimo Henning Mankell: più meditazione sulla vita e sulla morte che giallo. Nell’ultimo scorcio di vita che il morbo del secolo gli concedeva, il campione del poliziesco svedese e internazionale ha abbandonato il suo personaggio di culto, il commissario Wallander e si è soffermato su temi intimistici. “Stivali di gomma svedesi”, pubblicato in seconda edizione, da Marsilio, a ottobre 2016 (pp. 426, euro 19,50, ebook euro 9,99) è il romanzo d’addio del numero 1 della narrativa scandinava degli ultimi decenni. Si tratta del seguito indipendente di Italienska skor, uscito in Svezia nel 2006: un distico che precede il testo avverte che l’azione si sviluppa alcuni anni dopo quello che da noi è stato totolato “Scarpe italiane” (Marsilio, 2011).
Un Mankell che non ti aspetti, quindi, un “romanzo sull’amore, il tradimento, la vecchiaia”, affermava lo scrittore nato a Stoccolma nel 1948 e morto a Goteborg nel 2015. Narrativa di riflessione, mentre la malattia avanzava.
Qualcosa succede, comunque, a movimentare la storia. Dopotutto, la penna del romanziere resta quella, allenata alle indagini di polizia, alla narrazione a trecento all’ora sulle strade svedesi, ghiacciate e non.
L’avvio è tutt’altro che pacifico e contemplativo. Il dottor Fredrik Welin ha preso come al solito un sonnifero, la notte in cui un incendio distrugge la casa ereditata dai nonni, spinto dal forte vento che soffia nella prima tempesta autunnale sull’arcipelago baltico sperduto dove l’ex chirurgo si è autoesiliato dopo uno sciagurato intervento.
Poco dopo la mezzanotte, lo ha svegliato un forte chiarore, esploso all’improvviso. Il tempo di coprirsi con un impermeabile e di precipitarsi fuori, dopo aver calzato gli stivali di gomma – uno dei quali non intende collaborare – che il calore diventa fortissimo.
All’alba, restano macerie fumanti e un odore di materiale bruciato che non si dimentica.
Non aveva candele accese. Non aveva fumato. Non aveva messo in funzione nessun forno. Era come se la casa si fosse data fuoco da sola. Come se una vecchia, bellissima villa avesse deciso di suicidarsi. E a lui restano solo un paio di vecchi stivali di gomma verdi, entrambi sinistri, ecco perché in uno stentava a infilare il piede destro.
Quella notte, nel giro di poche ore, la sua esistenza è cambiata radicalmente. Non ha neppure una calzatura completa. Totalmente privato di tutto, Welin resta a vivere in una vecchia roulotte, con la vicinanza del postino in pensione Jansson, un ipocondriaco sano come un pesce ma preda di tutte le malattie immaginarie possibili, che dipende dai suoi indulgenti consigli medici. Per il resto, è "uno di fuori" per i pochissimi residenti e allo stesso tempo un eccentrico fortunato secondo i villeggianti estivi, costretti a rientrare in città.
È così che un medico settantenne in disarmo e con una figlia un po’ stramba lontana, ad Amsterdam, si reca sulla terraferma per comprare qualcosa – a cominciare da un paio di stivali comodi, svedesi – e incontra una bella ragazza, Lisa Modin, giornalista della testata locale. Il caporedattore l’ha incaricata di dare un’occhiata alla casa bruciata.
Solo, sull’isola, resistendo a qualche attacco di panico e riflettendo sulla vita, il vecchio Fredrik cerca di adattarsi a una nuova esistenza, tra la roulotte e il capanno dei nonni pieno di cianfrusaglie. Ogni giorno fa un bagno nell’acqua dell’arcipelago, facendo un buco nel giaccio, quando gela. Tutti la considerano una stravaganza un po’ folle. Aspetta intanto il ritorno della figlia Louise e della giornalista Lisa, con un inatteso batticuore per la giovane cronista.
“La vecchiaia è una nebbia che si avvicina silenziosa, sul mare”.
Le giornate vanno, mentre intorno al medico altri anziani fanno i conti con l’età. Ma è un romanzo attivo, in qualche modo pieno di vita, sotto una patina di malinconia.
“Forse ci sono lettori che credono di riconoscere le isole, le baie, gli isolotti e le persone di questo racconto, anche se nessun arcipelago del mondo può essere sovrapposto come un raster grafico alla carta geografica e umana che ho descritto.
Quando scrivo penso spesso all’invisibile sollevamento della terra che continua senza sosta, ma che non riusciamo a percepire né con la vista né con gli altri sensi. Una linea costiera è sempre una cosa indefinita, sfuggente, fluttuante. La finzione di un racconto si lega alla realtà allo stesso modo. Magari di tanto in tanto c’è una somiglianza, ma è soprattutto la differenza che determina ciò che è successo e ciò che sarebbe potuto succedere”.
Dev’essere così. Perché la verità è sempre provvisoria e mutevole.
Avete appena letto il commiato di uno scrittore. Sono le ultime righe del romanzo, datate Antibes, marzo 2015. Henning Mankell è morto di cancro il 5 ottobre.
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