Teresa ha gli occhi secchi
- Autore: Alberto Colangiulo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Il verso della canzone Rimini di Fabrizio De Andrè, “Teresa ha gli occhi secchi”, dà il titolo all’ultimo lavoro dello scrittore salentino Alberto Colangiulo, classe 1973, laurea in Filosofia, impiegato, sposato, con tre figli e con una forte passione per la scrittura. Un libro scoperto per caso, che si è rivelato una gradevolissima sorpresa. Un noir originale da leggere tutto d’un fiato, dalla scrittura immediata e dalla trama coinvolgente e intrigante.
Si è subito attratti dalla personalità del maresciallo dei Carabinieri Gerardi, sposato con l’amorevole e premurosa Giulia, che fuori da ogni stile e rigore d’indagine, ama seguire il suo fiuto e le sue emozioni. Inseparabile al suo fianco in questa storia, l’appuntato Nardi, accanito fumatore, fedele sottoposto e amico. Tricase, sulla costa del Salento, terra di vento dove il sole nasce e muore dentro il mare, è un piccolo borgo marinaro con i suoi vicoli stretti che salgono a fatica e scendono pericolosi, come le rughe del viso di un vecchio pescatore scavate dal sole e dal dolore. L’estate non sembrava finire mai anche se il periodo autunnale portava con se i primi freschi. La notizia del corpo di un uomo trovato morto tra le rocce del porto, seduto a guardare il mare, era giunta in caserma e da subito si era sparsa in tutto il paese. Il corpo era quello de il Vara, il pirata vagabondo che affascinava tutti con la sua chitarra. Luigi Armando Foscari, veneziano, anarchico, sdentato, barba folta, capelli lunghi raccolti in un codino, da tutti chiamato il Vara, era giunto dal mare in una notte di tempesta. Partito a bordo della sua vela per girare il mondo, navigare per i porti della storia solcando i mari dei Greci e dei Fenici, si era fermato lì e non era più ripartito. Teresa, “la più bella donna che quel mare avesse mai partorito”, lo aveva stregato e fatto innamorare.
“Teresa ha gli occhi secchi
guarda verso il mare
per lei figlia di pirati
penso che sia normale”
era la sua canzone preferita, che amava suonare ogni sera al Nostoi, il suo pub, coinvolgendo tutti, mentre la sua donna spillava birre e serviva ai tavoli. Teresa non era bella, era bellissima, ammaliante quando parlava, dagli occhi sfuggenti e con il suo andamento sembrava muovere dolcemente l’aria mentre i suoi capelli scuri, spettinati dal vento, scoprivano il suo collo stupendo.
“Quando una donna ci prende non ci importa più il colore dei suoi occhi, ma quello che noi ci vediamo dentro. Non ci interessa il colore dei suoi capelli, ma l’aria che ci fanno respirare ad ogni movimento. Non ne guardiamo più fianchi, ma ci lasciamo illuminare come se questi fossero facce di diamanti. E ogni volta che la rivediamo ci sussulta il cuore, come un tuono all’improvviso”.
Cosa ci faceva quello spettacolo di donna con un uomo qual’era il Vara? Il maresciallo Gerardi inizierà a porsi mille domande, dalla scelta della canzone Rimini e alla delusa illusione dei suoi versi, alla malinconia che struggeva il povero Vara, che andava a piangere la sua nostalgia, di notte sotto la luna al piccolo porto, con il basco in testa e i sigari in tasca, come un Ulisse dei nostri tempi immaginando di fendere l’acqua, continuando a navigare il mare. Chi aveva voluto la sua morte?
Sarà un’indagine complessa: tutti in paese amavano il Vara, oste, musicista e gran trascinatore, “lo straniero che con il suo folklore colorava di birra le notti d’inverno al mare”. Il mistero condurrà Gerardi a indagare a modo suo, nella vita del piccolo paese di pescatori che aveva saputo accogliere l’uomo eccentrico. Avrebbe avuto difficoltà ma era certo di riuscire a venirne a capo, congiungendo i piccoli tasselli e unendoli in un insieme di punti come quando si dilettava nei giochi enigmistici, osservando ed esaminando la natura di quel borgo dove “si deve andare a cercare le tracce del pensiero e le cicatrici dell’anima per poterle materializzare” e nel quale le regole e le tradizioni non venivano mai violate.
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