The nameless ones. I senza nome
- Autore: John Connolly
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Fanucci
- Anno di pubblicazione: 2024
Sangue a profusione, tanti morti, parecchi assassini e quanti assassini morti, nel nuovissimo thriller di John Connolly The nameless ones. I senza nome, pubblicato in Italia a gennaio, per il marchio “TimeCrime” del Gruppo Editoriale Fanucci, nella traduzione dall’inglese di Stefano Bortolussi (2024, 402 pagine), diciannovesimo titolo della serie Charlie “Bird” Parker, detective privato in azione narrativa dal 1999-2000 per la fertile immaginazione dello scrittore irlandese di noir.
L’autore è nato a Dublino, nel 1968. Per Fanucci Editore è in corso di pubblicazione la lunga saga dell’investigatore che media il nome dal famoso jazzista, sassofonista bebop di colore. Infatti lo chiamano “Bird”, sebbene non fosse quella l’intenzione dei genitori, ch’erano bianchi e preferivano la musica di Glenn Miller. Figlio e nipote di poliziotti, ha lavorato nel New York Police Department, finché la tragica uccisione della moglie Susan e della figlioletta Jennifer gli ha cambiato la vita. Risolta una pesante dipendenza dall’alcol, è detective privato per aiutare chi vuole giustizia ma non può agire: gli assassinati comunicano con lui.
Per quanto nei tanti titoli di Connolly ricorrano a volte personaggi viventi e non - ogni tanto si apprende anche qualche particolare su casi passati - ogni romanzo corre da solo. Sicchè, rispettando il cliché narrativo dell’ex giornalista parleremo della trama come se fosse una storia unica, a sé stante. E sì che coinvolge organi di polizia, strutture governative internazionali, vicende della guerra nella ex Jugoslavia alla fine del 1900 è tutto ciò che può esserci di sporco, criminale e pericoloso nelle città e nei sobborghi in America ed Europa.
Comunque, racconta vicende nel complesso indipendenti dalle precedenti e comunque conclusive e risolutive del proprio specifico sviluppo narrativo, giallo, poliziesco ,a tinte forti, molto forti.
Prendete il riferimento, in questo diciannovesimo episodio, al mattatoio nazista allestito da Klaus Barbie a Lione. Si dice che il “boia” della Gestapo avesse raggiunto un tale livello di ferocia nelle tecniche di tortura ed esecuzione dei prigionieri, che dai pavimenti del suo quartier generale nell’Ecole de Sante Militaire, totalmente intrisi, il sangue aveva cominciato a colare dai soffitti.
È quello che accade nella vicenda attuale, ad opera di una banda di criminali di guerra serbi, traslocati in Olanda. Il sangue percola nella cucina sottostante dagli assiti di una camera da letto al primo piano. Accade ad Amsterdam, nella casa “sicura” - ma evidentemente non tanto - di un vecchio faccendiere, ritiratosi dagli affari loschi, De Jaager (il cacciatore, traduzione del patronimico, pochissimi conoscono il nome). Un criminale con un codice di condotta molto personale, che considera onorevole. Non ha ucciso mai. Lo faceva fare ad altri.
Il clan dei Vuksan ha fatto un lavoro dannatamente accurato e allestito uno spettacolo macabro. Nella stanza di sopra, un’anziana e una ragazza giacciono accasciate contro la parete più lontana, le nudità celate a malapena da lenzuoli più rossi che bianchi, aderenti ai corpi. Le donne sono state sistemate in modo che la più giovane regga l’altra tra le braccia, mantenute in posizione verticale dagli stessi corpi sistemati a pinnacolo. L’espressione del volto rivela le sofferenze finali, la bocca è aperta in un urlo d’agonia silenzioso.
La donna sulla destra ha lunghi capelli grigi ed è rivolta verso il muro, due fedi matrimoniali sono appese a una catenella che porta al collo. Al fianco, il figlio Paul, aiutante, autista e nipote del vecchio De Jaager. L’hanno coperto con una tovaglia fantasia a mo’ di lenzuolo funebre. Il corpo è meno insanguinato e la ferita da fuoco alla testa suggerisce sofferenze minori rispetto alle donne. La guancia destra poggia sulla schiena nuda della madre, la mano sinistra sulla spalla.
Il corpo di De Jaager è stato inchiodato con una sparachiodi a due delle colonne decorative di legno sulla parete appena dietro. I chiodi attraversano i polsi, i palmi delle mani, i gomiti e le spalle, affondando nelle carni. Chi ha agito, si è voluto assicurare con una corda al collo, fissata a una delle travi del soffitto, che il tableau esibito non potesse subire danni dall’eventuale lacerazione dei tessuti. Una crocifissione. Gli occhi dell’anziano sono semiaperti, come se fosse ancora vivo.
Le agenzie governative si mettono all’opera e accertano il coinvolgimento di cinque assassini, cinque criminali. Passano le informazioni a Louis, che sappiamo aver agito da killer ad Amsterdam per conto di De Jaager.
È un americano, presentato dalla locataria del suo alloggio a New York City-Manhattan. L’immigrata russa ha descritto mr. Louis e mr. Angel: il primo alto è nero, il secondo basso e più o meno bianco. Ha parlato anche del detective privato mr. Parker e dei fratelli Fulci, sempre cortesi con lei, Tony e Paulie, due energumeni gentili che non farebbero male a una mosca.
Ad altri uomini, sì. A un insetto, mai.
Sfortunatamente, per qualcuno - ma non certo per i lettori, soprattutto i meno impressionabili - le agenzie governative commettono errori.
A loro insaputa, c’è un sesto assassino.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: The nameless ones. I senza nome
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