Tutta la vita
- Autore: Alberto Savinio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2011
Fratello di De Chirico, lui stesso pittore oltre che scrittore, Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico) ha visto negli ultimi anni cadere nell’oblio la sua vastissima opera letteraria. Se non fosse per la casa editrice Adelphi, non avrei mai conosciuto l’eclettismo di questo autore del Novecento, autore che, secondo Sciascia, è il più grande del secolo appena trascorso.
Prima di comparire in volume (pubblicato nel 1946 in volume da Bompiani, grandissimo amico dell’autore), questi racconti sono apparsi su quotidiani e riviste. Se si supera la ritrosia iniziale nei confronti della prosa anni Quaranta, si entra subito nel mondo di Savinio: i finali sorprendono, sì, ma lo stesso svolgimento dei racconti non è quello a cui siamo abituati. Una vena di animismo serpeggia attraverso tutte le storie e si concretizza in mobili che parlano e che raccontano i segreti della casa, o che diventano i migliori amici di una sposina ingenua e sola; statue di marmo che si stancano di reggere case piene di stupidità e pianoforti che si rivelano essere di sesso femminile e che partoriscono nella notte. Eppure questa scelta non è un vezzo fine a se stesso: l’autore lancia messaggi utilizzando statue e poltrone come portavoce, e se non sempre sono semplici da decifrare, questo dipende dalle scarse capacità del lettore, non dello scrittore.
Non mancano i racconti che si tuffano nelle profondità della mente parlando di malattie mentali, ma neanche quelli che affrontano il tema della morte: eppure chi legge Savinio non può fare a meno di portarsi dietro un leggero sorriso, effetto dell’ironia che permea tutte queste pagine. Attenzione: anche questa è una precisa scelta stilistica, perchè l’ironia è un modo di parlare di certi argomenti toccandoli di striscio, senza mai prenderli per le corna, lasciando che il lettore tiri le sue conclusioni e partecipi così attivamente al processo creativo mettendo in modo il proprio cervello. Se nel racconto "Poltrondamore" il tradimento coniugale viene descritto nei suoi aspetti più grotteschi, lo scopo principale non è quello di far ridere alle spalle del cornuto di turno, bensì di far riflettere, grazie anche a riflessioni come questa, che parla della vita:
"(...) nella sua grande prudenza e nella sua profonda saggezza circonda ogni uomo di un fitto velo tessuto di tre fili che sono la finzione, l’ignoranza, la credulità; senza di che gli uomini si branerebbero anche più ferocemente di come fanno ora".
L’ironia non è per tutti, è riservata agli eletti che la possono capire: tra di questi non c’erano i giurati del Premio Viareggio del 1946 (tra i quali nomino solo Bontempelli e Silone) che esclusero "Tutta la vita" dalla competizione. Io, allora, non c’ero, ma ho l’impressione che a questi giurati si sarebbe ben attanagliata la definizione che Savinio dà al personaggio del racconto "Scendere dalla collina": assenti. Bisogna salire sulla collina dei suoi scritti per capire il senso di questo aggettivo e per evitare il rischio che si adatti a noi stessi.
Tutta la vita
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