Tutta la vita per morire di Mario Nejrotti

“Il maresciallo Pejretti, torinese di sette generazioni, era un bell’uomo di quarantotto anni, sul metro e settantacinque, baffi piccoli e curati, capigliatura folta e ondulata, ancora pressoché corvina, tenuta un po’ troppo lunga, in barba al regolamento. Gli piaceva mantenersi in forma, ma era in eterna lotta con la sua passione per la buona tavola, che sua moglie, esperta di cucina, alimentava senza esagerazioni.
Era risultato il primo del suo corso di arti marziali e di tiro con la pistola e anche se negli anni aveva perso un po’ del suo smalto, restava forte e scattante, quando era necessario.
Era stato mandato otto anni prima a comandare la caserma di Corradino Castello, che faceva Comune insieme alle frazioni di Marina e di Piani.
Poteva contare sulla collaborazione del brigadiere Murru, degli appuntati Solimano e Volterra e di tre giovani carabinieri: Bertoli, Salimbeni e Sammartino: tutti si sarebbero buttati nel fuoco per lui”

In un Cilento quindi dove

“la vita è ancora scandita dai tocchi delle campane e allietata dai profumi e dai sapori di una cucina antica”

si svolge il thriller di Mario Nejrotti, “Tutta la vita per morire” (EEE, 2016).

Siamo ad inizio estate e Aristide Alibrando scompare misteriosamente. Aristide Alibrando è un uomo di settant’anni affetto da demenza senile che negli ultimi tempi gira senza meta in paese con una strana cassettina di legno appresso, dentro la quale chi dice abbia i suoi arnesi di lavoro - Aristide ormai in pensione ama dipingere - chi dice invece contenga dei tesori di famiglia. Pejretti nella ricerca viene coadiuvato ufficialmente dai suoi uomini e, un po’ suo malgrado e per caso, da una coppia di turisti, Flavia, un insegnante, e Giacomo, un primario di pronto soccorso, che giocano a fare i detective. L’indagine si sviluppa su strade forse destinate a incrociarsi a spaccio di droga e case di appuntamento, affari gestiti dalla camorra. Sullo sfondo dell’avvincente storia il misterioso casale di Capo Vento dove tutto comincia e tutto finisce.
E tutto finisce con un colpo di scena che spiazza il lettore attento di quello che è un thriller all’italiana ben scritto e con tutti gli elementi caratteristici del genere, arricchiti da un’atmosfera di forte tensione, dove le spirali ascendenti del climax sono presenti dall’inizio alla fine della storia.

Una storia che scorre velocemente e viene inframmezzata da colori, sapori, immagini di un Cilento incontaminato e mozzafiato in cui sapientemente Mario Nejrotti ha saputo inserire tutti i protagonisti di “Tutta la vita per morire”.