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Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione
- Autore: Telmo Pievani
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
- Anno di pubblicazione: 2024
Cos’è che mi fa digitare i segni che compaiono sullo schermo e poi sul blog che tutti noi tanto amiamo? Cos’è che vi fa leggere questi segni, che sono poi parole, cioè oggetti di per sé stessi? Insomma, perché si scrive e perché si legge? Ce lo spiega Telmo Pievani nel fantastico Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione (Raffaello Cortina Editore, 2024), proponendoci la tesi che fu di Borges e di Calvino:
La letteratura altresì contempla la molteplicità e immagina un sistema di moltiplicazione dei possibili per esorcizzare la tragicità dell’unicità. Il fatto che la vita è una, che ogni avvenimento è uno, il che comporta la perdita di miliardi di altri avvenimenti, perduti per sempre.
Insomma, amiamo la letteratura perché riempie il vuoto tra l’unica vita che abbiamo e le infinite che sogniamo, riempie lo spazio tra il reale e il sogno e ci regala le infinite traiettorie esistenziali dei poeti: in fondo, chiunque legga Amleto è Amleto.
Ma come si fa a generare lo spazio di tutte le vite possibili? Ce lo insegna Borges nel sorprendente racconto La Biblioteca di Babele, dalla raccolta Finzioni (1944): è sufficiente permutare tutte le lettere dell’alfabeto (Borges usa un alfabeto di 25 caratteri, 22 lettere, più la virgola, lo spazio e il punto) per scrivere tutte le storie possibili con i vincoli posti. Con questo procedimento avremmo il libro della nostra vita e numerosi altri libri che differiscono da questo per solo una parola, ma soprattutto avremo numerosi libri che descrivono vite alternative scartate da nostre scelte o dal caso: un santuario, un ossario, delle occasioni perse, la nostra personale collezione dei rimpianti. Volendo quantificare i libri della biblioteca di Babele, essi sono pari a 25 moltiplicato per sé stesso 1.312.000 di volte! Un numero di fronte al quale la ragione umana vacilla.
Naturalmente, il problema per il bibliotecario di Babele e anche per noi, comuni mortali desiderosi di leggere in anticipo il libro della nostra vita, è che l’insieme delle opere, periodico e illimitato, non consente l’acceso alla verità: la biblioteca rappresenta il “morfospazio” delle narrazioni, dove il probabile è ben più numeroso del reale. Vi sono, cioè, molti libri che non sono mai stati scritti e che, forse, non lo saranno mai.
Il punto sottolineato nel libro di Pievani è che l’esercizio mentale può essere applicato anche ad altri contesti, per esempio a quello delle strutture biologiche, pensando all’iperspazio delle proteine e degli animali fantastici.
Da queste suggestioni è stata soggiogata, nel 1976, una giovane studentessa di ingegneria di Princeton, Frances Arnold, che immagina gli illimitati scaffali della Biblioteca sognata da Borges ricolmi delle proteine, non solo quelle “reali” ma anche quelle mai occorse, ma “possibili”. Lo sviluppo di questa vertigine immaginifica ha portato la studentessa a progettare proteine non ancora sviluppate in Natura ma utilissime, per esempio, nella produzione di detergenti non inquinanti. Nel 2018 Frances Arnold è stata insignita del Premio Nobel per la chimica.
I libri scritti nel linguaggio del DNA devono essere letti (cioè trascritti in RNA) e tradotti in un codice che permetta di comporre aminoacidi e sintetizzare proteine.
Tuttavia, vi è un’enorme differenza tra il “morfospazio” delle parole che generano i libri possibili nella Biblioteca di Borges e quello delle forme chimiche che generano le proteine; la chimera di Borges è una permutazione di oggetti, ogni nuova creazione implica un nuovo lancio di dadi: non c’è nessuna relazione tra libri adiacenti negli scaffali. Se anche nel campo delle proteine le cose funzionassero in questo modo, per spiegare l’esistenza del mondo non sarebbero sufficienti le probabilità combinatorie, occorrerebbe ipotizzare l’esistenza di un orologiaio che abbia progettato e costruito il sistema: la prossimità a zero della probabilità che il caso possa avere generato la vita porta vento alle vele di chi ritenga ontologicamente provata l’esistenza di Dio.
In realtà, però, nel caso delle strutture elementari della vita, il fenomeno è diverso da quello borgesiano della costruzione del “morfospazio” dei libri: nel caso dei mattoncini del reale, gli stessi si combinano per stratificazione, non si riparte ogni volta da zero ma da dove si è pervenuti al round precedente:
La vita esplorerebbe sempre ciò che è limitrofo a qualcosa che si è già realizzato. Un salto troppo lungo nell’ignoto sarebbe quasi sempre letale.
Il meccanismo della evoluzione si inserisce in questo modello:
[…] l’evoluzione è soluzione di problemi e la selezione naturale è il suo algoritmo, allora le ragioni vuote del morfospazio conterebbero le soluzioni non ottimali, imperfette, meno progettuali.
Questo meccanismo aumenta moltissimo la probabilità che la vita sia generata dal calcolo combinatorio, senza l’intervento di un Creatore.
Vi è un ulteriore spunto di riflessione che scorga dalla sorgente della Biblioteca: la possibilità di utilizzare la suggestione di Borges per esorcizzare la tragicità di una “prigione” senza via di fuga: è l’interpretazione di Calvino nel racconto Il conte di Montecristo, dalla raccolta Ti con zero (1967). Nel racconto vi sono due protagonisti, il primo – l’abate Faria – che cerca di evadere per via empirica dal castello di If scavando a caso cunicoli; il secondo – Edmond Dantes – utilizza, invece, un approccio deduttivo: pensa a come dovrebbe essere una prigione perfetta, dove la possibilità di evadere sia nulla, e solo se la fortezza dove sono rinchiusi non coincide con quella perfetta la fuga sarà possibile. Sicché tramite questa smagliatura si aprirà una breccia per la libertà. Di nuovo, si tratta di pensare a una fortezza illimitata e periodica – come la biblioteca di Babele – con il centro in ogni dove.
Quest’idea – dice Pievani, citando Calvino – serve a non rassegnarsi all’inferno, cercare e sapere riconoscere chi e che cosa in mezzo all’inferno non è inferno e con questo potersi mettere in salvo.
Ciò che conta, più che capire sé stessi, è capire il mondo che ci contiene (e, se mai, sé stessi in negativo), capire cioè il mondo-prigione, non il prigioniero sempre empirico fungibile, provvisorio.
L’idea della Biblioteca di Babele è quindi un modo per costruire modelli teorici, rappresentazioni della realtà con quale dobbiamo fare i conti. Ed ecco la meravigliosa conclusione di Borges circa il fatto che nella biblioteca illimitata e periodica i volumi si ripetono apparentemente generando un mondo caotico, ma
questo apparente disordine è in realtà, un ordine, anzi l’Ordine. Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine
e in verità anche la nostra!
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