Tutto quello che non abbiamo visto. Un viaggio in Eritrea
- Autore: Tommaso Giartosio
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2023
Un viaggio insolito, quello che racconta Tommaso Giartosio in Tutto quello che non abbiamo visto. Un viaggio in Eritrea (Einaudi, 2023) servendosi di una convenzione letteraria, quella del romanzo epistolare, per far vivere al lettore un’esperienza mediata dalla scrittura.
Ventitré lettere, destinate al fotografo Antonio Politano, che ha fatto parte del viaggio in Eritrea che si è svolto nel 2019 e di cui questo libro è una testimonianza intensa, complessa, densa di suggestioni di ogni tipo.
Mi è apparso un doppio viaggio: quello fisico, attraverso un percorso di tre settimane in un paese, l’Eritrea appunto, che fa parte del nostro passato coloniale, con tutte le conseguenze storiche, etnografiche, architettoniche, culturali in senso ampio che hanno inciso sul nostro inconscio collettivo.
Ma soprattutto Tommaso Giartosio ci accompagna in un viaggio interiore, quello che la sensibilità dell’intellettuale, del poeta, dello scrittore, percepisce attraverso ciò che ha potuto vedere in particolare in quanto è nascosto e si sottrae alla vista.
Il tema del doppio, quello dell’occhio umano e quello mediato dall’obbiettivo della fotocamera, ricorrono nel testo che si avventura in osservazioni, citazioni, testimonianze, scoperte, reminiscenze, offrendo a chi legge una vastità di punti di vista su una realtà che gli Italiani hanno vissuto negli anni della dominazione coloniale, ma che hanno totalmente rimosso.
Nel libro sono tantissime le impressioni che arrivano a chi legge guardando quei luoghi, quei nomi, quei toponimi, che fanno parte dei frettolosi programmi di storia dei licei italiani, ma che pesano sulla coscienza di chi ha letto e studiato quale ruolo abbiamo avuto in quella storia.
Tommaso Giartosio è ben consapevole della presenza delle opere dell’architettura razionalista nella edificazione di Asmara, che ancora resistono a testimonianza dell’impegno, certamente a beneficio del regime fascista, di architetti, ingegneri e maestranza italiane in quelle terre negli anni Trenta del secolo scorso. Nel corso del suo viaggio l’autore riscopre il rapporto che gli eritrei hanno avuto con gli ex colonizzatori, sostanzialmente buono, visto che poi quella terra ha subito una dominazione inglese e, più tardi, etiopica.
Ma anche se la storia è molto presente nelle riflessioni di Giartosio, altrettanto lo sono i rapporti con gli attuali abitanti di quel paese, che vive sotto un regime autoritario, anche se non immediatamente se ne percepisce la durezza; è quello che non è stato mostrato, i container sotterranei che sono orride prigioni da cui non si esce, i ministeri, gli uffici del governo,la brutalità dei poliziotti, il degrado di tante zone periferiche dove gli aiuti di missionari o gruppi religiosi di varie confessioni cercano di arrivare.
Ci sono comunque alcune descrizioni che mi hanno catturato nella lettura di Tutto quello che non abbiamo visto. Ad esempio il racconto della biblioteca di ottantamila volumi, perlopiù in italiano, frutto di lasciti, donazioni, collezioni, ospitata in un enorme capannone, un po’ officina, un po’ laboratorio, forse anche ospedale; a cui manca però la cosa fondamentale: i volumi non sono catalogati, sui loro dorsi manca il codice di collocazione; si produce nella percezione dello scrittore un senso di confusione, una sorta di shock.
Come una folla senza documenti di identità. Senza vestiti. Libri nudi e apolidi, acquisiti in fretta e furia e messi a dormire alla bell’e meglio sui letti a castello di questi interminabili filari.
Ci sono una grande quantità di temi che vengono fuori filtrati da una scrittura sapiente, colta, nella quale le metafore, un grande uso della figura dell’anafora, contribuiscono a rendere plastiche alcune immagini indimenticabili: come il tentativo di salire su un dromedario da parte di Tommaso, goffo e comico, o il ballo e i giochi con i bambini, tanto numerosi e festanti, si alternano a riflessioni sulla lingua tigrina, sulla possibilità di impararla; e ancora il tema del rapporto “padri-figli”, a partire dall’uso comune del patronimico.
“Meticciato”, brutto termine che però è molto presente nella società eritrea, nella quale i figli di un padre italiano, dimenticato o mai conosciuto, vivono discriminati e poco accolti.
E, infine, il fascino di questo viaggio singolare sta anche nelle tante citazioni, rimandi alla profonda cultura che Tommaso Giartosio tira fuori con leggerezza, istituendo paragoni con Manzoni, Leopardi, Proust, Pasolini, inserendo nel testo brevi brani poetici, aggiungendo pezzi di colonna sonora, Hotel California e De Gregori, e infine regalando, a chi non ha visitato quella terra, un bagno tra i pesci sconosciuti del Mar Rosso, o ancora:
Le iridi scure e vaporose di una bambina vestita di bianco con due chignon di ricci scurissimi che sembrano le orecchie di Topolino
Il libro è dedicato a Mizia, non potevo non ricordarlo.
Tutto quello che non abbiamo visto. Un viaggio in Eritrea
Amazon.it: 17,10 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tutto quello che non abbiamo visto. Un viaggio in Eritrea
Lascia il tuo commento