Typis regiis. La Reale Stamperia di Palermo tra privativa e mercato (1779-1851)
- Autore: Rosario Lentini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
La collana “Frammenti" della Palermo University Press è valevole per l’impegno e la qualità che mostra nei suoi contenuti che trattano per l’appunto frammenti di storia siciliana. Typis regiis. La Reale Stamperia di Palermo tra privativa e mercato (1779-1851) (2017) tratta in ispecie di un elemento importante quale la tipografia in una Palermo del Settecento ribollente di idee, di organizzazioni e di strutture che portano avanti l’attività dell’Università, elemento fondamentale per la costruzione della nuova borghesia intellettuale che farà poi l’Unità d’Italia. Con questi “Frammenti” si possono cogliere tutti particolari della Storia nei diversi passaggi e nelle diverse componenti e sfaccettature, come pure i processi e metodi per chi questa storia generale vuole leggere in una visione quanto più completa ed esaustiva.
Il libro di Rosario Lentini, prestigioso autore di testi di storia di economia siciliana, colma un vuoto nella storiografia, facendo un’incursione nelle vicende attinenti la fondazione e gli sviluppi della tipografia regia. Vi sono stati altri autori che hanno trattato la materia ma non con un tale sguardo ampio e profondo muovendosi sullo sfondo di più ampie questioni quali quelle relative alla circolazione libraria e alla produzione editoriale, nello specifico in Sicilia.
Il fenomeno delle “Stamperie reali” è presente anche in altri luoghi d’Italia come a Napoli nel 1750, nucleo di quella personale di un personaggio centrale della cultura partenopea, il Principe di San Severo, Raimondo di Sangro, Gran Maestro della Loggia massonica, alchimista che ne fece dono a Carlo III. Il fatto che in questa impresa sia protagonista egemone un’aristocrazia, è un elemento che caratterizza la realtà urbana e civile nel XVIII secolo anche in Sicilia. A Palermo infatti la prima Biblioteca senatoriale nasce nei locali che poi saranno di Casa Professa, a iniziativa di un gruppo di aristocratici tra cui il principe Alessandro Vanni di San Vincenzo.
Re Ferdinando IV sin dal 1776 aveva dato mandato al viceré di erigere a Palermo una Stamperia Reale, su modello di quella napoletana, che però prese formalmente vita solo tre anni dopo (17 luglio 1779), con l’assegnazione della titolarità e della gestione alla Deputazione. Al fine di garantirne l’autosufficienza finanziaria si deliberava che sia il Tribunale del Real Patrimonio, sia le amministrazioni periferiche della regia Corte dovessero avvalersi esclusivamente di essa per le stampe necessarie.
Nell’imponente edificio del Collegio Massimo di Palermo, eretto dai Gesuiti tra il 1586 e il 1588, trovarono inizialmente collocazione il Convitto Real Ferdinando, la Real Stamperia, la Biblioteca, nonché le cattedre di Grammatica, Belle Lettere, Retorica, e quelle delle discipline scientifiche.
La Reale Stamperia sin dalla fondazione con un chiaro progetto politico venne posta nelle condizioni di offrire una produzione di buona qualità dotata di torchi, di legname e di rame. Rosario Lentini ricorda come nel 1823 sono già in numero di nove e i caratteri vengono acquistati a Roma per intercessione di uno dei più grandi eruditi del Settecento che è l’erudito orientalista Giovanni Cristofano Amaduzzi.
Gli anni Settanta della fine del Settecento sono il periodo più prolifico della politica culturale borbonica che segue sostanzialmente la espulsione gesuitica del 1767 e l’abolizione dell’Inquisizione del 1782. Le prime pubblicazioni risalgono al 1780, l’anno dopo la sua fondazione e sono prevalentemente di carattere storico, giuridico e religioso, come pure si pubblicano alcune grammatiche per i corsi di studio. Nell’Ottocento l’attività tende a ridimensionarsi per quanto riguarda la Biblioteca Regia come pure per la Stamperia.
Nel 1805 i Gesuiti vengono reintegrati e il Procuratore generale della Compagnia di Gesù, Gaetano Angiolini, rientra nella disponibilità dei luoghi che erano stati della Biblioteca del Collegio Massimo dei gesuiti che nel frattempo era diventata Biblioteca regia. E si riprendono sia la struttura che i volumi, compresi quelli nel frattempo acquisiti.
Rosario Lentini parla di un primo compendio normativo che riguarda la tipografia che risale al 1780 a cui segue un secondo testo in sedici articoli molto dettagliati e di una seconda versione che riguarda il regolamento della tipografia che accentua determinati e rigidi adempimenti di natura burocratico procedurale
La Stamperia, senza dubbio, è stata una delle leve principali della Deputazione ( poi Commissione suprema di Pubblica Istruzione dal 1817 in avanti) con differenze sostanziali rispetto alla genesi, rispetto a quella napoletana.
Era stato disposto per far fronte alle spese di gestione, un regime di monopolio per cui si stampavano in esclusiva non solo i bandi, gli avvisi, la legislazione, le prammatiche del Regno, ma anche tutte le pubblicazioni disposte dall’ Amministrazione viceregia. Questo monopolio però con il tempo divenne da elemento positivo per acquisire risorse, un contraltare parecchio negativo in quanto come sempre, i peggiori pagatori erano e sono gli uffici pubblici. Venne così a mancare la liquidità e si accumularono crediti a dismisura.
La fase migliore di attività per la stamperia fu il primo ventennio, per ragioni politico culturali, periodo in cui si iscrive la grande mistificazione dell’Abate Vella, significativa ed emblematica. Da grande falsario, Vella riesce a farsi stampare in caratteri inventati ciò che scrive, da maltese, non in arabo ma nel suo dialetto mauro siculo per fare intendere di avere scoperto nel Monastero di San Martino delle scale, un opera fondamentale sulla storia di Sicilia. In quegli anni, la stamperia viene foraggiata di migliaia di onze per potere stampare i sei tomi del Codice diplomatico del Vella e ancora “Il Consiglio d’Egitto”, un’altra fandonia, finte lettere dei principi normanni ai sultani egiziani che riescono però a trovare il consenso di Monsignor Airoldi che fino all’ultimo sembra non capire o non capisce la mistificazione.
L’organizzazione della Stamperia era molto rigorosa con regolamenti interni, un direttore che a parte il primo, Giuseppe Antonio De Espinosa, totalmente disinteressato all’organizzazione, quelli successivi furono eccellenti, come Gregorio Speciale, che già svolgeva le funzioni come interino dal 1791 continuando a mantenere l’incarico di governatore del Convitto Real Ferdinando e poi, dal 1801 al 1805, assumendo pure quello di rettore della Real Accademia degli Studi. Fu poi la volta dell’abate Mercurio Ferrara e successivamente di Corradino Garajo, docente di diritto.
I torcolieri, cioè i maestri che utilizzavano i torchi come pure gli incisori chiamati a operare, erano anch’essi eccellenti e non a caso da lì vennero fuori i futuri tipografi e impressori privati. E questo avviene quando la Stamperia reale comincia a declinare, e questi bravi tecnici della tipografia sette-ottocentesca, si mettono in proprio creando le proprie tipografie.
La Stamperia aveva quindi una forte organizzazione interna, ma non un’autonomia decisionale in quanto dipendente dalla Deputazione e molte delle scelte editoriali venivano definite da questa, eccetto le committenze private poiché chiunque gli si poteva rivolgere per la stampa.
La crisi della Reale Stamperia non è solamente dovuta alla carenza di liquidità, e al peso dei crediti che non si riesce a riscuotere, ma anche per un problema di rapporto di quantità delle scorte in magazzino (documentato con tabelle nel libro) che anno dopo anno si accumulano.
Con il ritorno dei Gesuiti al Collegio Massimo dove la Stamperia aveva i suoi primi locali, molto materiale andò sicuramente perduto. Le stamperie nelle altre città erano intanto passate alle Università e per questo si terranno in vita. Ma questo non avviene per Palermo specie dopo la Restaurazione, quando muta il rapporto tra la Sicilia e Napoli dove l’Isola non ha più pari dignità, divenuta adesso una luogotenenza del Regno di Napoli, ora delle due Sicilie e il duplicato di una Regia Stamperia a Palermo non è più sostenibile.
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